Il Teatro Comunale di Bologna ha inaugurato la stagione lirico sinfonica con un’anteprima, il 14 e 15 gennaio all’Auditorium Manzoni, dove la nuova direttrice musicale dell’Ente felsineo, Oksana Lyniv ha diretto Tod und Verklärung di Richard Strauss e e il primo atto di Die Walküre di Richard Wagner ottenendo un grandissimo successo salutato da applausi e ovazioni del pubblico presente in sala.
Invece, sabato 29 gennaio, con due bis delle arie più famose del soprano e del tenore, è partita la stagione lirica con il nuovo allestimento di un caposaldo del teatro musicale italiano: Tosca di Giacomo Puccini, su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, in scena per otto recite fino domani (la prima serata è stata trasmessa in diretta su Radio3 Rai).

Lo spettacolo è firmato per regia, scene e costumi dall’argentino Hugo De Ana, che ha debuttato in Italia proprio al Teatro Comunale nel 1991 con il Mosè di Rossini. A Bologna De Ana ha inoltre curato regia, scene e costumi del Werther di Jules Massenet ancora del 1991 e diretto da Riccardo Chailly, e l’allestimento della Turandot di Puccini in scena nel 1997 con la direzione di Daniele Gatti.
Il regista propone ora un impianto fisso, che cambia ogni atto, con ambienti cupi, grigi e fumosi che, con le luci (curate da Valerio Alfieri), si completa attraverso proiezioni tridimensionali.

Due enormi mani bronzee dominano il palcoscenico per tutta la durata dello spettacolo. Cura dei minimi dettagli tra cui spiccano un crocifisso capovolto, due ante di portoni finemente lavorate e un enorme rosario. Notevole l’idea – durante il Te Deum – di mettere quasi in fondo al palcoscenico il Coro così da dare spazio al corteo sfavillante dei prelati, un simbolismo volto a sottolineare la ricchezza ostentata dalla Chiesa in contrasto con il grigiore del cupo e opprimente potere dell’Ottocento. Stesso plauso alla scelta di far agire la polizia segreta come dei lupi famelici sguinzagliati dal loro capo supremo, il barone Scarpia.

Sul podio è impegnato l’israeliano Daniel Oren, stimato interprete del titolo pucciniano che, come ultimo appuntamento operistico al TCBO aveva diretto nel 1996 Mirella Freni nella Fedora di Giordano poi tornato, lo scorso anno, per un concerto sinfonico a porte chiuse trasmesso in streaming.

Nella replica del 2 febbraio, a cui ci riferiamo, sia all’inizio, che al rientro dalle pause, è sempre stato accolto da calorosi applausi.
Molto bene il Coro diretto dal maestro Gea Garatti Ansini e coadiuvato dal Coro Voci Bianche preparato da Alhambra Superchi.

Protagonista e apprezzata interprete del titolo è il soprano uruguaiano Maria José Siriche che, a Bologna, ha debuttato nel ruolo di Leonora ne Il trovatore nel 2012, tornata poi come Amelia in Un ballo in maschera nel 2015, come Odabella nell’Attila che ha inaugurato la stagione 2016 e come Elisabetta di Valois nel Don Carlo del 2018.

Amore, gelosia e morte vengono tradotti con il suo essere Tosca da manuale arricchito da un registro degli acuti perfetto e un bellissimo fraseggio.
Accanto a lei, nei panni di Mario Cavaradossi, il tenore Roberto Aronica già impegnato in importanti produzioni operistiche al TCBO (sarà protagonista nell’Otello di Verdi in scena a giugno) veramente in stato di grazia con risultati più che ottimi.

La parte del terribile barone Vitellio Scarpia è affidata al baritono Claudio Sgura, di ritorno al Comunale dopo diciassette anni con il ruolo grazie al quale è stato acclamato da pubblico e critica. Già dal suo ingresso ci ha fatto capire che avremmo assistito a una bellissima performance.

Bravi anche gli altri interpreti tanto che, alla fine dello spettacolo, ci sono stati lunghi applausi, molte chiamate sul palcoscenico e standing ovation per tutti gli artisti da parte di un pubblico che sembrava non voler lasciare il teatro.