Sì, ho fame, lo ammetto,
ho fame come un lupo,
e l’idea di una cena non mi spiace,
fosse anche solo per un po’ di pane.
Ma più di questa fame,
più forte del bisogno c’è il rispetto:
Chi rispetta sé stesso,
chi crede in un’idea, non è più lupo.
(Felice, Atto I)
Martedi scorso ero a Genova per assistere alla replica della prima esecuzione assoluta di “Miseria e Nobiltà” opera in due atti, liberamente tratta dall’omonima commedia di Eduardo Scarpetta, su libretto di Luca Rossi e Fabio Ceresa e musicata da Marco Tutino. Commissionata dal Teatro Carlo Felice, l’opera comica è un genere poco scelto dai compositori contemporanei e la sfida di Marco Tutino sta nel riallacciarsi alla tradizione italiana, ma adeguandola ai tempi. La scelta del soggetto è caduta su un classico della comicità napoletana (dove l’opera buffa è nata), la commedia di Scarpetta è datata 1887 e portata al cinema, con grande successo, da Mario Mattioli nel 1954 (protagonisti Totò e Sophia Loren).
Chi conosce la commedia originale e la pellicola, ne ritroverà gli equivoci, il clima da farsa, ma anche qualcosa di diverso: meno personaggi-maschere, più psicologia e un contesto politico e culturale più definito. L’azione è stata spostata nel 1946, nei giorni del referendum, si parla di monarchia e di povertà nell”Italia era appena uscita devastata dalla guerra.
Il gusto comico è mutato spiega Tutino e, aggiunge: «il nostro sguardo è ormai irrimediabilmente influenzato e corrotto dalla varietà dei generi di spettacolo leggero che da più di cento anni hanno cambiato profondamente le nostre esigenze e aspettative: chi ha conosciuto Falstaff, l’operetta, il musical, Nino Rota, Totò, Mel Brooks, e così via fino a Maurizio Crozza, non si accontenterà più dei meccanismi teatrali e del linguaggio di Rossini e Donizetti, seppure sublimi e unici. La comicità e la leggerezza oggi saranno inevitabilmente sempre venate di turbamenti e ombre, e disposte a negare se stesse in ogni momento.»
Nella musica si percepisce nettamente tutta l’influenza del Novecento, da Puccini a Cilea e Mascagni; la partitura regala bellissime pagine musicali. C’è il passato, il presente e il futuro quindi ben vengano nuovi lavori di questo tipo con un plauso alla Fondazione del Teatro Carlo Felice per la coraggiosa scelta.
La regia è affidata alla musicista Rosetta Cucchi (già apprezzata per aver firmato Salomè – sempre al Teatro Carlo Felice – e un Werther al Teatro Comunale di Bologna e si sta già preparando per Adina al prossimo Rossini Opera Festival di Pesaro) e il palcoscenico si apre con uno spaccato della Napoli postbellica dove si vedono impalcature e macerie, ma traspare anche l’idea di piazza tanto cara agli italiani. Discorso a parte per l’arte di arrangiarsi nonostante tutto ciò che accade dove, Felice Sciosciammocca, un maestro costretto dalla povertà a reinventarsi con grande dignità.
Impianto semplice che muta poco, ma dove spiccano le gestualità delle maestranze che si muovono in perfetta sintonia con i mimi creando una vera magia anche per le scene, ricche di dettagli, di Tiziano Santi e le luci perfette di Luciano Novelli. Il perfetto puzzle è completato dai costumi di Gianluca Falaschi.
La parte musicale è affidata a Francesco Cilluffo (giovane bacchetta già ascoltato in particolari direzioni di “nicchia” come Le braci di Marco Tutino a Firenze e Arlesiana a Jesi) che, sin dall’inizio, guida l’orchestra del Teatro Carlo Felice con slancio. Molto bene anche il Coro diretto dal maestro Franco Sebastiani.
Trattandosi di una nuova partitura non si possono fare paragoni, ma la musica scorre fluida in questa eccellente esecuzione anche per l’armonia, sia vocale che scenica, della compagnia di canto formata da Valentina Mastrangelo, soprano, (Bettina), Martina Belli, mezzosoprano, (Gemma), Francesca Sartorato, mezzosoprano, (Peppiniello), Fabrizio Paesano, tenore, (Eugenio), Alessandro Luongo, baritono, (Felice Sciosciammocca), Nicola Pamio, tenore, (contadino /cameriere), Alfonso Antoniozzi, basso-baritono, (Don Gaetano) e Andrea Concetti, basso, (Ottavio).
Difficile stabilire chi sia stato il più bravo e alla fine grandi applausi per tutti. Mi piace sottolineare come, avendo scelto di assistere alla pomeridiana realizzata per le scuole di diversi ordini e grado, il pubblico era quasi interamente formato da giovani, molti al primo impatto con l’opera. Sono rimasto colpito dall’educazione musicale durante tutto lo svolgimento e dagli applausi entusiasti che sono arrivati alla fine.
Concludo sperando che questo spettacolo lo si possa rivedere presto a Salerno e ringrazio per averci dato l’opportunità di assistere a un così bel lavoro.