Al Comunale Nouveau, la stagione autunnale d’Opera 2023 del Teatro Comunale di Bologna ha ripreso con un Gioacchino Rossini “surrealista” firmato da Hugo De Ana, lo spettacolo coprodotto col Rossini Opera Festival – dove è andato in scena per l’inaugurazione della 43ª edizione – con un rinnovato cast canoro rispetto a quello pesarese.

Il regista, scenografo e costumista argentino si è ispirato alla pittura di Hieronymus Bosch, in particolare al suo capolavoro Il giardino delle delizie e, per questa occasione bolognese, la regia è stata ripresa da Angelica Dettori e le scene revisionate da Manuela Gasperoni, le luci dell’allestimento curate da Valerio Alfieri e i movimenti coreografici da Michele Cosentino.

Gran parte della musica composta per questa opera meno nota proviene da Il viaggio a Reims, rappresentata il 19 giugno 1825 al Théâtre Italien per le celebrazioni dell’incoronazione del Re di Francia Carlo X.
Rossini affidò il libretto in francese della nuova opera – scritta nel 1828 – a Eugène Scribe e al suo collaboratore Charles-Gaspard Delestre-Poirson e, il 20 agosto di quell’anno Le Comte Ory, opéra en deux actes debuttò al Théâtre de l’Académie Royale de Musique, sede all’epoca dell’Opéra de Paris.

Una trama “boccaccesca” – che vede, ra ambiguità e travestimenti, il conte Ory e i suoi compari cavalieri alla ricerca di avventure amorose e divertimento nella Touraine – è tratta da una ballata popolare di Pierre-Antoine de la Place del 1785, che aveva già fatto da spunto per un vaudeville realizzato da Scribe e da Delestre-Poirson nel 1816.

La direttrice musicale Oksana Lyniv ha affrontato quest’opera dopo averla diretta alla Bayerische Staatsoper di Monaco di Baviera, commentando: «Grazie a questa musica possiamo ritrovare la gioia di vivere. Penso che Rossini riutilizzando brani da opere composte precedentemente, come dal Viaggio a Reims, dimostrasse di apprezzare la propria musica a tal punto da non volersene separare così velocemente. Ogni battuta del Comte Ory ci procura scoperte, sorprese, momenti di fresca emozione. E mi commuove sapere che un compositore così brillante come Rossini abbia posto fine alla propria carriera solo un anno dopo la stesura di quest’opera. Ecco perché vedo in questa partitura una sorta di omaggio ad un’intera epoca che presto, in un’Europa piena di fermento sociale e cambiamenti politici, sprofonderà nel passato». Ha convinto pienamente dirigendo Orchestra e Coro del teatro felsineo ben connotando una partitura che potremo definire effervescente.

All’ultima recita delle cinque previste, quella della domenica, nella conferenza precedente l’opera è stato spiegato che lo spettacolo originale ha subito qualche modifica per adattarlo alle diverse dimensioni dell’attuale palcoscenico. Avendolo già apprezzato a Pesaro, in effetti risulta con minori elementi scenici, ma la ripresa, nulla toglie alla fruizione e conferma un impianto fisso con pareti scorrevoli e vari elementi scenici che si sostituiscono durante l’esecuzione. Spiccano i coloratissimi costumi e le luci sapientemente dosate.

Il cast del canto, molto ben affiatato sia vocalmente che scenicamente, affidava il ruolo del titolo al tenore Antonino Siragusa, cantante di riferimento nei ruoli rossiniani. Sempre preciso, nel secondo atto, nel duetto “Ah! quel respect, Madame” con Adèle, il loro canto era in perfetta armonia, ma il culmine, sempre nel secondo atto, è stato con il terzetto “À la faveur de cette nuit obscure” dove Le Comte / Adèle / Isolier raggiungono la perfezione.

Sara Blanch, soprano in ascesa dopo in “Aureliano in Palmira” all’ultimo Rof, si è confermata anche come Comptesse Adele tanto che, nella cavatina del primo atto “En proie à la tristesse“, insieme al Coro, raggiunge livelli altissimi.
Il paggio Isolier, il mezzosoprano Lamia Beque si distingue nel duetto del primo atto con le Compte Ory in “Une dame de haut parage“.
Rimbaud, il basso Nicola Alaimo, nella famosissima aria del secondo atto “Dans ce lieu solitarie” assieme al Coro ci fa sognare lui che, nelle parti buffe, è un maestro.

Davide Giangregorio, il basso che ha dato la voce a Le Gouverneur, oramai più che una promessa, nella cavatina del primo atto “Veiller sans cesse” offre una bella performance.
Bravissimi anche gli altri. Alla fine grandissimi applausi per tutti con la consapevolezza di aver trascorso un’altra gran bella domenica all’opera.