Nel 1752 all’Opéra di Parigi, il tempio della tragédie lyrique, va in scena “La serva padrona” di Giovan Battista Pergolesi (già rappresentata del tutto inosservata sei anni prima) e subito ebbero inizio accese discussioni, che divisero l’opinione pubblica, sulla supremazia della musica passate alla storia come querelle des bouffons. Gli intellettuali sostenevano quella italiana per le melodie simbolo di naturalezza. La musica francese, invece, era sostenuta dai tradizionalisti e tutti i musicisti che affermavano la forza dell’impianto drammatico della tragédie lyrique. Facile comprendere come la cosa fu tutt’altro che effimera ifatti, venti anni dopo, nacquero le fazioni dei “gluckisti” e “piccinnisti”, rivalità legata a posizioni ideologiche più che alla reale inimicizia tra Christoph Willibald Gluck e Niccolò Piccinni. In tale contesto, per gli impresari francesi, fu una manna sottoporre a entrambi la storia di “Ifigenia in Tauride” e, seppur da libretti diversi, comunque riferiti a Euripide.

Su libretto in quattro atti di Nicolas-François Guillard, Gluck andò in scena all’Opéra di Parigi il 18 maggio 1779 e, oltre a battere sul tempo Piccinni, con la sua “Iphigénie en Tauride” (ideale prosecuzione della fortunata “Iphigénie en Aulide” precedente di cinque anni) riuscì a creare un’opera fortemente drammatica ed emotiva con una scrittura orchestrale estremamente ricca e le voci, sia solistiche che corali, ben variegate, intime e con spiccati tratti psicologici. Novità assoluta quella della protagonista che, come la lava dal cratere, arriva prepotentemente in  scena scavalcando quasi l’Ouverture orchestrale. Un personaggio riconducibile alla più alta tradizione della tragedia greca (due sono le narrazioni di Euripide basate su di lei). In quella di “Ifigenia in Tauride” ignara della tragedia che si è abbattuta sulla sua famiglia – l’uccisione del padre Agamennone per mano della madre Clitennestra e il matricidio per vendetta da parte del fratello Oreste – si trova nella terra dei barbari Tauri come sacerdotessa e proprio a lei il fratello, fatto prigioniero, viene affidato come vittima sacrificale, ma con il successivo intervento delle divinità.

Nella sola Francia furono oltre centocinquanta le repliche poi, il lavoro di Gluck fu adattato per il teatro tedesco e il successo gli permise di restare in cartellone per tutto il Diciannovesimo secolo, sul finire del quale, il continuo interesse condusse alla revisione in tre atti di Richard Strauss (Iphigenie auf Tauris). Una traduzione in italiano dell’opera fu realizzata anche da Lorenzo da Ponte nel 1783 (Ifigenia in Tauride) di cui, in non più giovanissimi, ricorderanno nell’allestimento al Teatro alla Scala del 1957 diretta da Nino Sanzogno con la regia di Luchino Visconti e con il ruolo della protagonista interpretato da Maria Callas, pietra miliare nella storia dell’opera.

Appuntamento da non perdere per gli amanti delle rarità, è senza dubbio oltralpe, in Svizzera, all’Opernhaus di Zurigo dove è in scena – per nove recite fino al 28 febbraio – Iphigénie en Tauride firmato da Andreas Homoki e dal suo team (Michael Levine, Frank Evin, Beate  Breidenbach), uno spettacolo minimalista che si affida al nero e a squarci di luci sul palcoscenico, il il resto sono personaggi in movimento, rigorosamente in costumi neri, solo Oreste e Pilade sono vestiti di bianco come Diana. Assolutamente vincente la parte musicale partendo dalla direzione affidata al maestro Gianluca Capuano che, fin dall’inizio, ci regala un crescendo di momenti musicali  bellissimi e l’Orchestra La Scintilla lo segue alla perfezione. Un’ora e quarantacinque  minuti di musica senza intervalli, un teatro strapieno dove non vola una mosca e dove al pubblico non viene dato un momento per applaudire tanto che la musica è  sovrana assoluta. Il pubblico, infatti, si scatena alla fine tributando ovazioni a tutti.

Importantissima la parte del Coro e quello dell’Opera di Zurigo è magistrale. Il cast dei cantanti  è quanto di meglio si può avere a partire da Iphigenie, Cecilia Bartoli (mezzosoprano) che disegna scenicamente e vocalmente il personaggio (delle nove recite previste ne farà cinque, le altre quattro saranno sostenute da Brigitte Christensen che in questa è la brava Diana)
Oreste (baritono) di Stephane Degout che debutta a Zurigo, ma non nel ruolo, perfetto in scena e nel canto: solo lui vale il biglietto e, insieme a Pylade, offrono al pubblico momenti unici. Il tenore Federich Antoun ha timbro bellissimo, credibile al debutto nel ruolo. Il basso Jean-Francoise Lapointe anche per lui debutto a Zurigo dove dà a Thoas la sua voce con bellissimo  timbro oltre perfetto nel ruolo. Molto bravi anche gli altri.

Alla fine dell’opera applausi a scena aperta per tutti gli interpreti per uno spettacolo dove tutto ha funzionato alla perfezione donando autentiche emozioni.

Didascalie immagini
alcune scene dell’opera
foto © Monika Rittershaus
courtesy Opernhaus Zürich

 

Iphigénie en Tauride
Tragédie en quatre actes by Christoph Willibald Gluck (1714–1787)
Libretto by Nicolas-François Guillard
after the eponymous tragedy by Claude Guimond de La Touche

Musical director Gianluca Capuano
Producer Andreas Homoki
Ausstattung Michael Levine Lighting
designer Franck Evin
Choir director Janko Kastelic
Dramaturgy Beate Breidenbach

  • Iphigénie Cecilia Bartoli
    Birgitte Christensen (16, 20, 23, 28 Feb)
  • Oreste, Iphigénies Bruder Stéphane Degout
  • Pylade, Orestes Freund Frédéric Antoun
  • Thoas, König von Tauris Jean-François Lapointe
  • Diane Birgitte Christensen (02, 04, 06, 08 Feb)
    Justyna Bluj
  • Femme Grecque Katia Ledoux
  • Die junge Iphigénie Noelia Finocchiaro
    Sophie Kapun (04, 08, 20, 28 Feb)
  • Der junge Oreste Andres Wittmann
    Immanuel Otelli (04, 08, 20, 28 Feb)

Orchestra La Scintilla

Chor der Oper Zürich

Statistenverein am Opernhaus Zürich

(la recensione si riferisce alla replica di sabato 8 febbraio 2020)

Dove e quando

  • Fino al: – 28 February, 2020