Le tele di Vincent sono ovunque, anche sotto il letto, al quarto piano del numero 8 di Cité Pigalle, a Montmartre. Raccontano di girasoli, voli di corvi, alberi da frutta, di cieli macchiati sopra Arles. Raccontano di sole e spighe di grano, che si piegano alle carezze del vento, sotto grumi di colore, la fatica dei contadini. Raccontano di luce, anche quando il sole lascia il posto alle stelle.
A questo pensa Johanna Van Gogh-Bonger, una donna sola. E pensa a Vincent, suo cognato, l’autore dei quadri, al quale comunque non è mai stata molto legata. Dicono che si sentisse solo, che era mezzo matto, per questo si è suicidato.
E poi Johanna pensa a Theo, suo marito, l’uomo che amava profondamente. Ma Theo prima di tutto – Camilo sanchez la vedova van gogh copertinaprima di essere suo marito e prima di essere il padre del loro bambino – era il fratello di Vincent. No, anzi, il suo unico amico e confidente. Theo e Vincent erano un’unica persona, il loro rapporto era per entrambi un’ossessione, lei lo sapeva; un legame che si nutriva di protezione e sensi di colpa, riavvicinamenti e litigi, tanto che quando Vincent venne a sapere del loro matrimonio si tagliò un orecchio. Forse no, sono solo dicerie. Poi Vincent è morto, si è suicidato. E Theo si è ammalato, si è lasciato andare. Un giorno suo marito è tornato a casa con quella triste notizia, ha attraversato la soglia della porta, ma è come se non lo avesse mai fatto. È come se Theo fosse rimasto lì, ripiegato sul corpo senza vita di Vincent che si era sparato un colpo di rivoltella al petto, ed è morto dopo lunghe ore d’agonia, in una calda giornata di luglio.
Johanna lo sapeva, gliel’aveva letto sulla faccia, ancor prima che Theo cominciasse a deperire, quando lo imboccava perché lui era ormai incapace di nutrirsi da solo; e adesso può anche scriverlo. «Il vero amore della vita di Theo è stato Van Gogh. Né io né mio figlio siamo riusciti a cambiare il suo destino». E lo chiama proprio così, Van Gogh, perché «Vincent è solo mio figlio. L’altro, il morto, quello dei blu cobalto dei campi di grano maturo e dei girasoli contro il mondo, lo chiamerò Van Gogh».
La verità è che Theo non poteva vivere senza il fratello e così si è lasciato morire. A questo pensa Johanna, mentre l’alba sveglia Parigi. Una città sfavillante, dove c’è posto per tutti gli artisti, ma non per le tele di Vincent.
Johanna si guarda intorno. Non le è rimasto niente, se non quel bambino di pochi mesi che si chiama come suo zio. E poi ci sono loro, i quadri. E così decide che è il momento di ricominciare, di andarsene, portandosi via quello che più le sta a cuore. Il piccolo Vincent e le tele, insieme alle lettere conservate nel bauletto di rovere. Perché Johanna non è solo coraggiosa e determinata a ricominciare la propria vita da un’altra parte, senza il marito e lontana dalla propria famiglia; lei crede in quelle tele, in quei disegni, in quei carbonici snobbati dai critici. E vuole dar loro vita, quella che non ha più il loro creatore.
Questa è La vedova Van Gogh, una storia nata quasi per caso dalla penna del poeta e giornalista argentino Camilo Sánchez. Guardando un documentario della BBC sull’artista – uno dei tanti, potremmo aggiungere – Sánchez viene attratto dalla figura appena accennata di Johanna Van Gogh-Bonger, sua cognata, nonché la persona che ha conservato i quadri e le sue lettere. Chi era costei? Le ricerche successive hanno aperto a Sánchez una realtà sconosciuta ai più, che ha poi raccontato in questo libro uscito in Italia per Marcos y Marcos.
Camilo sanchez
La vedova Van Gogh è un romanzo e insieme una cronaca degli eventi ben documentata, che regala al lettore un’angolatura inedita per raccontare l’opera di uno degli artisti più famosi e copiati. C’è il racconto dei fatti, poi ci sono le parole di Johanna e i suoi sentimenti, le paure e le speranze, e ci sono anche le lettere – reali – che Vincent Van Gogh ha scritto al fratello. Ci sono anche le utili note finali di Francesca Conte, che ha curato la traduzione, e naturalmente ci sono loro, i quadri.
Il pregio di questo romanzo è sicuramente quello di aver dato un volto a una delle tante ombre che popolano la storia dell’arte, che sia pittorica, musicale o letteraria. Personaggi semisconosciuti che con forza e determinazione hanno contribuito o addirittura reso immortale opere che, in caso contrario, sarebbero scomparse o andate distrutte.
È sicuramente questo aspetto a rapire la nostra immaginazione. Immaginarci una donna che, rimasta sola, ha lasciato una grande città per tornare in Olanda, nel piccolo paese di Bossum, poco distante da Amsterdam, e aprire una piccola locanda dove poter lavorare e crescere il proprio figlio. Ed è lì, in quella locanda di campagna, che Johanna si fa spedire le tele di Van Gogh salvandole dall’oblio e tappezzandone le stanze, i soffitti. Di notte poi s’immerge nelle lettere del cognato, anch’esse portate via da Parigi. Finché, dopo tanti rifiuti, riesce a vendere la prima tela, a un cliente argentino, e poi riesce a organizzare una prima mostra, all’Aia. Poi vengono altri incontri, altre mostre, e infine l’immortalità. Ma questa è un’altra storia

Dettagli

Titolo: La vedova Van Gogh
Autore: Camilo Sánchez
Titolo originale: La viuda de los Van Gogh
Traduzione: Francesca Conte
Editore: Marcos y Marcos
Collana: Gli alianti
Anno edizione: 2016
Pagine: 192

Vincent Van Gogh, Campo di grano con volo di corvi, olio su tela, 1890, Van Gogh Museum, Amsterdam (fonte) Camilo Sánchez, La vedova Van Gogh Camilo Sánchez (fonte)