Al Teatro alla Scala, prima assoluta, il prossimo 6 giugno, per Rusalka il capolavoro di Antonín Dvořák con la regia firmata da Emma Dante (con Carmine Maringola e Vanessa Sannino autori rispettivamente di scenografie e costumi) diretto da Tomáš Hanus che ben conosce il titolo, con il quale ha debuttato alla Wiener Staatsoper e che sta dirigendo (fino al 19 maggio) anche alla Bayerische Staatsoper di Monaco.
La fiaba ambigua della ninfa che assume forma umana per amore di un principe che la tradirà e saprà pentirsi solo nella morte, con il celebre “Canto alla luna” divenuto un classico del repertorio dei grandi soprano. Rusalka, opera in tre atti, venne rappresentata per la prima volta al Teatro Nazionale di Praga il 31 marzo 1901. Tra i capolavori del teatro musicale europeo, dopo decenni di oblio, a partire dagli anni Ottanta la felicità delle melodie, gli echi popolari, l’atmosfera fiabesca e la complessità dei riferimenti ne hanno fatto di nuovo un titolo popolarissimo e frequentemente eseguito in Europa, negli Stati Uniti, in Oriente.

Nei mesi scorsi è stata in cartellone a Dresda, Berlino, Osaka, Londra, Wiesbaden e Bergen; prossimamente sarà possibile ascoltarla ad Amsterdam, Metz, Tenerife, Berlino, Santa Fe, Praga e Vienna. Estremamente più problematica la ricezione italiana, benché le proposte non siano mancate, dalla Fenice che programmò la prima italiana nel 1958 (prima che nel Regno Unito, dove debuttò al Sadler’s Well nel ‘59), a Roma dove la volle per la prima volta Gian Carlo Menotti e a Bologna che ha coprodotto con Dresda lo spettacolo di Christoph Loy.
Nel 1900 Antonín Dvořák (Nelahozeves, 8 settembre 1841 – Praga, 1º maggio 1904) è un’autorità nel suo Paese. Figlio di un macellaio, cresciuto come violinista d’orchestra (sotto la bacchetta di Bedřich Smetana, il padre del nazionalismo musicale céco) dopo essersi affermato gradualmente fino a essere apprezzato da Brahms e Hanslick. Aveva conosciuto la gloria prima a Londra con lo Stabat Mater e le sinfonie n° 7 e 8, quindi a New York dove aveva guidato il Conservatorio e scritto la Sinfonia “Dal nuovo mondo” e il Concerto per violoncello. Tornato a Praga, dove avrebbe presto assunto la direzione del Conservatorio, nel 1899 aveva presentato con successo al Teatro Nazionale l’opera Il diavolo e Caterina, una commedia fiabesca che elaborava stilemi wagneriani e temi popolari.

Per il titolo successivo, la sua nona opera, Rusalka, il direttore del Teatro Nazionale František Šubert, gli propose il testo del giovane letterato Jaroslav Kvapil che arricchiva la leggenda nordica della ninfa delle acque con elementi del folklore boemo. Dvořák crea una partitura che assimila il linguaggio wagneriano restando però nei territori della fiaba piuttosto che in quelli del mito, e preferisce le forme più tipiche del Romanticismo musicale, a partire dalla ballata, rielaborando con leggerezza e fluidità melodica spunti della musica popolare boema secondo i principi del nazionalismo musicale che aveva già sostenuto nel corso del suo soggiorno negli Stati Uniti. Non a caso alcuni critici hanno parlato di “impressionismo céco”. Il risultato è un paesaggio sonoro incantato, animato da un sentimento panico della natura e stilizzato in eleganti volute liberty.
Per la sua prima produzione del titolo (sei rappresentazioni fino al 22 giugno), la Scala ha composto un cast formato da Olga Bezsmertna nel ruolo eponimo e Dmitry Korchak nei panni del Principe, mentre Elena Guseva è la Principessa dell’Acqua, Okka von der Damerau è Ježibaba la strega e Jongmin Park è Vodnik, lo spirito delle acque.
Un’ora prima dell’inizio di ogni recita, presso il ridotto delle Gallerie, si terrà una conferenza introduttiva all’opera tenuta da Franco Pulcini.