
Nell’ultima decina d’anni Kenneth Branagh, messa da parte la classicità shakespeariana che gli ha dato notorietà, si è dedicato a firmare la regia di prodotti più commerciali per Hollywood con titoli come Thor, Cenerentola, Artemis Fowl e due trasposizioni dai gialli più famosi di Agatha Christie che, se anche hanno attenuto grandi incassi, sul piano artistico non hanno raggiunto – probabilmente non era nemmeno in programma – alte vette espressive.
Adesso con Belfast ha invertito la tendenza realizzando, per sua stessa ammissione, un’opera più personale, che affonda le radici nei ricordi familiari della prima infanzia. Colpito dalla capacità espressa da Pedro Almodóvar nel raccontarsi intimamente romanzando la realtà senza nulla togliere alla verità in Dolor y gloria, Kenneth Branagh ha finalmente trovato la strada per raccontare tutto l’amore che lo lega ancora alla sua città natale, rievocando l’ambiente proletario scomparso in cui ha vissuto fino all’età di nove anni, prima di trasferirsi con la famiglia in Inghilterra.
Mettendo a frutto l’isolamento forzato imposto nella primavera 2020 per affrontare l’insorgere della pandemia, il cineasta irlandese ha scritto la sceneggiatura originale trovando il tono perfetto per raccontare con gioia e leggerezza quel momento della vita in cui giocosità ed entusiasmo sono ancora note nell’animo predominanti, regalando così al film un sapore agrodolce che è il suo vero punto di forza. Un tono da commedia leggera nonostante i drammi che circondano il protagonista, con le difficoltà economiche della sua famiglia aggravate dalle pressioni del fisco, la malattia che insorge in seguito a malsane e inevitabili condizioni di lavoro trascorse, ma anche e soprattutto a causa del rovente clima politico che improvvisamente si tradusse in violenti scontri e attentati contro la minoranza cattolica che investirono Belfast nell’estate del 1969.

Buddy ha nove anni e un’identità ben radicata che deriva dal suo vivere sempre libero in strada, in un luogo senza pericoli perché tutti lo conoscono e hanno cura di lui. Finché improvvisa e imprevedibile scoppia la violenza, destinata a travolgere irreversibilmente il suo mondo. In un poetico bianco e nero che gli conferisce classicità, Belfast utilizza piccoli barlumi di colore, scintille che riverberano la magia di Cinema e Teatro, determinanti nel costruire la capacità d’immaginare di Buddy.

Il piccolo Jude Hill ha affrontato il ruolo di Buddy – alter ego ideale dell’autore – in modo scanzonato, per lui era ancora importante giocare, nello stesso modo con cui ha svolto il suo primo impegno da attore, rivelando straordinaria capacità di stare con naturalezza davanti alla macchina da presa. Bello e commovente anche il rapporto del bimbo con i nonni paterni Pop e Granny – rispettivamente Ciarán Hinds e Judi Dench, entrambi candidati all’Oscar per questi ruoli – fulcro del suo mondo affettivo.

Venato di nostalgia, ma anche di tanta ironia – la battuta ‘ma è biologico!‘ è destinata a restare a lungo nella memoria – Belfast è soprattutto un atto d’amore, per una città e per l’atmosfera legata ad un preciso momento storico, che si nutre di contributi importanti. La colonna sonora di Van Morrison, ad esempio, ha implicita nei brani l’essenza stessa della città e quello intitolato Down to joy, l’unico originale non di repertorio scritto per il film, è candidato all’Oscar per la miglior canzone.

A completare la famiglia nel ruolo del fratello maggiore Will il giovane Lewis McAskie – al secondo film, perciò quasi esordiente anche lui – mentre Caitriona Balfe e Jamie Dornan sono Ma e Pa, i genitori di Buddy, due figure idealizzate dallo sguardo narrante che passa attraverso i sogni cinematografici del bambino protagonista; non a caso la responsabile di trucco e acconciature sul set, Wakana Yoshihara, ha preso a modello per loro foto d’epoca di Brigitte Bardot e Marlon Brando.

Belfast di Kenneth Branagh, dopo aver conquistato il premio del pubblico al Toronto International Film Festival, è candidato a sette premi Oscar tra cui quello a miglior film ed è adesso disponibile nelle sale italiane distribuito da Universal Pictures.