Grande emozione, venerdì scorso per la prima di Madama Butterfly. Sul podio il ritorno del genovese Fabio Luisi, direttore onorario del Teatro Carlo Felice che, alla conferenza stampa di presentazione, aveva così indicato gli elementi di maggior rilievo nell’interpretazione dell’opera: «Mentre nella versione primitiva, soprattutto nel primo atto, c’è un’attenzione al milieu sociale, ipocrita e crudele, attorno a Butterfly, nella versione “tradizionale” questo angolo viene smussato, senza però abbandonarlo. Pinkerton rimane un personaggio spregevole, e l’unica umanità che Butterfly incontra nella sua storia è quella vera di Suzuki e quella, anch’essa tutto sommato un po’ ipocrita, di Sharpless. Diciamo che la tragicità di Butterfly la avvertiamo nella sua solitudine e nel suo inappagato e sincero amore per un uomo che non la merita. Puccini non rende sempre la vita facile ai suoi esecutori: il segreto sta nel non trasformare dolcezze in sdolcinamenti e sentimento in sentimentalismi. Il suo linguaggio musicale è sempre sincero, e va ripulito da retaggi kitsch. Una particolare attenzione va data alla scelta dei tempi ed al fraseggio, che devono rimanere al servizio di ritmi teatrali».

Con questa premessa era scontata la curiosità, tra l’altro, ponendo l’asticella molto in alto. In tali circostanze accade – spesso – di restare delusi e, invece, tutti i presenti in un teatro esaurito in ogni ordine di posto, sono rimasti incantati dalla lettura di Luisi per la capacità di restituire il genio pucciniano nel piegare la tecnica a fini drammatici (già sperimentata in Manon Lescaut, ma portata all’estremo in questa sua sesta opera) componendo una musica intrisa di pietà e disincanto, della vana speranza di Cio-Cio-San, del suo gesto estremo. L’attenzione del Maestro Luisi, a ogni minimo particolare, ha reso indimenticabile l’arcata melodica del Coro, quando alla fine del secondo atto, canta a bocca chiusa la ninna nanna per cullarla nell’ultimo momento di illusione.
Un plauso anche al pubblico, che a differenza di tante, troppe città dove interrompe con inopportuni applausi a ogni area famosa, quello del Carlo Felice lo ha tributato, doverosamente, solo al termine di «Un bel dì vedremo».

Madama Butterfly è ispirata all’omonima tragedia del drammaturgo David Belasco, alla quale Giacomo Puccini aveva assistito a Londra nel giugno del 1900. Il soggetto era particolarmente interessante, ma il processo compositivo durò diversi anni con un’approfondita ricerca sulla cultura giapponese per creare – insieme ai librettisti Giuseppe Giacosa e Luigi Illica – personaggi, luoghi e tradizioni. La prima rappresentazione si tenne al Teatro alla Scala il 17 febbraio del 1904, fu un insuccesso nonostante l’attesa e lo spessore dei protagonisti Rosina Storchio – all’apice della carriera – Giovanni Zenatello e Giuseppe De Luca oltre alla direzione di Cleofonte Campanini che aveva preparato l’opera con estrema attenzione. Ancora oggi è difficile capire quali siano state le ragioni, soprattutto considerando che, sin dalla prima ripresa avvenuta qualche mese dopo (28 maggio) a Brescia, venne immediatamente consacrata un capolavoro.

L’allestimento è quello firmato da Alvis Hermanis per la Scala (2016) e molto intelligetemente acquistato dalle maestranze genovesi. Il regista lettone si è ispirato al Kabuki, genere teatrale tradizionale giapponese, incentrato sulla retorica del gesto come espressione del testo. Gestualità e movimento sul palcoscenico diventano così elementi centrali, e rivelano nel profondo la complessa psicologia di ciascun personaggio. Proprio per questo motivo, ampio spazio è dato alla danza come amplificatore della dimensione gestuale. La ricerca attorno al Kabuki è inoltre sostenuta da una particolare attenzione all’uso di riferimenti storici rigorosi, che emergono chiaramente anche grazie all’uso delle luci e dei video proiettati.

Vale la pena ricordare “Alvis Hermanis e Madama Butterfly: il gesto della fragilità” il saggio di Olivier Lexa (riproposto nel libretto di sala su gentile concessione del Teatro milanese) dove sono ben evidenziati alcuni degli elementi scenici creati dal regista: «Come una farfalla, Cio-Cio-San è fragile, vulnerabile. L’universo che la circonda lo è altrettanto. La carta di riso dei pannelli scorrevoli rappresentativi della casa tradizionale giapponese rinforza questa impressione di fragilità e di delicatezza, così come le sete dei kimoni e i loro effetti di movimenti così speciali, che prolungano il ritmo e la coreografia ispirati dal Kabuki. Il minimalismo giapponese è presente dappertutto, testimoniato dal lavoro svolto sulla luce e sull’uso di colori particolarmente teneri e sottili. Questi evocano l’acquerello e sono presenti nelle riproduzioni di grande formato dei ritratti ispirati alle stampe giapponesi tradizionali, così come nei più piccoli dettagli dei costumi».

Bene il cast canoro con, nel ruolo del titolo, Lianna Haroutounian il cui registro acuto penetrante ha ben reso nelle parti tragiche.
Alla fine interminabili gli applausi per tutti e, anche durante l’uscita dal teatro, l’approvazione è stata generale, per molti la migliore rappresentazione di Madama Butterfly mai ascoltata.

Dettagli

Madama Butterfly
Tragedia giapponese in tre atti
musica di Giacomo Puccini
libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa
dalla tragedia di David Belasco

Maestro concertatore e direttore Fabio Luisi

Regia e scene Alvis Hermanis

Orchestra, Coro e Tecnici dell’Opera Carlo Felice Genova

Didascalia immagini

alcuni scatti durante la prima di Madama Butterfly
courtesy Opera Carlo Felice Genova

Dove e quando

Evento:

Indirizzo: Opera Carlo Felice - Passo Eugenio Montale, 4 - Genova
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Fino al: 28 Gennaio, 2024