Esattamente 70 anni fa usciva in Francia La schiuma dei giorni, di Boris Vian, uno dei romanzi più emblematici del Novecento, una storia d’amore leggera come una nuvola, come le zampette dei topi grigi che lo popolano, come le note di Duke Ellington che accompagnano i dialoghi dei suoi personaggi. «L’essenziale, nella vita, è dare giudizi a priori su tutto», dice Vian appresentandosi a raccontare la storia di Colin e Chloé, ed è proprio così che è cominciata la mia storia con questo romanzo, leggendo il suo titolo sullo scaffale di una libreria e decidendo a priori che mi sarebbe piaciuto.
Colin e Chloé vivono in una Parigi magica e psichedelica, affollata da personaggi bizzarri e animali strampalati, dove le abitazioni e le architetture urbane respirano i sentimenti di chi le vive, mutando di conseguenza spazi e colori. S’incontrano per la prima volta a una festa ed è amore a prima vista, destabilizzante, tanto che a Colin pare di avere in bocca delle frittelle bruciate. Le chiede addirittura se per caso è stata arrangiata da Ellington. Sì, perché per Boris Vian solo due cose contano al mondo: l’amore delle ragazze carine, in tutte le sue forme, e la musica di New Orleans. Il resto sarebbe meglio che sparisse, perché il resto è brutto. E per magia, come avviene in una favola, tutto il mondo sbiadisce e sparisce intorno alla grazia di Chloé.
Colin e Chloé si innamorano, si sposano e partono per un viaggio, sono felici. Poi lei si ammala, come nelle più struggenti opere, e di colpo il mondo e Parigi diventano grigi e tetri, le stanze della loro casa rimpiccioliscono, tolgono il fiato. Nel corpo di Chloé c’è una forza opaca, un avversario terribile che non dà scampo. È una ninfea, nascosta nel polmone destro, che giorno dopo giorno – malgrado gli sforzi del dottor Manducamanica – la consuma. Colin vede il volto di Chloé sfiorire e non si dà pace, la manda in montagna, la circonda di fiori profumati e splendidi che sembrano avere un effetto positivo sulla malattia, alleviare la sua sofferenza. Ma le spese ingenti – i fiori sono carissimi! – gettano Colin sul lastrico.
Il tragico epilogo mette fine al loro amore e a un romanzo che vola via pagina dopo pagina, che assomiglia più a una canzone, di Lennon-McCartney, un’ultima traccia del Magical Mistery Tour. Eppure quello che è considerato il capolavoro letterario di Boris Vian non ebbe nel 1947 molto successo. Anzi, per dirla tutta, fu un fiasco, come del resto gli altri suoi romanzi.
Ingegnere, poeta, traduttore e musicista, Boris Vian tentò in tutti i modi di dare forma alle sue doti, che però non furono mai apprezzate del grande pubblico dell’epoca, malgrado l’appoggio di molti intellettuali, come Raymond Queneau che lo aiutò a pubblicare i suoi scritti e Jean-Paul Sarte che lo fece collaborare a Les Temps Modernes.
Poi, all’improvviso, arriva la notorietà. Nel 1946 l’Editore Le Scorpion sta cercando dei romanzi americani noir, storie torbide e scandalose che vanno tanto di moda a Parigi, e Boris Vian si propone di scriverne uno sotto lo pseudonimo di tale Vernon Sullivan – presentato come uno scrittore nero censurato in America – e lo fa in soli 15 giorni. Nasce Sputerò sulle vostre tombe, un libro scandalo, crudo, pieno di violenza e sesso, che ha un successo istantaneo. È la storia di un nero dalla pelle bianca che per vendicarsi della morte del fratello decide di arrivare in una tranquilla cittadina di provincia americana, insinuarsi in una famiglia borghese e ucciderne le figlie. Il romanzo, presentato come una traduzione effettata dallo stesso Vian, vende migliaia di copie ma poi interviene la censura e ne seguono una denuncia e un processo. Il libro viene vietato e Boris Vian è costretto a confessare di esserne l’autore – è lo stesso periodo in cui Henry Miller viene censurato in Francia.
Boris Vian muore a soli 39 anni, mentre assiste alla prima del film tratto da Sputerò sulle vostre tombe. Noël Arnaud, autore de Les vies paralleles de Boris Vian, ce lo descrive furioso per il pessimo lavoro del regista, silenzioso sulla sua poltrona. Finché si accendono le luci e Vian muore stroncato da una sincope, proprio sui titoli di coda. Anche La schiuma dei giorni è arrivata sul grande schermo, con ben tre trasposizioni: nel 1968 per la regia di Charles Belmont – e del resto questo romanzo viene proprio riscoperto negli anni della psichedelia – nel 1981 per la regia di Go Riju e infine nel 2012 per la regia di Michel Gondry, noto al pubblico soprattutto per l’Oscar 2005 per la migliore sceneggiatura originale di Se mi lasci ti cancello. Un romanzo che a 70 di distanza continua così a vivere nella mente e nei cuori di chi l’ha letto, una storia leggera, struggente e soprattutto vera – come ci dice lo stesso Vian – perché questa storia “io me la sono inventata da capo a piedi”.
Dettagli
Titolo: La schiuma dei giorni
Autore: Boris Vian
Titolo originale: L’écume des jours
Traduzione: Gianni Turchetta
Editore: Marcos y Marcos
Collana: Tredici
Nuova edizione: 2005
Pagine: 268
Alcune copertine francesi de La schiuma dei giorni (fonte) Boris Vian (fonte) La copertina dell’edizione italiana del libro. Boris Vian insieme a Juliette Gréco (fonte)