Il mio obiettivo era di ispirarmi all’arte precolombiana ridestando lo spirito delle mie origini, della mia storia e della storia della gente latino-americana. Tutto questo poiché credo che un artista che lavora senza tener conto delle proprie radici culturali non possa giungere a un’espressione autentica, universale” (Fernando Botero)

Nel quartiere storico della Candelaria a Bogotà, ricco di edifici di epoca coloniale, una vasta dimora di origine settecentesca – eretta allo scopo di ospitare gli arcivescovi che si recavano nella capitale – ospita la collezione d’arte che Fernando Botero ha donato nel 2000 al Banco de la Republica, ponendo la sola condizione che il pubblico ne potesse fruire gratuitamente. Le oltre duecento opere che compongono la raccolta, accanto a dipinti e sculture del maestro colombiano comprendono oltre ottanta pezzi di artisti appartenenti ai più importanti movimenti europei sviluppatisi fra Ottocento e Novecento, tra i quali spiccano i nomi di Monet, Matisse, Picasso, Chagall, Dalí e Balthus.

Tutte le opere di Botero raccolte nel museo intitolato a suo nome sono state realizzate a partire dagli anni Ottanta, mentre la produzione dei decenni precedenti – l’artista tenne la sua prima mostra nel 1948 nella città natale di Medellín, ad appena sedici anni – è custodita nel Museo Nazionale di Colombia, sempre a Bogotà. Nelle stanze della vasta dimora, disposte attorno a un patio fiorito, le zone in penombra si alternano a fiotti di luce improvvisa, nella quale risplendono nudi grandiosi nella loro trionfante carnalità accanto a bronzi levigati, le cui superfici lucenti sembrano assumere inaspettatamente la levità delle bolle di sapone.

Molto è stato scritto sulle forme ridondanti che sono la cifra distintiva nella pittura e nella scultura di Botero, che ha sempre tenuto a ribadire: “Il problema è determinare la fonte del piacere quando si guarda un dipinto. Per me il piacere viene dall’esaltazione della vita, che la sensualità delle forme esprime. Per questa ragione il mio problema formale è creare sensualità attraverso le forme”, ed è proprio il dilatarsi dei volumi che “trasmette la sensualità, l’esuberanza, la profusione della forma che sto cercando“.

Le figure femminili si impongono con un’assolutezza nella quale l’espandersi delle forme non appare tanto il fine ricercato dall’artista, quanto il mezzo per esprimere il proprio mondo interiore. Un’operazione che richiama alla memoria le descrizioni dei personaggi femminili nei libri di Gabriel García Márquez: il grande scrittore colombiano ha tracciato figure indimenticabili, per le quali appare emblematica la descrizione di Fermina Daza, amore della vita di Florentino Ariza, il protagonista de L’amore ai tempi del colera, un ritratto tracciato in poche parole: “Lei era così abbagliante da sembrare l’unica in mezzo alla folla“. Altrettanto abbaglianti sono le figure femminili che popolano il Museo Botero, come quella distesa, che posta al centro di una sala sembra offrire ai visitatori il frutto che tiene in mano; forse una mela, a suggerire come in ciascuna donna alberghi il simbolo della femminilità seduttiva e tentatrice.

Una galleria di donne che vediamo in diverse declinazioni: di spalle accanto a una figura maschile con la quale scambia un gesto di reciproca protezione e affetto – La coppia – oppure soggiogata dalla figura maschile che la domina stando in piedi sulla sua schiena (Uomo, donna e bambino). Ne Lo studio, l’autore fa capolino da dietro la tela poggiata sul cavalletto mentre dipinge un nudo femminile: la modella giganteggia in primo piano, di spalle, riempiendo la scena con la sua luminosa presenza; effetto accentuato dalla collocazione del dipinto: appeso sulla parete dell’ultima sala in fondo a una fuga di ambienti, sembra indicare al visitatore il punto di arrivo di un percorso iniziatico.

Tutti i temi della poetica di Botero sono presenti nel museo, compreso il rapporto con le opere dei grandi maestri del passato. Nel 1952, con il premio vinto al Salone degli Artisti Colombiani tenutosi presso la Biblioteca Nazionale di Bogotà, Botero intraprende un viaggio a Madrid, dove al Museo del Prado incontra la scuola spagnola dei secoli d’oro: “L’arte che ammiravo nelle grandi stanze del Museo del Prado era per me impenetrabile, una vera scoperta, e la tecnica con cui quei capolavori erano realizzati mi affascinava“. Una folgorazione l’incontro con Velázquez: dalle sue Meninas Botero trarrà ispirazione per una serie di ritratti; analogamente, le sue nature morte, con le loro forme esasperate, nascono da una meditazione sulla grande tradizione che va dal Seicento – in particolare Francisco de Zurbarán – a Cézanne, avvertendone la consonanza con le proprie esigenze espressive: “Questa dilatazione, questa affermazione dell’oggetto nello spazio era ciò che avevo cercato anche nei classici“.

Ho sempre detto che non sono un surrealista. Quello che faccio potrebbe essere improbabile ma non è impossibile […] La mia è una pittura che tocca la realtà, che crea una realtà parallela, una realtà possibile“. Una definizione che pone Botero sulla linea di quel “realismo magico” caratteristico della letteratura latino-americana nell’ultima parte del Novecento e di cui Gabriel García Márquez è stato il massimo rappresentante. Un sentimento comune lega il periodare ridondante dello scrittore – traboccante di aggettivazioni che rendono straordinario anche l’avvenimento più banale trasportandolo nella dimensione epica di un inarrivabile assoluto – al linguaggio figurativo di cui Botero si serve per trasfigurare la realtà che lo circonda, attingendo alle radici più profonde delle proprie origini: “Si ritrova nella mia pittura un mondo che ho conosciuto quando ero molto giovane, nella mia terra. Si tratta di una specie di nostalgia, e io ne ho fatto l’aspetto centrale del mio lavoro“.

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Didascalie immagini

  1. Patio del Museo Botero a Bogotà (© Donata Brugioni)
  2. Una sala del Museo Botero dedicata alle sculture in bronzo (© Donata Brugioni)
  3. Donna distesa con un frutto (1996) - Bogotà, Museo Botero (© Donata Brugioni)
  4. Il bagno (1999) - Bogotà, Museo Botero (© Donata Brugioni)
  5. Lo studio (1990) - Bogotà, Museo Botero (© Donata Brugioni)
  6. Natura morta - Omaggio a La Tour (1998) - Bogotà, Museo Botero (© Donata Brugioni)

in prima pagina:
Fernando Botero: Donna distesa - Bogotà, Museo Botero
(© Donata Brugioni)
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