Dopo il tutto esaurito di Turandot, dei concerti Muti/Wiener Philharmoniker e di Myung-Whung Chung, la programmazione operistica dell’86ª edizione del Festival del Maggio Musicale Fiorentino si conclude, nel continuo delle celebrazioni del centenario della morte di Giacomo Puccini, con uno fra i suoi titoli più amati, Tosca. Andata in scena per sedici volte nel corso delle stagioni del Maggio, di cui l’ultima, nel maggio 2021 in forma di concerto, in occasione dell’85° compleanno del maestro Zubin Mehta. Sempre con la guida del Direttore Onorario, i non più giovanissimi ricorderanno bene il successo dell’edizione del 1986, firmata da Jonathan Miller, ambientata nella Roma occupata dai nazisti del 1943.

Puccini iniziò a comporre Tosca nella primavera del 1896, a pochi mesi dal debutto de La bohème. Basata sul dramma di Victorien Sardou, il compositore – che ebbe modo di vedere a Milano nel 1889, interpretato dalla grande Sarah Bernhardt – si appassionò al soggetto ingegnandosi per trasformarlo in opera e, dopo averne discusso con Giulio Ricordi e aver ottenuto l’autorizzazione da Sardou, affidò il libretto, nuovamente, a Giuseppe Giacosa e Luigi Illica. Il debutto avvenne il 14 gennaio del 1900 al Teatro Costanzi di Roma entrando, fin da subito, nel repertorio dei maggiori teatri lirici del mondo.

Palpabile era l’attesa per il nuovo allestimento – in scena dal 24 maggio a sabato 8 giugno, completo alla prima – firmato da Massimo Popolizio, al debutto come regista sulle scene del Maggio e, come spiegato nell’intervista rilasciata per il libretto di sala, la sua Tosca si muove nella Roma degli anni Trenta del secolo scorso, scavando a fondo nel profondo dei tre personaggi principali, offre un altro punto di vista sulla vicenda per valorizzarne al meglio i temi stessi: “Insieme a Margherita Palli ci siamo posti come obiettivo quello di ricreare una maestosità romana che invece di guardare – soprattutto per quanto riguarda le scene che vedremo – allo splendore barocco dei luoghi originari dove si svolge l’opera, prende come riferimento la ‘maestosità moderna’ che si respira nel quartiere dell’Eur di Roma.

Ma voglio sottolineare che non ho cercato di avventurarmi in situazioni o soluzioni registiche strane, solo trovare un altro punto di vista per valorizzare al meglio i temi stessi dell’opera. Per esempio, durante il Te Deum, quello che vedremo sono dei ragazzini di periferia – come l’EUR, appunto – le signore che indossano il vestito migliore per l’occasione, suore con l’abito collegiale, insomma: non vedremo costumi o oggetti scenici di enorme impatto visivo, poiché questo lavoro di ‘pulizia’ verso il quale ci siamo orientati rende quasi più sacro quanto vediamo scorrere sul palcoscenico. Come riferimento abbiamo preso un grande film di Bernardo Bertolucci, Il conformista, nel quale si respira in modo deciso l’aria di quella Roma, un’aria che noi cerchiamo di ‘portare in scena’ qui al Maggio con questo nuovo allestimento di Tosca.

Nella nostra visione la Roma nella quale si muovono i protagonisti è certo elegante, ma anche estremamente violenta: uno dei pilastri di quest’opera infatti è Scarpia, che non solo è un uomo violento, ma anche profondamente sadico. Anche scenicamente questo è sottolineato dagli oggetti collezionati da quest’uomo, oggetti macabri e orrorifici: nel secondo atto vedremo ad esempio una libreria, dove sono conservati, sotto formaldeide, animali e bestie impagliate. Dunque ciò che abbiamo cercato di pensare e mettere in scena è una trasposizione temporale in una Roma bellissima e violenta che non muta però la sostanza del racconto e, soprattutto, non cambia quelli che sono i rapporti fra i protagonisti in scena.”

In riferimento al Te Deum, fra i momenti corali più celebri di sempre, il maestro del Coro del Maggio Lorenzo Fratini ha ricordato la grandezza di questo momento dell’opera: “Puccini ebbe questa geniale intuizione di far terminare il primo atto con questo Te Deum, che è il canto di massimo giubilo nella liturgia cattolica: perché questo coro solenne si staglia con quelle che sono le parole pronunciate in contemporanea da Scarpia, che sono di tutt’altri intenti. Le peculiarità di questo momento sono relative al fatto che la prima parte del coro non è cantata, bensì declamata, quindi Puccini introduce in un’opera una parte propria del testo della liturgia; l’altra grande particolarità è data dal Coro che canta all’unisono: non c’è un accompagnamento, se non quello dei tromboni che accompagnano le ultime note del primo atto, che infine riprendono il tema di Scarpia.” L’inizio del terzo atto è stato da brividi e i due Cori ineccepibili.

Sul podio, alla guida dell’Orchestra e del Coro del Maggio e del Coro di voci bianche dell’Accademia del Maggio, il direttore principale Daniele Gatti tornato a prendere fra le mani la partitura di Tosca dopo ventidue anni, ha evidenziato quali sono gli aspetti più affascinanti del capolavoro. Il vero trionfatore per l’interessante lettura del capolavoro pucciniano, ripulendolo magistralmente da incrostazioni così da renderlo più moderno. Gatti, aveva infatti dichiarato: “Avvicinarsi a uno spartito è come leggere un romanzo e avvicinarsi a Tosca è esattamente come leggere un libro che ha ispirato migliaia di film. Io cercherò di riportare in luce quegli aspetti dell’opera e delle sue sfumature musicali che sono ancora nella penombra. In un certo senso lo spartito va ‘interrogato’ ed è necessario soffermarsi sulla scelta dei tempi: è infatti nel ritmo stesso che troviamo racchiusa la psicologia dei personaggi dell’opera. La chiave di lettura di Popolizio è assolutamente interessante e ci dà conferma che l’animo umano – a prescindere dall’epoca in cui si svolge e si pensa un’opera – non muta affatto.”

L’Orchestra con lui è compatta, precisa e, soprattutto, i suoni dei singoli strumenti sono cesellati per la gioia di chi ascolta. Il pubblico, incollato alle poltrone, non ha nemmeno il tempo di applaudire infatti, l’unico applauso, è quello al termine della famosissima aria “Vissi d’arte…“: tutti attenti alla musica, ma alla fine di ogni atto calorosissimi applausi per tutti. Infatti, protagonista della vicenda, la cantante Floria Tosca, che in questa produzione è vista attraverso un filtro temporale – come detto – che la dipinge come un’affascinante e seducente interprete di jazz, musica che in gran parte dominava la scena musicale popolare negli anni in cui è ambientata questa nuova produzione di Tosca. La voce è di Vanessa Goikoetxea, al suo debutto al Maggio, che, parlando della sua parte, ha sottolineato quelle che sono le molteplici sfumature del suo carattere, che la rendono un personaggio unico: “Dal mio punto di vista Tosca ha caratterialmente tre facce vere e proprie: un primo aspetto, quello che la porta comunque a essere una donna sostanzialmente pia e un secondo lato che invece tende a renderla una sognatrice.

A questi si aggiunge il lato più nascosto e sanguigno, che la porta a uccidere per riprendere con tutta la forza la libertà del suo amato Cavaradossi. Questi aspetti rendono Tosca un personaggio sì affettuoso e dolce ma anche terribilmente forte: quando davanti al cadavere di Scarpia sentenzia ‘E avanti a lui tremava tutta Roma!’ è come se in quel momento lei avesse fatto giustizia non solo per sé e Cavaradossi, ma per tutti”. Il soprano ha mostrato un fraseggio estremamente curato e, anche scenicamente, dà vita a un’eroina di altissimo livello.

Altro debutto, quello di Piero Pretti nel ruolo del pittore Mario Cavaradossi. I suoi passaggi sono precisi e calibrati.
Il sadico e implacabile barone Scarpia del baritono Alexey Markov, scenicamente incarna la parte, ma stupisce per la bravura del suo canto solido ed elegante.

Cesare Angelotti del basso Gabriele Sagona ottimo e molto bravi anche tutti gli altri.
Alla fine dello spettacolo grandissimi applausi, soprattutto per il maestro Daniele Gatti che ci ha donato momenti musicali bellissimi, nel ricordo della grandezza di Giacomo Puccini.