Un sogno nel cassetto che finalmente vedrà la luce il prossimo 25 Novembre, nel nuovo Museo Civico della Paglia di Signa, anch’esso un grande sogno realizzato.
L’incontro con l’avvocato Gaetano Pacchi, direttore artistico della Compagnia Teatrale Attori & Convenuti, mi ha permesso di “recitare” in un due reading e, da questa straordinaria esperienza, è nata l’idea di allestire uno spettacolo sulle trecciaiole.
Ritengo la figura della trecciaiola la promotrice del lavoro femminile nel Settecento nella Piana Fiorentina. Per dare un’immagine dell’evidenza della lavorazione della paglia in area fiorentina mi piace riportare quanto ci raccontano Joseph Pennel ed Elisabeth Robins in giro sulle colline intorno alla città nel loro libro “Da Signa a Empoli: due americani in triciclo”: «Ci salutavano con alte grida le donne che intrecciavano la paglia e portavano grandi mannelli gialli alla vita (…). C’erano bambine vestite come una volta, coi fazzoletti annodati sopra la testa come le donne, che s’industriavano a intrecciare la paglia (…). Appena passato Montelupo, allorché una fastidiosa salita ci conduceva a un ampio pianoro, sbucò all’improvviso da una via laterale un carro che si piazzò davanti a noi. Alla guida c’era un uomo, e sul sedile posteriore, proprio di fronte a noi c’erano due suore che portavano grandi cappelli di paglia le cui tese fluttuavano su e giù con il moto del carro».

Quello dell’arte della treccia è stato uno dei primi lavori retribuiti per le donne che avevano sempre lavorato nei campi, in casa nella cura dei figli e della famiglia, ma dedicarsi all’arte della paglia ha permesso loro di guadagnare qualche soldo da utilizzare per loro stesse o per la famiglia. Il poter in qualche modo rendersi indipendenti economicamente, ha reso le donne più sicure di sé. Molte ragazze giovani, con la lavorazione della paglia potevano comprarsi il corredo, oppure qualche abito o i tanto agognati orecchini. Per la madre poteva essere un’indispensabile entrata per il sostegno della famiglia. Spesso è risultata fondamentale per le cosiddette “pigionali”, cioè coloro che abitavano in affitto. Persone umili, dove il padre di famiglia non aveva impieghi stabili, ma soltanto a giornata, oggi diremmo a chiamata, e quindi lo stipendio della trecciaiola era fondamentale per l’economia familiare.

Il Granduca Leopoldo II di Lorena nel suo “Il Governo di Famiglia in Toscana” racconta «Dal 1818 al 1826 la casa Gonin trafficò di cappelli di paglia per la somma di sedici milioni di lire. Una giovane che sapesse quel lavoro andava senza dote a marito, anzi era uso il dire che gli uomini andavano a moglie. Si vedevano abbandonare i duri lavori del campo e darsi a quello più comodo e riposato d’intrecciare cappelli più grossolani».

Lo spettacolo teatrale “Pane e lavoro! Barsene Conti racconta lo sciopero delle Trecciaiole del 1896” scritto e diretto da Gaetano Pacchi (iniziativa del calendario OFF del festival L’Eredità delle Donne) tratta lo sciopero delle trecciaiole del maggio 1896 attraverso Barsene Conti, detta anche “La Baldissera” interpretata da Laura Caponeri che, in prima persona, ricorda la storia di quel primo sciopero femminile al mondo per ragioni economiche e che occupò spazi importanti nelle varie testate giornalistiche dell’epoca con una forte risonanza anche oltre oceano.
Barsene alternerà il racconto con tre canzoni popolari della fine dell’Ottocento, tra quelle che le donne cantavano mentre intrecciavano la paglia e intonavano quando sfilavano in corteo.
L’accompagnamento musicale sarà eseguito con la chitarra da Fabrizio Niccoli e con il supporto vocale di Monia Rossi.

Tutto ebbe inizio il 15 maggio 1896, da una cinquantina di lavoratrici a Peretola e Petriolo, successivamente furono coinvolte le Signe e San Donnino e la protesta si allargò rapidamente. I comuni interessati dalla crisi furono quarantatré. Durante lo sciopero furono assaltati i carri di alcuni fattorini di ritorno dal loro giro settimanale e dati alle fiamme; fu bloccato il tram di Poggio a Caiano carico anch’esso di trecce. Quale soluzione provvisoria, gli industriali, riunitisi presso la Camera di Commercio di Firenze deliberarono di passare alle trecciaiole un’ordinazione di trecce elevandone anche i relativi compensi. Questa disposizione placò momentaneamente le trecciaiole però, in breve tempo, riuscirono ad eseguire l’intera commissione e il disagio ricominciò.

Il settore era entrato in crisi per effetto della concorrenza cinese e giapponese e di quella di alcune province italiane: soprattutto delle Marche, dell’Emilia e del Veneto. Le lavoranti si erano viste diminuire sempre più i loro salari ed erano stanche. Sotto la pressione delle trecciaiole, appoggiate dalla Camera del Lavoro, sorta nel 1893, il governo, il 30 maggio 1896, emanò un decreto ministeriale con il quale fu nominata un’apposita commissione – presieduta dal Senatore Marchese Ridolfi – incaricata di studiare le cause della crisi dell’industria della paglia e del cappello.

Le cause principali accertate dalla commissione furono:
- troppo estesa lavorazione della paglia con oltre 84.000 lavoranti, di cui 80.000 donne e 4.000 uomini;
- concorrenza fatta dalle contadine alle operaie pigionali;
- concorrenza dei fattorini e dei negozianti fra di loro;
- esuberanza di produzione rispetto allo smercio;
- vendite dei fattorini in concorrenza con i negozianti;
- sostituzione di materie diverse e specialmente di truciolo alle paglie nostrali;
- concorrenza di altre province ed in particolar modo delle trecce di truciolo di Carpi;
- concorrenza delle produzioni estere, specie della Cina e del Giappone. La crisi si risolse grazie ai favori della moda riscontrati dalla paglietta e dal canotto confezionati con paglie sia nostrali che esotiche (cinesi e giapponesi).