A Bologna continua il progetto che prevede un ciclo di cinque opere del maestro Richard Wagner – temporaneamente interrotto a causa della pandemia – iniziato nel 2020 con Tristan und Isolde. In molti hanno evidenziato come Lohengrin sia stata la prima opera di Richard Wagner rappresentata in Italia, il 1° novembre del 1871, proprio al Comunale di Bologna, ed stata anche l’ultima di scena in Sala Bibiena prima della chiusura del Teatro per i lavori di riqualificazione con riapertura nel 2026. A seguito del successo di tale prima rappresentazione – anche Giuseppe Verdi assisté a una replica – Wagner fu proclamato nel 1872 cittadino onorario di Bologna.
Opera romantica in tre atti dove il protagonista è ispirato al poema epico medievale Parzival di Wolfram von Eschenbach: Lohengrin, il cavaliere del cigno, è figlio di Parsifal, cavaliere della Tavola rotonda, e custode del Santo Graal. Wagner ebbe l’ispirazione per la sua sesta opera in ordine cronologico nel 1845 in Boemia e la scrisse tra il 1846 e il 1848. La prima avvenne il 28 agosto 1850, fu curata da colui che poi divenne suo suocero: Franz Liszt.
Un nuovo allestimento in prima assoluta firmato da Luigi De Angelis, del collettivo di artisti Fanny & Alexander, mentre drammaturgia e costumi sono di Chiara Lagani, per questa favola, storia e mito intersecate nel dramma dove l’autore costruisce alcuni dei suoi personaggi basandosi su fonti storiche e letterarie o ancora rifacendosi alla mitologia greca. Luigi De Angelis, oltre alla regia, ha curato anche scene, luci e video scegliendo di rafforzare il forte legame tra Bologna e il compositore «portando in scena l’uomo Wagner, demiurgo e testimone di una vicenda collettiva mescolata a quella della fiaba antica».
Lo spettacolo è ambientato in un tribunale dei nostri tempi e intreccia «il piano della realtà recente a quello mitologico del sogno». Secondo De Angelis, che si è ispirato anche al volume intitolato “Il processo in musica nel Lohengrin di Richard Wagner” di Alberto Tedoldi, «Il tema del giudizio è ossessivo in quest’opera. Il primo atto si apre con un vero e proprio processo, che ricalca la ritualità dell’antico processo germanico. E il processo è sempre un labirinto, perché nello spazio del labirinto si conosce l’entrata ma non si conosce mai l’uscita».
Domenica scorsa, ultima delle sei recite previste in un teatro sold out (fuori tante persone speravano che qualcuno rinunciasse al biglietto), è arrivata, in visita privata, la senatrice a vita Liliana Segre salutata con entusiasmo dal pubblico che entrava in teatro.
Il sipario si apre con un Richard Wagner (interpretato da Andrea Argentieri, Premio Ubu 2019 come miglior attore under 35) rannicchiato dietro a delle immagini di foreste boeme proiettate, l’inizio di un viaggio nella mente del compositore che appare sporadicamente e che, nel preludio del terzo atto, da un palchetto del teatro, abbozza anche la direzione.
Si viene poi catapultati in un tribunale dove realtà e sogno si mescolano raccontando la storia in un palcoscenico minimalista; è in questo tribunale dove la storia si dipana che tutto si svolgerà. Sempre luci e proiezioni creano effetti suggestivi e simboli come croci luminose, vestiti fluorescenti, un’enorme spada che dalla parete cala verso terra e un cigno in tutte le sue angolazioni.
La parte musicale è affidata al direttore Asher Fisch – che avevamo ascoltato in Otello – artefice di una bellissima lettura del capolavoro wagneriano, fin dal preludio l’Orchestra suona compatta offrendo momenti musicalmente indimenticabili. Il Direttore, a ogni rientro dopo gli intervalli, è sempre stato accolto da calorosi applausi che, alla fine, si sono trasformati in standing ovation.
In quest’opera il Coro ricopre una parte importantissima e per quello del Teatro, preparato da Gea Garatti Ansini, affiancato da quello del Teatro Accademico Nazionale dell’Opera e del Balletto Ucraini “Taras Shevchenko” diretto da Bogdan Plisch, potremmo spingerci a usare il termine perfezione per definirne l’esecuzione.
Cast delle voci soliste di primissimo livello a partire da Elsa (soprano) interpretata magistralmente da Martina Welschenbach: la sua voce è corposa e il suo timbro sale con facilità nell’acuto e nei registi medi.
La perfida Ortrud (soprano) di Ricarda Merbeth è un personaggio a tutto tondo e Telramund (baritono) di Lucio Gallo non è da meno disegnando con sicurezza un personaggio credibile sia scenicamente che vocalmente.
Heinrich der Vogler (basso) di Albert Dohmen, una voce che fa veramente la differenza per colore, corposità e autorevolezza.
Lohengrin (tenore) interpretato da Vincent Wolfsteiner, nell’impervia parte del cavaliere, porta a casa un buon risultato.
Molto bravi anche gli altri, a fine spettacolo – quattro ore abbondanti di musica che sono veramente volate – il pubblico ha tributato lunghi applausi a tutti gli artisti e soprattutto al Coro straordinario; tante sono state le uscite degli artisti, in attesa dell’appuntamento con la nuova stagione operistica e la terza opera del progetto “Richard Wagner” Der Fliegende Hollander.