Esordio alla regia del giovane cineasta Guillaume Renusson, Sopravvissuti a quasi due anni dalla prima proiezione al 15° Festival Film Francophone di Angoulême, raggiunge finalmente anche il pubblico italiano, distribuito in sala da No.Mad Entertainment.
Utilizzando i canoni classici di genere, in cui le figure degli antagonisti cattivi sono estremamente esasperate, ma immergendo il racconto nella realtà per renderlo più che credibile, il film va a scandagliare situazioni controverse che vedono opporsi sentimenti di umana comprensione per l’altro alla brutalità xenofoba, sulla così detta ‘rotta alpina’ dei migranti, certo meno nota di quella mediterranea, ma non meno letale per gli esseri umani che vi si devono avventurare.
Notte. Il silenzio è infranto dalle intimazioni della polizia, un gruppo di stranieri è bruscamente svegliato prima dell’irruzione nel casolare, improvvisa, che semina il panico tra i clandestini. Nel caos una donna afgana di nome Chehreh attraversa stanze affollate, tra violente colluttazioni degli esuli che fanno resistenza agli agenti, si muove veloce schivando ogni ostacolo alla sua libertà, fino a conquistare l’uscita nelle strade, coperte di neve, di un piccolo villaggio di montagna e facendo perdere le proprie tracce nelle prime luci dell’alba.
Giorno. Samuel è padre di una bimba di nome Léa, visibilmente segnato nel corpo e nello spirito lo vediamo muoversi lentamente sospeso nell’acqua di una piscina, le sue sedute di riabilitazione vanno ormai avanti da tempo, ma non si sente ancora pronto per tornare al regolare fluire della vita quotidiana di prima; vorrebbe una proroga allo stato di malattia, ma il medico è scettico sulla possibilità e sull’effettiva necessità di prolungare la convalescenza.
Due anime in fuga da traumi e situazioni diversi, destinate a incrociare le loro strade, unendo le forze per superare insieme un momento difficile delle loro esistenze.
Sopravvissuti è un’opera che si affida alle magnifiche intense prove di due interpreti di razza, per la prima volta insieme sullo schermo. Denis Ménochet, corpo attoriale possente e ingombrante, col ritratto di un uomo granitico e fragile insieme, aggiunge un altro personaggio indimenticabile alla sua galleria, dopo i bellissimi As bestas e Peter von Kant. Splendida anche Zar Amir Ebrahimi, Chehreh, all’epoca ancora sconosciuta, prima del premio a Cannes per Holy spider che l’ha resa famosa.
La sopravvivenza è prima di tutto uno stato esistenziale, sopravvivere alla violenza come alla perdita è qualcosa capace di cambiare l’animo per sempre, ponendo davanti a un bivio che non contempla sfumature: trovare la forza di andare avanti o soccombere. Ispirato da spunti di eterogenea provenienza il film è punteggiato da momenti e simboli di forte intensità, come il salvataggio di Chehreh dall’ipotermia o le chiavi di una casa perduta a cui non si potrà mai più fare ritorno.
Nell’accanimento esasperato di privati cittadini rappresentati dai personaggi di Stefano, Victor e Justine, che sentendosi dalla parte giusta della Storia si scagliano, solerti giustizieri, contro gli irregolari – che sono tali per le norme umane dello Stato, ma non lo saranno mai comunque per la Legge Naturale della dignità umana – viene rappresentato l’impegno reale di estremisti che, dietro il pretesto della legalità, sono pronti a dare libero sfogo alle loro pulsioni razziste e violente.
Con la macchina da presa sempre addosso ai personaggi, Sopravvissuti di Guillaume Renusson è anche una metafora della vita, fatta d’incontri con persone a volte molto distanti da noi, ma capaci di lasciare un’impronta indelebile nella nostra esistenza, un apologo sulla necessità di fare all’altro solo ciò che vorremmo fosse fatto a noi. …altrimenti violenza chiamerà violenza, inesorabilmente.