Presso il Palazzo Platamone a Catania si svolge un’esposizione dedicata, per la prima volta in Italia, a quasi tutti gli artisti presenti alle otto mostre ufficiali dell’Impressionismo svoltesi a Parigi dal 1874 al 1886. L’esposizione catanese“Percorsi e segreti dell’Impressionismo” presenta circa duecento opere tra oli, disegni, acquerelli, opere grafiche, sculture, foto, ceramiche, monotipo.

L’esposizione prende l’avvio dalle opere di artisti come Ingres, Delacroix, Courbet, Corot e Millet, per cogliere già fin da allora i germi di una tendenza che, dipanandosi dal realismo e dalle rappresentazioni bucoliche en plen air della scuola di Barbizon, sfocerà infine in una vera e propria rivoluzione, quella impressionista.
Afferma il curatore Vincenzo Sanfo che la rivoluzione riguardò soprattutto la tecnica dell’incisione, all’epoca spodestata dalla fotografia nella riproduzione delle opere d’arte e dunque nella loro divulgazione mediante la stampa. La fotografia, fedele riproduzione del visibile, privò l’incisione del suo primato, rivelandosi anche più agevole nell’utilizzo. Alcuni artisti, dunque, rifiutarono le tecniche dell’incisione, come Monet, mentre altri la considerarono marginale nel loro lavoro; altri ancora, però, svolsero appassionati studi e sperimentazioni in quel campo, come Degas, che realizzò splendidi paesaggi con la tecnica del monotipo e del pastello. Le opere in mostra sono appunto portavoce del rinnovamento svolto dagli impressionisti anche nel campo grafico e ampio spazio, dunque, vien dato alle opere incisorie. Di Degas osserviamo, tra le sue opere, l’acquaforte La danseuse chez le photographe, che mostra il tema prediletto dall’artista, quello delle ballerine; all’epoca infatti le raffigurazioni di danzatrici erano molto in voga ed erano facili da vendere. Degas però vi si appassionò e amò indagarne il movimento in modo scientifico, cogliendo anche le attitudini meno armoniche e allontanandosi dunque dalla visione idealizzante dell’arte tradizionale.

Vincenzo Sanfo ci ricorda che anche Gauguin, di cui è in mostra ad esempio il monotipo Études de mains ou d’avant-bras, si dedicò all’arte incisoria, come dimostrato dalla realizzazione di un portfolio di litografie riassuntivo delle sue esperienze pittoriche (per finanziare una mostra durante l’esposizione universale di Parigi) o dalla serie di xilografie tratte dai legni incisi a Tahiti. In mostra, infatti, la xilografia da legno originale Manao Tupapau et femme Maori, in cui leggiamo l’integrazione dell’artista con la comunità indigena, di cui aveva assimilato costumi e stili di vita. Di Gauguin è in mostra anche il vaso in terracotta Hina parle avec Teatoa, che si fa portavoce di un artista scultore, oltre che pittore; egli infatti si dedicò anche alla produzione di sculture in legno e in ceramica. Con esse, rappresentando dei e idoli maori, volle vivificare le tradizioni religiose di Tahiti, la cui società si andava sempre più estinguendo. Evidente dunque come le ricerche di impressionisti e postimpressionisti spaziassero in campi diversificati.

In mostra anche opere di Manet, che non è considerato del tutto un impressionista quanto più un antesignano dell’impressionismo, per l’allontanamento dalla spazialità tradizionale e l’attenzione verso colori luminosi e brillanti; ammiriamo il primo schizzo a olio del Bar aux Folies Bergère, dalle pennellate protagoniste e pastose, ma soprattutto intensamente evocative, perché con i soli tratti l’artista suggerisce volti, corpi, espressioni. E rende perfettamente l’atmosfera movimentata e chiassosa che caratterizzava il locale, con luci e colori che richiamano anche la sera e la notte. In quest’opera il visibile si fa sempre più astratto, poiché si tratta di uno schizzo, e il linguaggio formale differisce significativamente da quello che osserviamo nell’acquaforte Bar aux Folies Bergère: qui ci accorgiamo infatti come Manet, così vicino agli impressionisti nello schizzo precedentemente nominato, se ne distanzi invece per la resa di forme più nitide, composte, definite, dettagliate. Ma i colori brillanti e la luce che attraversa le superfici di liquori, calice, fruttiera e altri oggetti sul bancone, è mobile e viva, e presagisce l’Impressionismo.

Padre del movimento è invece Monet, di cui ammiriamo in mostra, ad esempio, l’olio Les Nymphéas; nell’omonimo ciclo, come afferma Vincenzo Sanfo, l’artista racchiude “quella forza espressiva che gli deriverà dalla lettura e rilettura dell’arte orientale”, conosciuta collezionando numerose stampe e disegni provenienti dalla Cina e dal Giappone. Nel paradiso acquatico e fluviale della casa di Giverny, dunque, Monet amò veder galleggiare le sue ninfee e tradurre in pittura i loro iridati effetti di luce e colore. Certo meno placida della rappresentazione di ninfee galleggianti è l’acqua in tumulto di Vague, increspata in un’onda spumosa in cui si incrociano e contrastano i toni di arancio e blu, come nel cielo, che assume quindi umori sabbiosi misti a foschie biancastre. Gli impressionisti infatti solevano accostare colori complementari per accentuare gli effetti di luce. E osservando La Tamise si può rimanere sorpresi non solo dal carattere poetico della trasfigurazione paesaggistica, quanto dalla capacità di far scaturire un’immagine da modici e rapidi tratti di pastello.

Tramite la mostra catanese conosciamo anche l’attività litografica di Renoir, per quanto molto posteriore alla nascita dell’Impressionismo; le sue prime grafiche, afferma Sanfo, risalgono al 1889 e nascono su commissione, per illustrare o fungere da corredo a opere commissionate da mercanti del calibro di Ambroise Vollard o Durand-Ruel. In mostra la litografia Femme au cep de vigne, in cui la spazialità e le forme sono indefinite, sospese, sicuramente “stravolte” per quei tempi, ma con modi raffinati ed essenziali, che evocano le stampe giapponesi. Renoir non disdegnò neanche la tecnica della puntasecca, che anzi, afferma Sanfo, “gli consentiva quegli arabeschi formali che lo avvicinavano alla sua pittura”, come notiamo in Bateaux sur la Seine.
L’esposizione fa scoprire dunque ricerche, sperimentazioni, tecniche e segreti dell’universo impressionista, percorso dall’intenzione, comune a tutti i suoi protagonisti, di sopravvivere agli sconvolgimenti di una novità spiazzante come la fotografia, che inevitabilmente cambia la concezione della pittura e pregiudica la sua esclusività negli aspetti realistici e descrittivi. L’evento pertanto fa conoscere opere che rivelano volontà prorompenti e spinte creative liberatorie, che a ragione segnano per convenzione l’inizio dell’arte contemporanea.

Didascalie immagini

  1. Edgar Degas, La danseuse chez le photographe, acquaforte 18,5×12,2 cm, collezione privata
  2. Paul Gauguin, Manao Tupapau et femme Maori, 1892, xilografia da legno originale, 33,8×26,5 cm, collezione privata
  3. Edouard Manet, Bar aux Folies Bergère (première esquisse), 1882, olio su tela, 36×26 cm, collezione privata
  4. Claude Monet, Les Nymphéas, 1905, olio su tela, 107×75 cm, collezione privata
  5. Pierre-Auguste Renoir, Femme au cep de vigne, 1904, Litografia cm. 24×31, Collezione privata

IN COPERTINA

Edouard Manet, Bar aux Folies Bergère (première esquisse), 1882, olio su tela, 36×26 cm, collezione privata

 

Orari di apertura:
tutti i giorni dalle 09:00 alle 19:00.
La biglietteria chiude un’ora prima.

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Dove e quando

Evento: Percorsi e segreti dell’Impressionismo
  • Fino al: – 21 April, 2019
  • Indirizzo: Palazzo Palazzo della Cultura, Via Vittorio Emanuele II 121, Catania
  • Sito web