Quest’anno si celebrano i duecentocinquant’anni dalla nascita di Gaspare Spontini e a Jesi si allestirà (18 e 20 ottobre) “La Vestale“. Anche la Francia – dove fu protetto dall’imperatrice Giuseppina e dallo stesso Napoleone – gli si renderà omaggio e infatti, l’Opèra national de Paris, come chiusura della stagione operistica 2023/24, ha scelto proprio la tragédie lyrique del compositore marchigiano nella versione originale in tre atti su libretto di Victor Joseph Étienne de Jouy la cui prima rappresentazione, dedicata all’imperatrice, avvenne con grandissimo successo il 15 dicembre 1807.
Focalizzando sul conflitto senza tempo tra potere politico e religione, e tutto il fanatismo che ne consegue anche estremamente attuale, lo spettacolo a cui abbiamo assistito lo scorso 19 giugno è firmato da Lydia Steier e dal suo team (scene di Étienne Pluss, costumi di Katharina Schlipf, luci di Valerio Tiberi, video di Étienne Guiol). Chi si aspettava un’ambientazione classica tra templi e costumi dell’epoca, è rimasto sorpreso perché la regista non ha posto l’azione nell’antica Roma, e neppure nel primo Impero, spostandola in un futuro prossimo con riferimenti al totalitarismo.

L’opera si svolge in un unico ambiente che riproduce l’anfiteatro della Sorbona in uno stato di sfacelo totale: cornicioni cadenti, scaffali di libri caduti e svuotati con al centro il fuoco di Vesta che poi verrà alimentato con i libri. Tutto è cupo e anche in seguito, nella scena del trionfo, corpi nudi e martirizzati vengono esposti agli insulti della gente.
La gran Vestale e le Vestali si aggirano come delle ombre scure quasi demoniache, anche grazie a un lavoro di luci centellinato. Lo spettacolo tiene il pubblico in suspence e, anche se in alcune scene è crudo (come quando alle Vestali vengono rasati i capelli da soldati con uniformi da Terzo Reich) è sempre interessante e d’impatto emotivo. Per dovere di cronaca, alla fine del primo atto, insieme agli applausi non sono mancati mugugni rivolti alla parte visiva.
Se la breve sinossi della trama narra della Vestale Julia colpevole di aver lasciato spegnere il fuoco sacro di Vesta mentre dichiarava il suo amore al generale Licinio, viene scoperta e condannata a esser sepolta viva, ma, nel momento dell’esecuzione, un’intervento divino fa che il fuoco sacro si riaccenda e il Sommo Sacerdote interpreta  l’avvenimento come un segno e scioglie Julia dai suoi voti per poi essere libera di amare, ben altro succede in questa messa in scena dove non esiste il lieto fine, in quanto Cinna prende il potere e i due amanti, appena varcata la porta di uscita, vengono giustiziati a colpi di mitragliatrice e anche la sorte della Gran Vestale non è da meno.
La parte musicale è stata affidata a un esperto del grand opéra, Bernard de Billy, e la sua lettura è precisa e attenta come anche Orchestra e Coro (diretto da Ching-Lien Wu). A fare la differenza il cast del canto, con Licinio  interpretato da uno straordinario Michael Spyres, baritenore con una presenza scenica impressionante.
Helodie Hache, che ha sostituito la prevista Elza Van den Heever, ha dato la bellissima voce di soprano drammatico a Julia mostrandosi tecnicamente perfetta in una parte complessa.
Il tenore Julien Behr è Cinna con voce brillante e salda, insieme a quella di Licinio – una chiara e l’altra scura – sono un valore aggiunto.
La Grand Vestale, il mezzosoprano Eve-Maude Hubeaux (apprezzata a Napoli in Gioconda nei panni di Laura Adorno) ha fatto suo il personaggio con fraseggio perfetto e presenza.
Le Souverain Pontife aveva la voce scura e profonda del basso Jean Teitgen. 
Bene anche il baritono Florent Mbia (Le chef des aruspices e Consul).
Alla fine dello spettacolo grandissimi applausi per tutti e l’apprezzamento per aver dato la giusta importanza a un’opera rappresentata raramente.