“Per tutti questi secoli le donne hanno svolto la funzione di specchi, dotati della magica e deliziosa proprietà
di riflettere la figura dell’uomo a grandezza doppia del naturale.”
(Virginia Woolf, Una stanza tutta per sé, 1929)
“Ho ucciso l’Angelo del focolare. La battaglia di Virginia Woolf per l’accesso delle donne alle professioni”, realizzato dalla Compagnia Teatrale “Attori & Convenuti” di Firenze è in programma ad Ancona, al Teatrino del Guasco, per il prossimo 19 maggio 2017. Si tratta di una lettura di brani tratti da alcune opere di Virginia Woolf (La crociera, La società, Professioni per le donne, Una stanza tutta per sé, Le tre ghinee) per focalizzare il pensiero della scrittrice inglese su i vari aspetti della condizione della donna, in generale, e di quella “che si guadagna da vivere con le libere professioni”, in particolare. Il mosaico rivela il contributo di idee che Virginia Woolf (Londra, 25 gennaio 1882 – Rodmell, 28 marzo 1941) ha dato alla battaglia intrapresa dalle donne per conquistare una posizione di pari dignità nel mondo del lavoro, tentando di uscire da un secolare stato di sudditanza psicologica, di debolezza economica e di schiavismo intellettuale nei confronti, prima, del padre e, poi, del marito.
Il pretesto drammaturgico a cui Gaetano Pacchi è ricorso per esporre, di volta in volta, l’opinione di Virginia Woolf sui singoli temi, è stato quello di avere utilizzato – come introduzione e per “provocare” la risposta della scrittrice sull’argomento – il pensiero manifestato su i medesimi temi dallo scrittore inglese Arnold Bennett, il quale, nel 1920, pubblicò il libro (mai tradotto in italiano) Our women (Le nostre donne).
Il percorso narrativo tocca i punti più vivi del movimento interiore della donna, soprattutto di quella che “si guadagna da vivere con le libere professioni”: la metaforica uccisione di un fantasma – l’Angelo del focolare – che ogni donna dovrebbe compiere, perché aleggia e incombe su di lei, impedendole di “esprimere la verità sui rapporti umani, sulla morale, sul sesso, di parlare liberamente e apertamente”; la piena conoscenza di se stessa soltanto quando “si è espressa in tutte le arti e in tutte le professioni aperte al talento umano”; il rapporto con la maternità; l’affrancamento dal sistema patriarcale che da secoli la opprime.
La rivendicazione di un’adeguata istruzione universitaria uguale a quella impartita agli uomini; l’importanza di avere “una stanza tutta per sé” e di percepire un guadagno che le dia libertà economica e, di conseguenza, libertà intellettuale e di giudizio.
Il lavoro si conclude con la considerazione che “le libere professioni provocano innegabilmente un effetto particolare su coloro che le esercitano. Diventano possessivi, gelosi di qualunque violazione dei loro privilegi, e fortemente aggressivi nei confronti di chi osa metterli in discussione” e con l’auspicio che nessuna donna, divenuta libera professionista, impedisca “in alcun modo a un altro essere umano, di intraprendere la professione prescelta.”