Uno sguardo ironico sulla grande tradizione dell’opera buffa napoletana al Regio Opera Festival che ha in cartellone Don Checco – martedì 26, giovedì 28 e sabato 30 luglio al Cortile di Palazzo Arsenale – opera buffa in due atti di Nicola De Giosa su libretto di Almerindo Spadetta, revisione musicale a cura di Lorenzo Fico. Sul podio il direttore Francesco Ommassini alla guida di Orchestra e Coro del Regio, quest’ultimo istruito dal maestro Andrea Secchi. Le scene sono di Claudia Boasso, i costumi di Laura Viglione, le luci di Lorenzo Maletto. Questo nuovo allestimento è in coproduzione con la Provincia di Lecce.

Tra la fine del Seicento e il primo Ottocento, Napoli fu la capitale musicale italiana, capace di esportare in tutta Europa i frutti della sua Scuola. Il Teatro Nuovo fu il “santuario” del teatro comico e qui nel 1850 debutta Don Checco, capolavoro di Nicola De Giosa compositore barese di scuola napoletana. Il titolo, nonostante le perplessità della critica, ebbe una fortuna di pubblico eccezionale: fu replicato per più di novanta sere tanto che l’opera l’anno seguente ebbe accesso al palcoscenico del San Carlo, dal quale questo tipo di repertorio era normalmente escluso. Sono stati contati almeno settantadue allestimenti, in Italia e all’estero, tra il debutto e il 1887, ma le sue produzioni si protrassero fino all’inizio del XX secolo, e ancora nel 1919 Ricordi ne ristampò lo spartito.
La vicenda del Don Checco – opera preferita di Ferdinando II di Borbone – è quella tipica: l’amore di una coppia di giovani è contrastato dal padre di lei, ma l’arrivo del protagonista, inseguito dai creditori, che si esprime in dialetto ed è scambiato per un aristocratico travestito, condurrà al lieto fine attraverso l’immancabile smascheramento e il generoso intervento di un autentico nobile, osservatore marginale ma lui sì non riconosciuto, dell’intreccio.

Per questa prima esecuzione per il Teatro Regio Torino, il graditissimo ritorno di Mariano Bauduin, per ventidue anni braccio destro di Roberto De Simone, fondatore del “The Beggars’ Theatre – Il Teatro dei Mendicanti” nella degradata periferia Est di Napoli, dove impegno civile e solidarietà si combinano con un altissimo livello artistico e professionale. Il regista ha sottolineato: «Della passione di Re Ferdinando per Don Checco tutto si sa, così come della sua importante fortuna. Nell’Ottocento gli autori più importanti del genere della farsa e della parodia sono Pasquale Altavilla e Antonio Petito, quest’ultimo Celebre Pulcinella, storico attore del Teatro San Carlino, maschera poi evolutasi in quella più borghese di Felice Sciosciammocca, alias Eduardo Scarpetta, padre dei tre fratelli De Filippo. Identità comune: trasmissione della tradizione teatrale, e qui non si tratta solo di mestiere di scrittura teatrale, ma di un’antichissima prassi esecutiva, dove improvvisazione, lazzi e battute erano ancora il retaggio di una Commedia dell’Arte pulsante e vivace.
Per la regia del Don Checco ho immaginato di riferirmi a questo mondo ormai quasi del tutto dimenticato. Partendo dalla rielaborazione totale dei dialoghi parlati, ho provato a mettere in evidenza tali prassi, ripristinando, evocando o inventando dialoghi e situazioni comiche; in più ho chiesto alla scenografa Claudia Boasso di elaborare un esterno più che un interno: una vicolo di Napoli in cui ho immaginato che, oltre alla taverna di Bartolaccio, facesse da dirimpettaio anche l’ingresso del Teatro San Carlino, quasi come se quel Teatro e la sua anima antica vivessero oltre che nella storia; il personaggio di Don Checco è diventato lo stesso Antonio Petito e il suo Pulcinella, e così tutti gli altri personaggi, a cui ho restituito quel linguaggio scenico e poetico del teatro di parodia di metà Ottocento. Ho aggiunto, inoltre, il personaggio di Don Mario Luzi, storico impresario del Teatro San Carlino, anch’egli una parodia di sé stesso, come si trova in moltissime commedie di “teatro nel teatro”».
A interpretare Don Checco sarà il baritono Domenico Colaianni, già applauditissimo in questo ruolo nella produzione allestita dal Teatro San Carlo nel 2014 e l’anno successivo alla 41ᵃ edizione del Festival della Valle d’Itria.
Il baritono Carmine Monaco sarà l’oste Bartolaccio, che si oppone all’amore della figlia Fiorina, il soprano Michela Antenucci; il tenore David Ferri Durà sarà il garzone Carletto, innamorato della bella Fiorina. Completeranno il cast il basso Vladimir Sazdovski (il signor Roberto), il basso Francesco Auriemma (Succhiello Scorticone) e l’attore Mario Brancaccio che interpreterà il ruolo comico di Don Mario Luzio.