Sono trascorsi settant’anni dalla prima pubblicazione del Diario di Anna Frank e settantatré da quando quella ragazza entrò nel campo di concentramento di Aushwitz, dopo un viaggio in treno di tre giorni, e da dove fu poi trasferita a Bergen-Belsen, un altro campo di prigionia in cui trovò la morte per tifo insieme alla sorella Margot: era il febbraio o il marzo del 1945, e nell’aprile successivo, poco più di un mese dopo, l’esercito britannico avrebbe liberato il campo. Anna aveva sedici anni.
Per ricordare – perché il sapiens sapiens soffre sempre più di una misteriosa patologia che rende la memoria a lungo termine deficitaria – è appena uscito in 50 paesi il graphic diary, la versione a fumetti del Diario, già presentato in anteprima mondiale alla Maison de la Poésie di Parigi, il 7 settembre scorso, dagli autori: l’illustratore israeliano David Polonsky e Ari Folman – già noto al grande pubblico per Valzer con Bashir, un film d’animazione sui conflitti dei primi anni Ottanta in Libano – che invece ha curato lo script. È un progetto che nasce da lontano, fortemente voluto e sostenuto dalla fondazione creata dallo stesso padre di Anna, Otto Frank, a Basilea, la Anne Frank Fonds, che fu l’unico superstite delle persone nascoste insieme ad Anna, nell’alloggio segreto al 263 di Prinsengracht, ad Amsterdam, a sopravvivere alla prigionia nazista.
Della storia di Anna e del suo diario – la sua amica immaginaria Kitty, cui decise di raccontare segreti e speranze – si è detto e scritto tanto; così come lunga e travagliata è stata la storia editoriale di questo libro tradotto in 60 lingue ed entrato a far parte, nel 2009, dell’Elenco delle Memorie del Mondo dell’Unesco. Tanti ragazzi e tante ragazze della stessa età di Anna – compreso chi scrive – hanno letto il suo Diario sui banchi di scuola, hanno pianto e riso leggendo le sue parole, hanno sospirato davanti alla sua voglia di vivere e sono rimasti immobili, con il libro in mano, leggendo l’ultima pagina – datata 1° agosto 1944. Un’ultima pagina che non reca la scritta ‘fine’, perché da lì è cominciato il suo viaggio verso la morte.
Però gli anni passano, come le generazioni, e sugli eventi si posa la patina giallognola della storia. Questo salva gli eventi dall’oblio, è vero, ma li rende più lontani. Ed è quello che sta avvenendo alla Shoah, così come agli altri eventi della Seconda guerra mondiale; ma è anche il timore di Ari Folman che, dopo molte titubanze, ha alla fine accettato di partecipare al progetto. Folman, sceneggiatore e regista nato da due genitori sopravvissuti al campo di concentramento di Auschwitz, per destare nuovo interesse per la storia di Anna nelle nuove generazioni – più abituate al linguaggio delle immagini che alle letture giovanili – ha reputato che un graphic novel potesse diventare uno strumento importante. E forse, pensandoci bene, sono sicuro che anche Anna sarebbe stata felice di questa scelta.
Ah, dimenticavo, il mio vecchio libro, il mio Diario, è sempre lì. E quest’anno lo farò leggere a mia figlia, la mia Anna, di dodici anni.
DettagliDidascalie immagini
- Ari Folman
- La copertina del libro
- Anna Frank
IN COPERTINA
Particolare della copertina del libro e un’immagine di Anna Frank
Titolo: Anne Frank – Diario
Autore: Ari Folman, David Polonsky
Editore: Einaudi
Titolo originale: Anne Frank
Traduttori: Laura Pignatti, Elisabetta Spediacci
Collana: Super ET
Anno edizione: 2017
Pagine: 160