La settantesima edizione del Festival Puccini di Torre del Lago marca il centenario della scomparsa del Maestro con il cartellone preparato dal direttore artistico Pier Luigi Pizzi, che allinea i primi cinque titoli pucciniani e l’incompiuta Turandot. Lo stesso Pizzi cura la regia di quattro delle opere presentate. Si è assistito alla serata inaugurale del Festival che ha proposto un dittico piuttosto inconsueto, composto da Le Willis ed Edgar, le prime due opere composte da Puccini (in realtà nell’ordine della serata Edgar precede Le Willis, che inizia a notte inoltrata).

Le Willis segna il debutto di Giacomo Puccini, fresco di studi al Conservatorio di Milano, nel mondo della lirica. L’opera fu composta per un concorso indetto dall’editore musicale Edoardo Sonzogno. Puccini non vinse, ma grazie all’intervento di influenti sostenitori, fra cui Arrigo Boito e l’editore Giulio Ricordi, l’opera fu rappresentata con successo al Teatro Dal Verme di Milano nel maggio 1884. Le Willis è un’opera-balletto ispirata a una leggenda del folklore mitteleuropeo. Si narra la storia di Anna e Roberto, due giovani innamorati. Quando Roberto lascia la sua fidanzata per andare in città, viene sedotto dai piaceri mondani e dimentica Anna che muore di crepacuore. Entrano in azione allora le Willis, gli spiriti delle fanciulle morte per amore che si vendicano sugli uomini che le hanno tradite, costringendoli a una mortale danza macabra. Anna diventa una di loro e, insieme alle altre, attende il ritorno di Roberto per trasformarsi in una giustiziera inesorabile.
Edgar, composta fra il 1884 e il 1889, è la seconda opera di Puccini. Opera in quattro atti (originariamente tre) con libretto di Ferdinando Fontana, ispirato al dramma “La Coupe et les Lèvres” di Alfred de Musset. La storia si svolge in Fiandra durante il Medioevo e segue le vicende del protagonista Edgar, un giovane cavaliere combattuto tra l’amore per la virtuosa Fidelia e la passione per la seducente Tigrana. Un triangolo di passioni che fa subito venire alla mente Tannhäuser, sospeso fra l’amore lascivo di Venere e quello spirituale di Elisabetta. L’opera si articola in una serie di colpi di scena e di tradimenti che culminano nella redenzione del protagonista e nell’inevitabile tragedia finale. La prima rappresentazione di Edgar non fu il successo che Puccini e i suoi sostenitori speravano. In seguito Puccini rivisitò l’opera diverse volte, apportando modifiche significative nella speranza di migliorarla, ma il lavoro resta zavorrato da un libretto debole assai ed Edgar continua a passare di rado in palcoscenico. Le Willis è invece entrata nel repertorio lirico con maggiore frequenza.

Per questa edizione del centenario Pier Luigi Pizzi firma regia, scene e costumi di entrambe le opere.
Edgar viene rappresentata nella sua prima versione in quattro atti del 1889 (di solito viene proposta la successiva versione in tre atti) con i tagli necessari per contenere il tempo totale del dittico. Le Willis va in scena nella versione originaria, un atto unico in due parti scritto per il concorso Sonzogno.
Pizzi racconta le due storie in maniera lineare, senza lanciarsi in trovate registiche azzardate. I costumi sono allineati all’ispirazione originale, quasi didascalici, con i bravi borghesi dell’Edgar in nere cappe lunghe e cuffia da beghina per le signore. Quello che ci si aspetta dalle Fiandre medievali. En passant, pare che combattere per la libertà delle Fiandre sia un tema ricorrente nel mondo dell’opera… Il secondo atto orgiastico dispensa invece nudità appena celate da maschere e mantelli dorati. Ricorda davvero la corte sfrenata del Venusberg. Il grande ledwall, che fa da sfondo alla scena e che la inquadra, è a nostro avviso il vero valore aggiunto dello spettacolo. Su di esso passano dei giganteschi tableaux che supportano la narrazione con rimandi precisi alla trama in palcoscenico. L’opera inizia con le casette tipiche della Fiandre, sotto un cielo nord-europeo basso e azzurro smalto. Quasi un’immagine di Magritte. Splendida la suggestione cangiante dei boschi della Foresta Nera che fanno da sfondo a Le Willis. Importante, il ledwall migliora anche l’acustica del Gran Teatro di Torre del Lago riducendo la dispersione del suono. Un plauso speciale per le belle coreografie create da Gheorghe Iancu per i balletti de Le Willis.

Massimo Zanetti conduce l’orchestra del festival senza particolari slanci, ma tenendo bene insieme musica e un (doppio) cast vocale ben all’altezza del compito. Brillano soprattutto le stelle delle due interpreti femminili. Lidia Friedman restituisce gli accenti delle due sventurate fanciulle, Fidelia e Anna. Il soprano russo, non a caso in rapida ascesa nel firmamento lirico, unisce un timbro aspro e scuro, a tratti quasi metallico, a una notevole potenza vocale. Una voce che forse meglio si sposa all’ambientazione stregonesca de Le Willis che ai candori virginali di Fidelia, ma che si fa ammirare per tutto lo spettacolo. Emozionante l’aria del terzo atto di Edgar “Addio, mio dolce amor”, un lamento che piange la scomparsa (temporanea) dell’amato. In Edgar le si contrappone la Tigrana di Ketevan Kemoklidze, che ben padroneggia questo ruolo dalla tessitura estesa. Contrapposizione anche visiva con la casta fanciulla in bianco e la zingara tentatrice in rosso acceso. L’interpretazione del mezzosoprano ricorda molto la Carmen, non a caso un suo cavallo di battaglia. Come la gitana di Bizet questa Tigrana, una vera femme fatale, rimanda con forza il suo sprezzo della pubblica morale e per le convenzioni sociali, eleggendo il puro desiderio a sua stella polare.
Robusto l’Edgar del tenore Vassilii Solodkyy, sempre sicuro negli acuti; appassionato nel duetto del quarto atto con Fidelia, quando i due si illudono di aver ritrovato la felicità. Virile e allo stesso tempo accorato il Frank di Vittorio Prato, baritono dai bei colori bruniti, che con la sua aria tormentata del primo atto “Questo amor, vergogna mia” si duole del suo amore impossibile per la bella Tigrana. Coinvolgenti i pezzi d’insieme, come la fine del primo atto; belle e di impatto le pagine corali, salvo quando il coro è posizionato fuori scena e si fa un po’ fatica a seguirlo.

Ne Le Willis Il tenore Vincenzo Costanzo veste i panni dello sciagurato Roberto con voce potente e precisione nei dettagli. Giuseppe de Luca restituisce gli accenti di Guglielmo, il padre di Anna, con bel timbro scuro.
In definitiva questa serata inaugurale del Festival 2024 è stata una occasione eccellente per frequentare il Puccini degli esordi. Almeno per coloro che sono rimasti fino al termine del dittico; dopo la conclusione di Edgar si sono infatti aperti dei varchi nella platea. Peccato perché Le Willis è davvero un gioiellino d’epoca.
Entrambi i titoli sono stati festeggiati dal pubblico.