La Grotta Grande, del Giardino di Boboli di Palazzo Pitti, ha fatto da scenografia a La Dafne di Marco da Gagliano (Firenze, 1º maggio 1582 – Firenze, 25 febbraio 1643) rappresentata per la prima volta nel Palazzo Ducale di Mantova nel gennaio 1608 quale contributo del musicista ai suntuosi festeggiamenti del matrimonio – 19 febbraio – fra Francesco Gonzaga e Margherita di Savoia.

L’opera, su libretto di Ottavio Rinuccini è una versione rielaborata di quella che lo stesso poeta aveva precedentemente scritto per Jacopo Peri e Jacopo Corsi. Infatti, nella prefazione all’edizione a stampa della partitura, Gagliano scrive come, per tre brani, vi sia stata la collaborazione di «uno de’ nostri principali Accademici, gran protettore della musica e grande intenditore di essa» e cioè il duca Ferdinando Gonzaga, patrono dell’Accademia degli Elevati fondata nel 1607 a Firenze.

Importante sottolineare come La Dafne di Gagliano sia uno dei maggiori esempi di quel recitar cantando, genesi del melodramma, dove il musicista declina il rapporto fra musica e testo, voce e strumenti, allestimento e spettacolo. Gagliano lo fa seguendo quanto realizzato precedentemente a Firenze da Peri, ma ampliando le parti corali con episodi polifonici tipo il lamento finale di Apollo Non si curi la mia pianta o fiamma o gelo”.

Basata sul mito della ninfa Dafne, trasformata in pianta di alloro per sfuggire alle brame amorose proprio di Apollo, pur seguendo lo stile del recitar cantando, stupisce l’innovazione musicale del tempo. Penultima opera del LXXXI Maggio Musicale, organizzata in collaborazione con le Gallerie degli Uffizi, un plauso al Maggio per questa eccellente operazione culturale, inizio di un annunciato percorso decennale di proposta conoscitiva dedicato all’opera fiorentina, repertorio storicamente importante, ma quasi sconosciuto al grande pubblico. Per La Dafne “mantovana” si contano sulla dita di una mano le rappresentazioni: per il Maggio musicale fiorentino del 1965 (sempre nel Giardino di Boboli), al Teatro Olimpico di Sabbioneta (1978) e a Roma (1982) firmata da Giancarlo Cobelli.

Questo nuovo allestimento, invece, è stato la prima rappresentazione in tempi moderni della versione fiorentina del 9 febbraio 1611 – in casa di Don Giovanni de’ Medici in occasione della visita del cardinale Ferdinando Gonzaga – dove, rispetto all’allestimento di Mantova, fu messa in scena una nuova versione per l’inserimento di sei balli di Lorenzo Allegri che il Maestro concertatore, Federico Maria Sardelli, ha ricreato aggiungendo Balli, scritti per le feste dei Medici degli anni 1608-1615 e Primo libro delle musiche, Venezia, 1618.

Il Direttore, spiega: “Siamo agli albori dell’opera, ossia quel ‘dramma per musica’ destinato a diventare la forma di spettacolo più importante e diffusa: un filo che unisce Peri a Puccini e percorre ininterrotto più di tre secoli di rappresentazioni in cui poesia, musica, pittura, scultura, danza e costume si fondono in un’unità inscindibile. Poi è venuto il cinema, che ha inesorabilmente strappato all’opera il primato di possente rappresentatrice delle passioni e delle vicende umane. Ma torniamo agli esordi di un genere che agli uomini del primo Seicento appariva nuovo e dirompente, veicolo di stupore ed emozioni mai espresse così intensamente: il canto che si libera dalle geometrie della scrittura polifonica per restare nudo, accompagnato dal solo basso continuo, rendendosi quindi libero di esprimere tutti gli ‘affetti’ contenuti nel testo poetico”.

Il regista Gianmaria Aliverta, scegliendo di proiettare il mito di Dafne e Apollo nella contemporaneità, aggiunge: “Dafne è libera e non vuole che questa libertà le venga sottratta da Apollo decide così di restarlo per sempre perché sa che la società in cui vive è sorda, cieca e muta ai suoi richiami. Dafne rompe il silenzio delle coscienze e sceglie di diventare un simbolo: di tutte quelle volte in cui amore non è amore ma un alibi. Dafne diventa muta per sempre per dar voce a tutte quelle don- ne che non vengono mai ascoltate”.

La sommatoria di tutte queste componenti ha portato a un risultato eccellente per la capacità di catapultare il pubblico agli albori dell’opera, ma con la consapevolezza di aver assisitito a un lavoro moderno ed efficace. Bravissimi tutti iniziando dalle musiche eseguite da Modo Antiquo, in collaborazione con Musica Antiqua del Maggio Musicale Fiorentino, e dirette da Federico Maria Sardelli che ha deliziato il pubblico anche come fluatista. 

Dicono che la perfezione non sia di questo mondo eppure, in un’orchesta con così pochi strumenti, sbagliare una nota significherebbe trascinare nell’oblio gli altri. Lo stesso vale per i cantanti e non oso immaginare quanto lavoro preparatorio ci sia stato – anche per la simbiosi con i ballerini – e arrivare a quei livelli considerando la collocazione laterale dell’orchestra e del direttore. Splendide voci barocche, Leonardo Cortellazzi una conferma, ma, forse, la maggiore – graditissima – sorpresa è stata Francesca Boncompagni.

Sarà un pochino anche per lo scenario della grotta del Buontalenti, ma si è trattato davvero di uno spettacolo indimenticabile.

Didascalie immagini

  1. un particolare dell’interno della Grotta Grande di Bernardo Buontalenti del Giardino di Boboli di Palazzo Pitti
    (foto © Cinzia Colzi)
  2. una scena dell’opera
    (foto © courtesy Maggio Musicale Fiorentino)
  3. una scena dell’opera
    (foto © courtesy Maggio Musicale Fiorentino)
  4. una scena dell’opera
    (foto © courtesy Maggio Musicale Fiorentino)
  5. una scena dell’opera
    (foto © courtesy Maggio Musicale Fiorentino)
  6. una scena dell’opera
    (foto © courtesy Maggio Musicale Fiorentino)
  7. uteriore particolare all’interno della Grotta Grande di Bernardo Buontalenti del Giardino di Boboli di Palazzo Pitti
    (foto © Cinzia Colzi)
  8. il momento degli applausi (foto © Cinzia Colzi)
  9. Il M° Federico Maria Sardelli con Francesca Boncompagni
    (foto © Cinzia Colzi)

In copertina
un particolare dell’interno della Grotta Grande di Bernardo Buontalenti del Giardino di Boboli di Palazzo Pitti
(foto © Cinzia Colzi)

 

La Dafne

Favola in un prologo e sei scene
Testo di Ottavio Rinuccini
Musica di Marco da Gagliano

Nuovo allestimento del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino

Direttore Federico Maria Sardelli

Regia e scene Gianmaria Aliverta

Costumi Sara Marcucci
Coreografia e assistente regia Silvia Giordano
Luci Alessandro Tutini

Modo Antiquo in collaborazione con
Musica Antiqua del Maggio Musicale Fiorentino

Modo Antiquo
Ugo Galasso (flauti e percussioni)
David Brutti (cornetto)
Mauro Morini (trombone)
Bettina Hoffmann (viola da gamba e lirone)
Sabine Cassola (violone e flauto)
Francesco Olivero (tiorba e chitarra)
Ann Fierens (arpa)
Giulia Nuti (cembalo, organo, flauto)

Musica Antiqua del Maggio Musicale Fiorentino
Luigi Cozzolino, Anna Noferini (violini)

Personaggi e interpreti
Dafne Francesca Boncompagni
Ninfa Jennifer Schittino
Secondo Pastore Manuel Amati
Ovidio/Apollo Leonardo Cortellazzi
Tirsi Alessio Tosi
Amore Silvia Frigato
Venere Cristina Fanelli
Seconda Ninfa Marta Pluda
Pastore del Coro Riccardo Pisani
Terzo Pastore Dario Shikhmiri

Ballerini
Elena Barsotti
Gaia Mazzeranghi
Pierangelo Preziosa
Paolo Arcangeli
Cristiano Colangelo

Grotta Grande di Bernardo Buontalenti 
25 giugno 2018 – prima rappresentazione
repliche 27 e 29 giugno 2018