A Bologna per l’attesissima prima di Aida “tecnologica” dove, per esigenze di regia e comunque innovative, si sperimentava l’uso di un nuovo sistema di lettura dei sopratitoli fruibili su smartphone e tablet  (seguendo le istruzioni consegnate all’entrata, quasi tutti l’hanno provato, in molti utilizzato).

Fra le più amate di Giuseppe Verdi, Aida è l’opera che, più di tutte, subisce un immaginario spettacolare carico di stereotipi: l’antico Egitto dei libri di scuola e la grandiosità degli apparati scenografici. Alla parola Aida, impossibile non sentire risuonare la Marcia Trionfale o chiudere gli occhi e vedere scorrere allestimenti carichi di personaggi e animali esotici dell’Arena di Verona o delle Terme di Caracalla.

Al Comunale, invece, è arriva nell’applauditissimo allestimento minimalista e sospeso nel tempo cooprodotto con il Macerata Opera Festival e andato in scena nel 2014, nel cinquantesimo dello Sferisterio e ancora la scorsa estate.
Il regista Francesco Micheli ci guida alla sua lettura che strizza l’occhio a soluzioni simboliche «perché è anche una fra le opere più intime e toccanti e lasciandosi guidare dai colori della partitura e dalle architetture della drammaturgia si può far rivivere la vicenda non solo nel dettaglio orientaleggiante di massa, ma anche nella proiezione gigantesca di colori, forme e nessi di significato che ciascun personaggio canta e recita per noi: moderni geroglifici, cibernetiche icone che codificano la vicenda venendo disegnati non nella minuzia di un’osservazione ravvicinata, ma nell’immanente enormità della scena».

Quindi esteriormente “contemporanea” ma anche narrativa, metaforica e «fiduciosa nel potere del mezzo tecnologico che s’intreccia con rinnovata fedeltà all’invenzione verdiana il cui orientalismo ebbe come cornice alcuni eventi del secondo Ottocento rivoluzionari, modernissimi e iper-tecnologici a loro volta, come l’apertura del Canale di Suez».
Un allestimento elegante e funzionale alla concentrazione con cui accompagna l’ascolto, perfezionato entro un percorso di riflessione e maturazione «ed è cresciuto lavorando ulteriormente sulle parole scritte e sui simboli che si fanno scenografia e, in generale, considerando il risultato di tre anni fa come un punto di partenza, dal quale agire per incrementare ulteriormente l’intensità espressiva, focalizzando ancor più l’azione sulla similitudine tra tablet odierno e tavoletta dello scriba egizio che racconta e scrive la storia».

Il regista sottolinea come la superficie e le dimensioni con cui vengono realizzate queste metafore visive e narrative riporti al tema, ineludibile nell’Aida, della dimensione monumentale «che rispettiamo pienamente facendo un uso spettacolare delle proiezioni ma senza dimenticare che uno dei principali obiettivi di Verdi era quello di interpretare il transeunte, di spiegarci che “sic transit gloria mundi”, descrivendo il personaggio di Radamès dapprima come un divo intoccabile e poi, nel giro di un atto, come un traditore, benché, suo malgrado, arrestato e condannato a morte. Tutto il suo trionfo svanisce in un soffio. L’overdose di sfarzo e ricchezza non l’abbiamo realizzata con elefanti e portantine ma con simboli, “icone”, più leggeri ma al contempo più icastici, tendendo a rispecchiare una realtà: quella dell’uomo che combatte tutta la vita per il potere e la fama ma poi non ha più nulla e resta solo, solo come Aida, donna che vive un dramma di solitudine». 

Senza questa premessa diviene difficile apprezza pienamente un lavoro accurato quanto intelligente, attuale ma senza mai smarrire l’impianto verdiano. 
Il titolo che ho scelto per questo articolo è un sorta di cartina al tornasole perché, già dall’apertura del sipario, Ramfis tesse la trama di tutta la vicenda narrata e muove i vari personaggi piegandoli al suo volere.
Le scene sono di Edoardo Sanchi, i disegni di Francesca Ballarini, i costumi di Silvia Aymonino, le luci di Fabio Barettin e le coreografie di Monica Casadei, interpretate dalla Compagnia Artemis Danza creando un team in assoluta sinergia. Spettacolare il sipario, un gigantesco computer bianco – con botole che si aprono e colorano in base alle scene – con le parole più importanti  scandite e ideogrammi geroglifici. Non vi rovinerò la sorpresa dell’entrata in scena del Coro.

I colori inondano tutto lo spettacolo con le tinte chiare per i nobili e le scure per gli schiavi con contrasti sempre armoniosi anche quando la platea diviene parte integrante del palco.
La parte musicale è affidata a Frederic Chaslin che guida con slancio l’Orchestra felsinea in questa grande partitura. Coro ineccepibile.

Corretti i cantanti. Radames (per l’annunciata indisposizione di Carlo Ventre) è stato sostenuto dal tenore Antonello  Palombi che si è difeso bene nel ruolo impervio che, subito all’inzio dell’opera, deve affrontare un’aria importante.
Aida, la soprano Monica Zanettin, e la perfida Amneris (figlia del faraone) interpretata dal mezzosoprano Nino Surguladze, hanno ben sostenuto il conflitto delle due figure femminili.

l baritono uruguaiano Dario Solari è stato la sorpresa della prima nei panni di Amonasro re di Etiopia. Ramfis, il basso Enrico Iori, molto credibile anche scenicamente. Bravi “Il re” , il basso Luca D’Amico e il tenore Cristiano Olivieri  nel ruolo del Messaggero. Un plauso al soprano Beth Hagermann perfetta Sacerdotessa.
Alla fine  applausi  per tutti e il mio personale grazie per averci fatto  vivere questa magia.

Dettagli

Didascalie immagini

  1.  Una scena di Aida - foto © Rocco Casaluci

  2. Una scena di Aida - foto © Rocco Casaluci

  3. Una scena di Aida - foto © Rocco Casaluci

  4. Una scena di Aida - foto © Rocco Casaluci

  5. Una scena di Aida - foto © Rocco Casaluci

  6. Enrico Iori è Ramfis - foto © Rocco Casaluci

  7. Monica Zanettin e Nino Surguladz sono
    Aida e Amneris - foto © Rocco Casaluci

  8. Dario Solari è Amonasro - foto © Rocco Casaluci

IN COPERTINA
Particolare di una scena di Aida - foto © Rocco Casaluci

 

AIDA

Musica di Giuseppe Verdi
Opera in quattro parti
Libretto di Antonio Ghislanzoni

In coproduzione con il Macerata Opera Festival

Direttore Frédéric Chaslin
Regia Francesco Micheli
Scene Edoardo Sanchi
Costumi Silvia Aymonino
Luci Fabio Barettin
riprese da Daniele Naldi
Coreografie Monica Casadei
Maestro del Coro Andrea Faidutti
Disegni Francesca Ballarini
Assistente alla regia Valentina Brunetti
Assistente alle scene Carla Conti Guglia
Assistente ai costumi Hannah Gelesz


Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna
Compagnia di ballo Artemis Danza
Bambine allieve di Arabesque, Scuola di danza classica,
contemporanea e moderna – Bologna
                      
Produzione TCBO con Associazione
Arena Sferisterio – Macerata Opera Festival


Personaggi e interpreti

  • Il Re - Luca Dall'Amico
  • Amneris - Nino Surguladze (12, 15, 19, 21/11)
    Cristina Melis (14, 16, 18, 22/11)
  • Aida - Monica Zanettin (12, 15, 19, 21/11)
    Anna Lucrezia García (14, 16, 18, 22/11)
  • Radamès - Carlo Ventre (12*, 15, 19, 21/11)
    Antonello Palombi (14, 16, 18, 22/11)
    (*Causa indisposizione di Carlo Ventre, la recita del 12 novembre è stata sostenuta da Antonello Palombi)
  • Ramfis - Enrico Iori (12, 15, 19, 21/11)
    Antonio Di Matteo (14, 16, 18, 22/11)
  • Amonasro - Dario Solari (12, 15, 19, 21/11)
    Stefano Meo (14, 16, 18, 22/11)
  • Gran Sacerdotessa - Beth Hagermann
  • Messaggero - Cristiano Olivieri
  • Bambine danzatrici:
    Giulia Algisi, Matilde Avoni, Elan Belletti, Marta Bernardi, Diana Bonicelli, Sara Borriello, Gaia Cinelli, Margherita Forni, Emma Iacovaccio, Alessandra Lauro, Beatrice Pasi, Sofia Ruggeri, Poerava Dalbagno, Lucia Mannino.


Prossime repliche:
Questa sera, Sabato 18 novembre 2017, ore 20:00
Domenica 19 novembre 2017, ore 15:30
Martedì 21 novembre 2017, ore 20:00
Mercoledì 22 novembre 2017, ore 18:00

Dove e quando

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Fino al: 20171122