Si torna sulla Grüner Hügel, la“collina verde” di Bayreuth, per l’edizione 2018 del Festival che ogni anno celebra il genio wagneriano fra grandi momenti di teatro musicale e sprazzi di bel mondo. Si è assistito a “Tristan and Isolde” e a “Die Meistersinger von Nürnberg“, due riprese di passate stagioni. Due lavori molto vicini nella cronologia delle opere wagneriane, eppure così diversi. Così come diverse sono le due regie, entrambe piuttosto eterodosse.

Meistersinger è l’opera politicamente più problematica di Wagner. Già carica di messaggi ambigui, dopo la morte del compositore ne fu fatto ampio uso propagandistico. Quando essa fu rappresentata nel 1924, al primo Bayreuth dopo la Grande Guerra, la platea scattò in piedi applaudendo l’inno finale di Sachs alla purezza della Sacra Arte Germanica. Può non essere quindi banale approcciarsi a un’opera con un tale passato, senza limitarsi a metter su uno spettacolo scolastico. Per l’apertura della passata stagione Katharina Wagner ha consegnato le chiavi dello spettacolo a Barrie Kosky, intendente e direttore artistico della Komische Oper di Berlino e apprezzato creatore di spettacoli non convenzionali. Il regista australiano, che è stato il primo regista ebreo chiamato a Bayreuth (anche quest’anno un regista ebreo ha inagurato il Festival con Lohengrin affidato a Yuval Sharon), smonta e rimonta i Meistersinger con sapienza, riuscendo a disinnescare il potenziale esplosivo dell’opera, senza tuttavia tralasciare le evidenti allusioni antisemite, anzi dandogli risalto con intelligenza

Si prescinde dalla Norimberga del Cinquecento. Il primo atto, vivace e divertente, si svolge nel 1875 a Villa Wahnfried, la residenza della famiglia Wagner e altro polo della devozione di Bayreuth. Sulle note squillanti dell’overture il sipario si apre sul salotto della villa, dove Wagner tiene corte con i familiari e gli amici di famiglia, che diventano loro stessi i personaggi dei Meistersinger. Splendida per eleganza e cura del dettaglio la ricostruzione d’epoca, inclusi gli amati cani Terranova, preparata dalla scenografa Rebecca Ringst. Richard Wagner impersona sia Hans Sachs che Walther von Stolzing, il giovane girovago innamorato di Eva ovviamente rappresentata da una Cosima Wagner piuttosto irritabile. Franz Liszt è Veit Pogner, il padre di Eva. Hermann Levi, il direttore ebreo che diresse la prima del Parsifal, è Beckmesser, nell’originale un impiegato comunale, pedante conservatore della tradizione e con evidenti cliché ebraici, nonché rivale artistico e amoroso di Walther. Ancora durante l’ouverture, dal pianoforte del salotto escono una schiera di Richard Wagner di tutte le età e dimensioni. Una specie di matrioska sonora. Già dall’inizio è chiaro che quello cui si assiste è uno spettacolo su Wagner, oltre che uno spettacolo di Wagner. Nel secondo atto Kosky calca l’accento sull’antisemitismo. La grande baruffa finale diventa un vero e proprio pogrom, in cui Beckmesser viene umiliato e malmenato dalla folla. E prima che il sipario si chiuda una gigantesca mongolfiera con le fattezze dell’ebreo da caricatura invade la scena. L’ultimo atto si svolge sì a Norimberga, ma nell’aula del tribunale internazionale contro i capi del regime nazista, con il popolo della città che invade la sala fra cori e sbandierare di vessilli. Lo stesso Wagner finisce sul banco degli imputati e declama alla sbarra il peana celebrativo di Hans Sachs. La sentenza rimane in sospeso.

Lo spettacolo di Kosky è una combinazione spazio-temporale in cui ci si muove fra il sedicesimo secolo del libretto (i costumi dei popolani di Norimberga rimandano a quell’epoca), il tempo di Wagner e quello del processo di Norimberga. Si perde la canonica unità di tempo e luogo, ma non il senso della opera comica wagneriana e le relazioni fra i personaggi che la animano. Operazione riuscita e molto divertente. È anche uno spettacolo bello da vedere, per la sua intelligente vivacità, la cura delle scene e il grande lavoro di recitazione, spinto fin nei minimi gesti.

Ben solido il cast schierato per questi Meister. Michael Volle è un Sachs formidabile per voce e gesto. Nei panni del calzolaio artista, ma anche di Wagner maturo, interpreta il ruolo (en passant, la parte vocale più lunga scritta da Wagner) con perfetta ironia e passione. Meditabondo, malinconico, ironico, a tratti elettrizzato Non si poteva chiedere di più. Klaus Florian Vogt veste i panni di Walther von Stolzing, alias Wagner giovane, con grande spessore lirico e accenti belcantistici che si fanno specialmente apprezzare nella canzone “Morgenlich leuchtend im rosigen Schein” con cui conquista la mano di Eva. Johannes Martin Kränzle, oltre a essere un cantante raffinato, sfoggia brillanti doti recitative; il suo Beckmesser è un capolavoro di espressività, dalla capziosità pedante del primo atto all’umiliazione e allo scherno che seguono. Voce autorevole il Veit Pogner di Günther Groissböck. Brillante il David di Daniel Behle cui fa sponda il contralto Wiebke Lehmkuhl, che restituisce voce e gesto alla giovane Magdalene. In grande spolvero il Festspielchor, ai comandi di Eberhard Friedrich, in un’opera in cui il popolo di Norimberga è protagonista di primo piano. Direzione equilibrata e con giusti momenti di vigore drammatico dello svizzero Philippe Jordan. Tributo finale per tutti i protagonisti. Festeggiatissimo Michael Volle.

Dopo la brillantezza dei Meister eccoci di nuovo alla Festspielhaus, fatta costruire dallo stesso Wagner e dove la durezza dei seggiolini lignei è ampiamente compensata dalla straordinaria qualità acustica della sala, per immergersi nel mondo trasognato del Tristano. Uno spettacolo firmato nel 2015 dalla stessa Katharina Wagner e che ha fatto alzare qualche sopracciglio nelle passate stagioni. È un Tristano tenebroso e gelido dove l’oscurità è il tema visivo dominante. La direzione di Christian Thielemann, che da quest’anno è divenuto l’unico direttore assieme a Felix Mottl (1856-1911) ad avere diretto alla Festspielhaus tutte le opere del “Canone di Bayreuth”, è il grande valore aggiunto della serata. Il Musikdirektor del Festival distende un sontuoso tappeto musicale che mette in risalto tutta la tensione della partitura verso un assoluto impossibile da raggiungere. Magistrale il Liebestod, che fluisce lento e articola tutto il suo caleidoscopio di tensione e di trasporto.

Il primo atto si svolge in un labirinto di scale di acciaio e di ponti sospesi, che rimanda con evidenza alle costruzioni impossibili di Escher. Vestiti di vita quotidiana, anche un po’ sformati, accentuano l’anonimia della scena. In questo castello di tralicci sospesi Tristano e Isolde si cercano e si trovano quasi subito, ben decisi a rompere le convenzioni che regolano il mondo. Anche facendo a meno dei poteri del Filtro d’Amore. Non c’è bisogno di bere la pozione magica per far esplodere la passione, è sufficiente versarla sulle mani congiunte dei due spasimanti. Il secondo atto ha luogo sul fondo di una secreta metallica, quasi una camera delle torture, dove Tristano e Isolde sono tenuti prigionieri. Sembra la scena di un qualche mondo distopico. I secondini li osservano dall’alto del pozzo. Kurwenal, gettato anche lui in galera, cerca di sfuggire alla luce dei riflettori che lo braccano. I due amanti si barricano dietro una tenda illuminata da una serie di lumini cimiteriali. Al momento culminante del grande duetto amoroso (ewig ewin ein) i due si struggono girando intorno a un tornello metallico. Difficile immaginare come si possa giungere all’estasi amorosa in un simile contesto. Poi esplode la luce, si spalanca una porta e arriva re Marke, un gangster vestito da Al Capone, seguito dai suoi sgherri. Un Marke ben determinato a esigere vendetta e riparazione. Melot accoltella Tristano, legato alla grata del suddetto tornello, con un coltello a serramanico passatogli dal suo sovrano. In pratica un’esecuzione. Il terzo atto è ambientato in una landa oscura. Un manipolo di soldati attorno a un fuoco da bivacco. Il buio è interrotto solo dagli ologrammi del delirio evocativo, e vocalmente piuttosto strillato, di Tristano che immagina Isolde per ogni dove. In quest’atmosfera si scivola verso il finale, quando Kurwenal accoltella Melot per poi essere pugnalato a sua volta. Un Wagner abbastanza rusticano. Finito il Liebestod, Re Marke trascina via Isolde per un braccio, la donna del boss, e il cadavere di Tristano rimane in scena vegliato da Brangäne.

A volte sfugge il senso di questo Tristano così cupo. Alla fine, in tutto questo buio ghiacciato, rimane più che altro l’impressione di un mondo senza speranza, in cui è bandito fin dall’inizio ogni possibile accenno di tenerezza. Non del tutto omogeno il cast riunito per l’occasione. Corretti i due protagonisti, che tuttavia non ci hanno dato i brividi che ci si poteva attendere. Perfino il gran duetto del secondo atto non muove l’animo più di tanto, anche se bisogna ammettere che un cancello girevole da stadio non è il luogo più indicato per sublimare i trasporti amorosi. Notizie migliori arrivano dagli altri ruoli. Ottimo per autorevolezza vocale e chiarezza della dizione il Marke di René Pape (anche Georg Zeppenfeld che si è alternato nel ruolo ha riscosso applausi convinti). Sempre sicuro il Kurneval di Iain Paterson. Dulcis in fundo, Christa Mayer è la vera star della serata con il suo canto meravigliosamente cesellato per volumi e colori. La sua “Einsam wachend”, la canzone con cui cerca di mettere in guardia i due amanti (cantata fuori scena) è una vera gioia per l’orecchio. Anche in questo caso ovazione finale per tutti, con un entusiasmo davvero speciale per Christian Thielemann.

Didascalie immagini

  1. Da sinistra a destra, Michael Volle (Hans Sachs), Klaus Florian Vogt (Walther von Stolzing) e Daniel Behle (David)
    Die Meistersinger von Nürnberg
  2. Bayreuther Festspiele 2018.
    Die Meistersinger von Nürnberg
  3. Bayreuther Festspiele 2018.
    Die Meistersinger von Nürnberg
  4. Da sinistra a destra, Christa Mayer (Brangäne), Andreas Schager (Tristan), Petra Lang (Isolde) e Iain Paterson (Kurwenal)
    Tristan and Isolde
  5. Da sinistra a destra, Andreas Schager (Tristan), Christa e Petra Lang (Isolde)
    Tristan and Isolde
  6. Da sinistra a destra, Andreas Schager (Tristan), Christa Mayer (Brangäne), Petra Lang (Isolde) e Georg Zeppenfeld (Marke)
    Tristan and Isolde

© Bayreuther Festspiele / Jörg Schulze

IN COPERTINA
Festspielhaus 2016
Festspielhaus
© Bayreuther Festspiele / Jörg Schulze

SCHEDA

DIE MEISTERSINGER VON NÜRNBERG
Direttore Philippe Jordan
Regia Barrie Kosky
Scene Rebecca Ringst
Costumi Klaus Bruns
Luci Franck Evin
Drammaturgia Ulrich Lenz
Maestro del coro Eberhard Friedrich
CAST
Hans Sachs Michael Volle
Veit Pogner Günther Groissböck
Kunz Vogelgesang Tansel Akzeybek
Konrad Nachtigal Armin Kolarczyk
Sixtus Beckmesser Johannes Martin Kränzle
Fritz Kothner Daniel Schmutzhard
Balthasar Zorn Paul Kaufmann
Ulrich Eisslinger Christopher Kaplan
Augustin Moser Stefan Heibach
Hermann Ortel Raimund Nolte
Hans Schwarz Andreas Hörl
Hans Foltz Timo Riihonen
Walther von Stolzing Klaus Florian Vogt
David Daniel Behle
Eva Emily Magee
Magdalene Wiebke Lehmkuhl
Un guardiano notturno Tobias Kehrer

TRISTAN UND ISOLDE
Direttore Christian Thielemann
Regia Katharina Wagner
Scene Frank Philipp Schlößmann e Matthias Lippert
Costumi Thomas Kaiser
Luci Reinhard Traub
Drammaturgia Daniel Weber
Maestro del coro Eberhard Friedrich
CAST
Tristan Andreas Schager
Marke Renè Pape
Isolde Petra Lang
Kurwenal Iain Paterson
Melot Raimund Nolte
Brangäne Christa Mayer
Un pastore Tansel Akzeybek
Un timoniere Kay Stiefermann
Un giovane marinaio Tansel Akzeybek