Il 2024 sarà l’anno in cui si celebreranno i cento anni dalla morte del maestro Giacomo Puccini e tutti i teatri del mondo gli renderanno omaggio, proponendo le sue opere. Anche il Teatro Regio di Torino lo celebrerà nella stagione 2023/2024 con diversi titoli in cartellone, ma, per l’apertura, ha puntato su un’operazione culturale di grande interesse proponendo un avvenimento storico che, un secolo e mezzo dopo l’ultima rappresentazione torinese, avvenuta nel 1885 nella versione in lingua italiana, ha messo in scena La Juive (L’ebrea) di Fromental Halévy, su libretto di Eugène Scribe, in un nuovo allestimento che ha anche trasformato il palcoscenico (utilizzandone lo sfondato dorsale) in una imponente cattedrale laica. 

Composta da Fromental Halévy nel 1835, La Juive è opera emblematica del genere grand-opéra francese, caratterizzata dalla scelta di una cornice storica nella quale si inseriscono vicende individuali, dai forti contrasti passionali, dal taglio spettacolare delle scene, dall’utilizzo di una grande orchestra con cori e balletti così da esaltare le capacità compositive e di scrittura degli autori. A conferma del felice connubio Halévy-Scribe, il titolo (la prima avvenne a Parigi nel 1835 al Théâtre de l’Académie Royale de Musique, Salle le Peletier) conobbe un enorme successo di pubblico durante tutto l’Ottocento con l’ammirazione di autori come Wagner, Berlioz, Mahler e Proust.

Ambientata ai tempi del concilio di Costanza del 1414, la trama intreccia amore, interessi di famiglia e contrasti religiosi tra ebraismo e cattolicesimo. In breve la giovane Rachel, figlia adottiva del ricco gioielliere ebreo Eleazar (in realtà figlia di amori giovanili del cardinale Brogni) si innamora del principe cattolico Leopold che, sotto mentite spoglie, si fa credere il pittore ebreo Samuel. Il principe, però, è  già fidanzato con una principessa cattolica, Eudoxie. Quando tutto questo verrà alla luce, scatena la vendetta del gioielliere in un finale dove lo stesso, e la figlia adottiva, subiranno il martirio.

Presenti alla seconda recita delle sei previste, quella della domenica, già prima dell’inizio dell’opera la curiosità era palpabile, data la rarità della proposta affidata alla regia di Stefano Poda – come di consueto firma anche coreografia, scene, costumi e luci – giunto alla terza inaugurazione nel 2023, dopo Aida a Verona, Edoardo e Cristina a Pesaro. In questa nuova produzione, attraverso un gioco di rimandi e suggerimenti visuali, ha tradotto l’esperienza dell’opera in una opportunità di riflessione aperta su temi dalla valenza universale, trascendendo i riferimenti geografici e temporali della vicenda e, sottolinea: «Il sacrificio di Rachel diventa il simbolo dell’oppressione di ogni minoranza. L’antisemitismo è il più nero esempio della violenza di una maggioranza pronta a schiacciare i più deboli».

Il palcoscenico si presenta come un contenitore e si avvale dell’uso di ponti mobili e di una piattaforma circolare girevole; sospesi al muro ci sono delle sagome di cadaveri a braccia aperte come se fossero crocifissi e le luci, dosate con maestria, esaltano il tutto. In fondo troneggiava una grande croce illuminata che rimarrà sempre visibile e un motto di Lucrezio “tantum religio potuit suadere malorum” (a tanto male poté indurre la religione).
Nel secondo atto, dove dal fondo del palcoscenico emerge l’abitazione di Eleazar, si svela il suo mestiere per le teche con magnifici gioielli. Nel terzo atto, invece, occupa  tutto il palcoscenico un grande mantello di raso, cangiante a seconda delle luci, dove danzano acrobati mimi. Nel quarto atto, in una selva di cadaveri mummificati appesi a testa in giù, passano in processione alcuni mimi vestiti in tunica bianca trasportando la croce ricordando la passione di Cristo in una rappresentazione ricca di elementi e riferimenti simbolici.

Sul versante musicale felicissima la scelta di affidare la direzione al maestro Daniel Oren, profondo conoscitore della partitura per averla debuttata nel 2005 a Londra e poi cinque anni più tardi a Parigi. Nell’intervista rilasciata dal direttore per le note di sala, si legge: «Sebbene Halévy riprenda una vicenda ambientata nel tardo Medioevo, evidenzia un tema di grande attualità: l’antisemitismo. L’ascolto di quest’opera ci commuove ancora oggi. Io personalmente sono molto toccato da La Juive, dove il contrasto fra le religioni del cattolicesimo e dell’ebraismo è messo in risalto dalla musica di Halévy, che eleva all’ennesima potenza le mie emozioni».
Infatti, sin dall’overture, coadiuvata dall’Orchestra del Teatro Regio di Torino, abbiamo assistito a un’ottima lettura anche per quel suo particolare coinvolgimento. Uno dei momenti più intensi è  stato nel secondo atto – la parte dedicata al rito della Pasqua – quando il silenzio del pubblico è stato assoluto.

Superlativo il Coro del teatro, diretto dal maestro Ulisse Trabacchin. Naturalmente il cast stellare dei cantanti ha contribuito alla riuscita dello spettacolo, a iniziare dal tenore statunitense Gregory Kunde che ha dato la voce a Eleazar un debutto nel ruolo definibile solo con la parola straordinario. Già nel secondo atto con la cavatina “Dieu, que ma voix tremblante” i suoi pianissimo sono stati eccellenti per poi, sempre in ascesa, giungere nel quarto atto a “Raquel, quand du Signeur” (l’aria più celebre dell’opera) cantata in modo ineccepibile facendo scattare una lunga standing ovation del pubblico.
Mariangela Sicilia il soprano che canta Rachel, ha una voce luminosa e ben proiettata, si distingue già nel secondo atto nell’aria “Il va venir” per poi continuare nel duetto con Leopold: momenti musicali bellissimi.
Parte impervia quella del Principe, ma il giovane tenore romeno Ioan Hotea si distingue già nella serenata “Loin de son amis“.

Martina Russomanno – il soprano rivale di Rachel – è  la principessa  Eudoxie, una vera sorpresa.
Riccardo Zanellato, il basso che dà la voce al cardinale Brogni (già ascoltato nel 2005 al teatro la Fenice di Venezia nella produzione viennese), ha affrontato questo ruolo con il suo canto morbido e profondo.
Molto bravi anche i comprimari Gordon Bintner (Ruggero), Daniele Terenzi (Albert), Rocco Lia (araldo), Leopoldo Lo Sciuto (ufficiale dell’Imperatore), Lorenzo  Battagion e Roberto  Calamo (uomini del  popolo).
Dopo quattro ore, alla fine grandissimi applausi per tutti ma standing ovation per Gregory Kunde davvero un tenore magistrale.
Un plauso finale al Teatro Regio di Torino per aver proposto questa rarità con la speranza che nei teatri italiani si continui così.

Dettagli

La Juive 
Opera in cinque atti
Libretto di Eugène Scribe
Musica di Fromental Halévy

Direttore Daniel Oren
Regia, coreografia, scene, costumi e luci Stefano Poda

Personaggi e interpreti

  • Rachel Mariangela Sicilia
  • Éléazar Gregory Kunde
  • Eudoxie Martina Russomanno
  • Léopold Ioan Hotea
  • Il cardinale Brogni Riccardo Zanellato
  • Ruggiero Gordon Bintner
  • Albert Daniele Terenzi
  • L’araldo d’armi dell’imperatore e Un boia Rocco Lia
  • Un ufficiale dell’imperatore Leopoldo Lo Sciuto
  • Un uomo del popolo Lorenzo Battagion
  • Altro uomo del popolo Roberto Calamo

Orchestra e Coro Teatro Regio Torino
Maestro del coro Ulisse Trabacchin

Nuovo allestimento Teatro Regio Torino

prossime repliche:
– domenica 1° ottobre ore 15:00
– martedì 3 ottobre ore 20:00

Didascalia immagini

alcuni momenti dell’opera
foto Andrea Macchia © Teatro Regio Torino

Dove e quando

Evento:

Indirizzo: Teatro Regio - piazza Castello, 215 - Torino
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Fino al: 03 Ottobre, 2023