I più famosi sono senz’altro quelli di Charles Dickens, i Christmas Books pubblicati tra il 1843 e il 1858, di cui fa parte il celebre A Christmas Carol, animato dalle strepitose figure di Scrooge e del fantasma di Marley, conosciuto anche grazie alle numerose riduzioni cinematografiche.

Ma sono molti i “grandi” che si sono cimentati nel classico racconto di Natale, o meglio che sono caduti nella tentazione di scriverne uno, non ultimo Fëdor Dostoevskij con gli strazianti Il bambino con la manina e Il bambino sull’albero di Natale di Gesù, nel quale il piccolo infelice di turno viene addirittura ritrovato assiderato dietro una catasta di legna niente meno che insieme alla sua mamma, insomma un quadretto perfetto – ok, adesso sto facendo il cinico, ma li sconsiglio a chi è di lacrima facile…

Tanto che lo stesso Dostoevskij, capace di sondare come nessuno l’animo degli uomini, si chiede «perché mai avrò scritto una storia come questa, così poco adatta a un normale ragionevole diario, e ancor meno a quello di uno scrittore? E dire che avevo promesso di scrivere racconti su fatti realmente accaduti!».
Forse è la stessa domanda che si pongono tutti gli scrittori cimentandosi in questa avventura, compreso Paul Auster, con il suo Racconto di Natale di Auggie Wren, uscito per la prima volta sull’edizione natalizia del New York Times.

Il fatto è che a Natale, caro Fëdor, si può essere così, è permesso, per una volta all’anno nessuno si scandalizza – da molto tempo volevo dire “caro Fëdor” a chi da ragazzo mi ha costretto a innumerevoli notti insonni per leggere i suoi romanzi, e ora l’ho potuto fare, ma è Natale, abbiamo detto, si può!
Quest’anno però vogliamo ricordare il canto di Natale di un grande scrittore italiano, Dino Buzzati, che è stato compreso nei suoi Sessanta racconti. È notte – certo, quasi tutti i racconti sul Natale cominciano così – è la notte della vigilia, e lo zelante don Valentino è occupato negli ultimi preparativi: l’arcivescovo pregherà nella grande cattedrale e non dovrà sentirsi solo! Tutti nella santa notte hanno una consolazione, il bimbo un giocattolo, la mamma la vista dei figli, il malato una nuova speranza, lo scapolo un compagno e il carcerato la voce della cella vicina. E l’arcivescovo? Lui stasera avrà Dio, che con la sua presenza ha riempito il tempio, è dilagato nelle navate, nei confessionali, intorno all’altare. Insomma, c’è così tanto Dio quella sera dentro la chiesa che don Valentino fa fatica a chiudere le porte!

D’un tratto bussano alla porta. È un poverello vestito di cenci che, estasiato da quella visione, attirato dal profumo, chiede a don Valentino un po’ di Dio per sé. Del resto, là dentro ce n’è così tanto! Ma don Valentino è irremovibile, niente da fare, Dio quella sera serve all’arcivescovo. È proprio in quell’istante, davanti al suo rifiuto di condivisione, che Dio scompare, fugge via, esce per le strade e lascia la grande cattedrale spoglia e fredda. Da quel momento comincia la ricerca del povero don Valentino, tra case, piazze, campi, alla ricerca di un po’ di Dio da riportare in chiesa per l’arcivescovo.
Sono dolci e commoventi le parole di Buzzati, come sempre, ci rubano un sospiro e ci fanno sorridere. E così corre don Valentino – è costretto a farlo ogni vigilia di Natale – e se ne va via in punta di piedi, sulle strade acciottolate, scomparendo nella nebbia e nel freddo, quasi non ha tempo per parlare, né può permettersi in quell’occasione di avere rimorsi, di avere paura – ci vengono in mente proprio le parole di Buzzati che, poco prima di andarsene, ebbe a dire: «È tutta la vita che scrivo della morte e non posso permettermi di averne paura». Ma anche quest’anno ci chiediamo: ce la farà ancora don Valentino a trovare un po’ di Dio?

Dettagli

Didascalie immagini
1. Charles Dickens. (fonte
2. Fëdor Dostoevskij (fonte
3. Paul Auster (fonte
4. Dino Buzzati (fonte

IN COPERTINA:
Dino Buzzati (fonte) e una vecchia cartolina natalizia (fonte)