Il Festival Verdi Parma e Busseto ha offerto anche quest’anno un calendario di eventi con una successione di opere, concerti, performance volte a celebrare la grandezza del maestro. Quattro le opere proposte durante il festival 2023 tra cui i I Lombardi alla prima Crociata, scelta per l’apertura, e tornata in scena dopo quattordici anni di assenza dal Teatro Regio di Parma.

Composto sull’onda del trionfo riscosso da Nabucco, il quarto melodramma del catalogo verdiano è ispirato all’omonimo poema epico in quindici canti scritto da Tommaso Grossi pubblicato nel 1826 (ammirato anche da Alessandro Manzoni) ed è l’unica opera del Maestro ad attingere a una fonte letteraria italiana. Il libretto di Temistocle Solera declina l’azione in quattro parti, ognuna con un proprio titolo – La vendetta, L’uomo della caverna, La conversione, Il Santo Sepolcro – conferendo una particolare dimensione epica al melodramma. Alla sera della prima – 11 febbraio 1843 – al Teatro alla Scala, la nuova opera venne accolta con entusiasmo, il successo fu travolgente e contribuì all’ascesa, del ventinovenne Verdi, nel panorama musicale internazionale.

Teatro stracolmo anche all’ultima rappresentazione di questo produzione la cui messa in scena è stata affidata a Pier Luigi Pizzi che ha curato la regia, ma anche scene, costumi e video. Il regista ha spiegato: «La mia regia dei Lombardi parte da un presupposto, che sembra ovvio, ma non lo è. La partitura. Sì, proprio quello che Verdi ha veramente scritto, come scopro nella revisione critica curata da David Kimbell, di cui ho a lungo discusso con Francesco Izzo e ovviamente col direttore Francesco Lanzillotta. In troppe occasioni mi è capitato, in anni recenti, di assistere indignato a esecuzioni in cui la musica è ridotta al basso livello della colonna sonora, di un modesto film, senza particolare interesse.

Per me, di formazione architetto, tutto si regge, al contrario, rigorosamente sulla struttura musicale del compositore. Sulle sue idee, fondamentali specialmente in un’opera come questa, che appartiene ai suoi anni giovanili, anni di instancabile ricerca. A torto si giudica I Lombardi come il seguito di Nabucco, approfittando dell’ondata di indiscutibile successo dopo il debutto scaligero. È invece un’opera per molte ragioni sperimentale, dove Verdi si rimette continuamente in gioco con nuove proposte, a scapito talvolta della drammaturgia, che risulta episodica, frammentaria, piuttosto scoordinata. Mi ha colpito per esempio, l’uso straordinario di un violino suonato sulla scena, in un lungo intervento solistico, come si trattasse di un personaggio vivo. La regia prende forma forse proprio da qui. Da questo personaggio particolare, la cui presenza chiede per forza una motivazione e porta a riflessioni e conclusioni che diventano in qualche modo la chiave di lettura di un progetto, dove la musica è sempre in primo piano. Non spiego qui il meccanismo che ho inteso mettere in atto. Se si capirà, come spero, avremo fatto un giusto percorso interpretativo, in caso contrario non ci sarà bisogno di un processo alle intenzioni».

Con le luci sapientemente usate da Massimo Gasparon e le coreografie affidate a Marco Berriel, lo spettacolo ha affascinato il pubblico per eleganza e bellezza (sicuramente accontentando anche i melomani più esigenti) giocando sui contrasti bianco/nero e i colorati costumi dell’harem. Le immagini in videoproiezione sono ben scelte, vincente l’idea di fare rimanere i solisti sul palcoscenico: Giulia Carlutti (flauto), Fabrizio Fadda (clarinetto), Francesca Troilo (arpa) e, nel terzo atto, Mihaela Costea nell’assolo violino.

Nell’incontro e nel conflitto tra Oriente e Occidente, nelle lotte fratricide e nell’unione contrastata tra Giselda e Oronte, disposto anche a convertirsi al cristianesimo per amore di lei, quest’opera, racchiude in sé elementi di profonda attualità. In alcuni momenti, l’uso del chiaroscuro come ombre, è di supporto anche ai mimi bravissimi, specialmente nel finale l’idea che vinti e vincitori si abbracciano e i bambini, vestiti di bianco si presentino sul palcoscenico con un violino è un forte messaggio, in questo periodo storico dove la guerra è tornato dramma primaio.

La parte musicale è stata affidata a Francesco Lanzillotta che ha chiarito come le «dinamiche collettive inneschino meccanismi di discussione e riflessione estremamente contemporanei. La condanna alla guerra di Giselda, con il conseguente ammonimento a non usare Dio come alibi, ci proietta all’interno di tematiche che quotidianamente viviamo. Tutto è funzionale alla drammaturgia: il coro, nel suo incarnare più voci dall’inizio alla fine, è uno dei protagonisti assoluti dell’azione scenica; l’orchestra, ora grandiosa, ora intima, ora violenta, ora raffinata, che dialoga con gli strumenti in scena un violino solista; l’elemento del sovrannaturale con la voce del fantasma di Oronte. I Lombardi alla prima Crociata è tutto questo e molto di più, è soprattutto teatro in cui ragionare, riflettere, porsi delle domande e trovare delle risposte».

Reduce da un brutto incidente in moto e non ancora ristabilito, il Maestro ha diretto con grinta la partitura in cui, la Filarmonica Arturo Toscanini e l’Orchestra Giovanile della via Emilia, si sono distinte offrendo intensi momenti musicali. Il Coro, che nell’opera possiamo dire in scena quasi sempre, si è distinto in crescendo: lodevole nel terzo atto, in “Gerusalem… Gerusalem la grande“, ha raggiunto l’apice nel “O Signore, dal tetto natio…” tra le più belle pagine corali scritte da Giuseppe Verdi.

Di ottimo livello il cast del canto dove Linda Fridman, al debutto nel ruolo di Giselda, ha dimostrato grande sicurezza degli acuti, un soprano agile con una presenza scenica impressionante dal primo atto nella preghiera “Salve Maria…“. La ascolteremo con piacere il prossimo febbraio nel Ballo in Maschera al teatro Regio di Torino diretta da Riccardo Muti. Pagano (basso) interpretato dal Michele Pertusi, che per la terza volta lo canta a Parma, indubbiamente un’interpretazione di riferimento e, già nel primo atto, nell’aria “Sciagurata! Hai tu creduto…“, fa comprendere la sua bravura. Parte impervia quella di Oronte (tenore) cantata dal tenore Antonio Poli, una sorpresa positiva nella cavatina del secondo atto “La mia letizia infondere” proseguita nel duetto con Giselda del terzo atto “Oh belle, a questa misera“.

Molto bene anche gli altri e, alla fine, grandi applausi per tutti i protagonisti oltre alla sorpresa del maestro Pier Luigi Pizzi sul palco. Il pubblico gli ha riservato una standing ovation perché non è da tutti. a novantatré anni, di cui settantadue sul palcoscenico, vantare ancora un tale entusiasmo.
Concludiamo affermando come la domenica musicale a Parma sia stata veramente interessante.