«Viva Italia!
tutti stringe i figli suoi:
esso alfin di tanti ha fatto
un sol popolo d’eroi!
Le bandiere in campo spiega,
o lombarda invitta Lega,
e discorra un gel per l’ossa
al feroce Barbarossa.
Viva Italia forte ed una
colla spada e col pensier!
Questo suol che a noi fu cuna,
tomba sia dello stranier!»
2 Giugno: Festa della Repubblica. Forse, oggi, le parole del Coro – con cui Giuseppe Verdi scelse di aprire La Battaglia di Legnano – potrebbero essere attualizzate e salutate, non certo con lo stesso spirito patriottico della prima assoluta del 27 gennaio 1849, ma come una sorta di riflessione identitaria volta alla ricerca ideologica di quella unità nazionale mai realmente condivisa.
L’opera debuttò al Teatro Argentina in una Roma in grande fermento patriottico. Due settimane più tardi, il 9 febbraio, verrà proclamata la Repubblica Romana governata dal triumvirato composto da Carlo Armellini, Giuseppe Mazzini e Aurelio Saffi e il papa Pio IX costretto alla fuga a Gaeta.
La Battaglia di Legnano è un titolo poco rappresentato anche perché una delle opere minori e il trionfo del debutto fu certamente politico. Lo stesso Verdi, nel 1854, in una lettera all’amico Cesarino De Sanctis, affermava “Fra le mie opere che non girano, alcune le abbandono perchè i soggetti sono sbagliati, ma ve ne sono due che vorrei non dimenticate, sono Stiffelio e Battaglia di Legnano.”
Un plauso al Maggio Musicale Fiorentino per la scelta quale secondo titolo operistico del Festival 2018, un po’ meno a quei concittadini irrispettosi di chi sta lavorando e chi cerca di ascoltare (mi riferisco alla replica del 27 maggio dove, in troppi, ignorano perfino che le opere inizino con l’overture e non all’apertura del sipario).
Marco Tullio Giordana, a cui è stata affidata la regia, spiega le sue scelte: «Non irrido alle riletture “moderne”, in qualche caso anche coinvolgenti, ma preferisco che lo spettatore – che per me è innanzi tutto ascoltatore – possa far rima da solo con la contemporaneità. Se proprio vuole altro che non la Musica. La mia personale scommessa è ricavare la “contemporaneità” attingendo direttamente al verbo dell’Autore, rispettandone alla virgola le indicazioni (tra l’altro, in Verdi precise, inequivocabili). Non è chiarissimo in quei milanesi, comaschi, piacentini, novaresi, vercellesi, veronesi, uniti tutti contro il Barbarossa, il desiderio di liberarsi da un giogo e ritrovare la propria sovranità? Ricucire contrasti e spaccature, ricreare senso e forma di collettività, superando ognuno il nostro particulare? Sono temi che ricorrono nella storia del nostro Paese, tornati oggi di estrema attualità.
Ne La battaglia di Legnano lo sfondo patriottico, che fece la sua fortuna al debutto e la mise in un angolo negli anni successivi (colpa anche delle riscritture obbligate dalla censura codina) è per me di vitale importanza. L’antico mondo barbarico fatto di obblighi e servitù si muove, detta l’evoluzione verso un equilibrio nuovo. L’età dei Comuni è la nuova frontiera; il diverso rapporto fra città e campagna e lo sviluppo del commercio ne saranno i frutti principali. A difenderli una plebe in armi, anziché mercenari chiamati da fuori e pronti a vendersi.
Questo lo sfondo. Poi i caratteri, come sempre sbalzati da Verdi in altorilievo: Rolando, Arrigo, Lida, Barbarossa, Imelda, Marcovaldo. Pubblico e privato mescolati, nessun destino fuori dalla Storia, sacrificio e rito di sangue necessari perché il Fato si compia e torni il sole a splendere sulle sciagure umane. La scelta di rispettare l’epoca e le sue date appare, subito dopo l’Allegro Marziale Maestoso della Sinfonia che apre l’opera, si dichiara fin dall’apertura del sipario su una delle prime mappe della città di Milano (1.158, l’azione è di due decenni successiva: 1.176).»
Molto bene l’Orchestra anche se l’esperienza del Maestro Renato Palumbo preludeva grande attesa a una lettura meno tecnica, in alcuni momenti trattenuta (sottolineata da alcune ‘buate’ finali provenienti dalla galleria) e quindi coinvolgendo anche il pur bravo Arrigo, il tenore Giuseppe Gipali, e il soprano Vittoria Yeo che, nonostante un bellissimo timbro, a volte appariva una Leda ben diversa da quella dell’immaginario comune del “Ma son madre!… madre io sono! darmi un figlio iddio volea! Ah! per me divenne rea fin la brama di morir.”
Invece, il baritono Giuseppe Altomare, ha dato vita a un Rolando credibile e ha funzionato bene il Federico Barbarossa del basso Marco Spotti.
Il vero protagonista è stato però il Popolo lombardo magistralmente interpretato da un Coro eccezionale e preparato da Lorenzo Fratini. Indiscutibilmente un vanto del Maggio Musicale.
Grandi applausi anche per il personale tecnico sul palco per un doveroso tributo al loro impegno professionale di altissimo livello.
Disascalie immagini
alcune scene de
La battaglia di Legnano
firmata da La battaglia di Legnano
courtesy Fondazione Teatro del Maggio Musicale
La battaglia di Legnano
Tragedia lirica in quattro atti
Libretto di Salvatore Cammarano
tratto da La Bataille de Toulouse di Joseph Méry
Musica di Giuseppe Verdi
Direttore
Renato Palumbo
Regia
Marco Tullio Giordana
Personaggi e interpreti
- Federico Barbarossa
Marco Spotti - Rolando
Giuseppe Altomare - Lida
Vittoria Yeo - Arrigo
Giuseppe Gipali - Imelda
Giada Frasconi - I Console
Egidio Massimo Naccarato - II Console
Nicolò Ayroldi - Marcovaldo
Min Kim - Podestà
Adriano Gramigni - Uno scudiero / Un araldo
Rim Park
Regista collaboratore
Boris Stetka
Scenografo e Light designer
Gianni Carluccio
Assistente scenografo
Sebastiana Di Gesù
Costumista
Francesca Livia Sartori e Elisabetta Antico
Maestro del Coro
Lorenzo Fratini
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
dal 22 al 31 maggio 2018