Dopo quattrocento giorni di chiusura, in una veste completamente rinnovata, torna oggi fruibile ai visitatori il Complesso di Orsanmichele, monumento unico e straordinario in cui si suggellano funzioni civili e religiose. Tale riallestimento – del museo e della chiesa – sono stati possibili per il finanziamento del Ministero della Cultura all’interno del Piano Strategico Grandi Progetti Beni Culturali relativo alle annualità 2017-2018.
Quella del Complesso di Orsanmichele è senza dubbio una storia singolare, infatti, nel Nono secolo, in tale area si trovava un oratorio dedicato a San Michele circondato da un giardino (da cui il nome San Michele in Orto o Orsanmichele). Dopo essere stato a lungo un convento benedettino, all’inizio del Duecento divenne la sede cittadina del Mercato del grano e, nel 1284, Arnolfo di Cambio vi costruì una grande loggia adibita al commercio arricchendosi di importanza nel 1290 quando, al suo interno, viene affrescata un’immagine della Madonna.
La cosiddetta “Vergine del Grano” si rivela foriera di miracoli e presto si costituisce una confraternita che ne diffonde il culto. Da quel momento inizia la doppia vita di Orsanmichele: luogo di commercio e di preghiera.
A causa di un incendio, all’inizio del 1300, la struttura viene restaurata e ripensata, ma sempre tenendo conto della doppia funzione. Nel 1337 prende il via il nuovo cantiere di quella meravigliosa struttura che ancora oggi possiamo ammirare e, una delle caratteristiche che ha reso immortale la bellezza di Orsanmichele, è la presenza delle quattordici nicchie sulle sue facciate, ciascuna “abitata” dalla statua di uno o più santi. Tali nicchie, volute dalle Arti fiorentine, si popolano negli anni di capolavori firmati da più importanti artisti del Quattrocento fiorentino, un ciclo di opere che, da solo, racconta un passaggio epocale nella storia dell’arte: dalla scultura tardo gotica a quella rinascimentale.
All’interno della chiesa, un altro grande artista, Andrea di Cione detto l’Orcagna, dà vita a un maestoso tabernacolo. Un’architettura imponente che, come uno scrigno prezioso, racchiude la Madonna delle Grazie dipinta da Bernardo Daddi.
Nel Quindicesimo secolo Orsanmichele assume la sua struttura e resta nodale anche per la Signoria Medicea.
Nel 1569 Cosimo I trasforma i piani superiori in un archivio ed è in questa occasione che Bernardo Buontalenti progetta l’arco esterno munito di scala, per l’ingresso diretto all’archivio: struttura che dà al monumento la sua forma definitiva.
Con il trascorrere dei secoli Orsanmichele vede scorrere sotto la sua facciata la storia della città: dalla Signoria al Granducato, fino alla Repubblica italiana, passando per gli anni duri del fascismo e della guerra quando si temono i bombardamenti e le statue vengono spostate dalle nicchie in un luogo sicuro. Nel frattempo, il salone al primo piano è divenuto la sede dove dare pubblica lettura della Divina Commedia, a cura della Società Dantesca Italiana. In occasione del settimo centenario dalla nascita del Sommo Poeta, arriva il momento di nuovi e strutturali lavori che prevedono, tra le altre cose, la costruzione di una moderna scala di collegamento tra il primo e il secondo piano. Tale secondo piano è parte del percorso museale ospitando, da decenni, le statuine che un tempo ornavano la sommità delle colonne delle trifore esterne oltre a regalare un’imperdibile vista su Firenze.
Negli anni ottanta, per i rischi derivanti dall’inquinamento, le grandi statue vengono tolte dalle nicchie, restaurate, sostituite da copie e trasferite al primo piano del palazzo nella grande sala espositiva che, allestita secondo il progetto di Paola Grifoni, diviene il museo delle sculture di Orsanmichele, aperto al pubblico per la prima volta nel 1996.
Nel 2005 la chiesa e il museo vengono affidati per decreto ministeriale alla gestione della Soprintendenza per il Polo Museale Fiorentino. Dal 2015, a seguito della riforma dei musei autonomi, il Complesso di Orsanmichele fa parte dei Musei del Bargello.
Nel nuovo allestimento, tornano a interagire con il pubblico, come quando si trovavano nelle nicchie esterne e incrociavano lo sguardo dei passanti per le strade circostanti Orsanmichele, le tredici statue originali esposte nel Museo, opera di grandi scultori del Rinascimento fiorentino, ovvero, Lorenzo Ghiberti (San Giovanni Battista, Santo Stefano e San Matteo), Donatello (San Marco e San Pietro), Nanni di Banco (Sant’Eligio, San Filippo, Quattro Santi Coronati), Andrea del Verrocchio (Incredulità di San Tommaso), Baccio da Montelupo (San Giovanni Evangelista), Giambologna (San Luca), accanto a quelle trecentesche scolpite da Piero di Giovanni Tedesco (Madonna della Rosa) e Niccolò di Pietro Lamberti (San Giacomo Maggiore).
Tale progetto, commissionato dai Musei del Bargello, nasce dall’esigenza di ripensare il rapporto statua-spettatore secondo il punto di vista di antichi maestri, Donatello in primis, che nell’ideazione delle statue tenevano in conto la collocazione finale, in questo caso la serie di nicchie sopraelevate a due metri di altezza dal suolo, per cui le opere hanno appositi accorgimenti prospettici. In quest’ottica il riposizionamento delle tredici statue monumentali – per cui si sono rese necessarie complesse operazioni di movimentazione – ha tenuto conto dell’originaria disposizione nel ridisegnare le antiche geometrie delle opere centrate sui moderni fondali, e ripristinare le relazioni spaziali un tempo esistenti tra le figure dei gruppi scultorei come i Quattro Santi Coronati di Nanni di Banco o l’Incredulità del Verrocchio.
Particolarmente suggestive sono le statue posizionate in diagonale sugli angoli delle pedane, come il San Luca del Giambologna o il San Matteo di Ghiberti, che sembrano affacciarsi oltre il profilo degli schienali, guardando lo spettatore, e sporgendo le possenti braccia nell’atto di sorreggere i libri. A una differente altezza riacquistano solennità anche le statue più rigidamente frontali, come il San Giacomo maggiore di Niccolò Lamberti o il Santo Stefano di Ghiberti, il cui sguardo apparentemente spento si rianima se proiettato in lontananza. E si tornano ad apprezzare anche particolari rimasti a lungo in ombra come i bellissimi calzari ai piedi del gruppo verrocchiesco dell’Incredulità di San Tommaso.
Durante la conferenza stampa di ieri, Paola D’Agostino, direttrice uscente dei Musei del Bargello, ha annunciato che la direzione ad interim dei Musei del Bargello è stata assunta da Massimo Osanna, Direttore Generale Musei del MIC.