Nato a Viareggio nel 1882, Lorenzo Viani trascorse gli anni dell’infanzia presso la Villa Reale dei Borbone, dove suo padre era impiegato, quotidianamente immerso nella cupa e rigida atmosfera formale di una Corte borbonica; dopo aver frequentato la scuola elementare solo fino alla terza classe, per l’assoluta insofferenza verso ogni forma di disciplina – una costante della sua movimentata esistenza – all’età di undici anni Lorenzo venne messo a lavorare nella bottega del barbiere Fortunato Primo Puccini, dove ebbe modo di incontrare intellettuali e artisti come Leonida Bissolati, Andrea Costa, Giacomo Puccini, Gabriele D’Annunzio. In questi anni Viani compie la sua formazione politica avvicinandosi all’ambiente anarchico, che trova particolarmente congeniale alla sua personalità focosa e irruenta; frequenta intanto il mondo di emarginati e disadattati che trascinano un’esistenza misera nelle zone più povere di Viareggio attorno alla Darsena: vagabondi, ricercati, liberi pensatori tenuti d’occhio dalle autorità costituite; in sostanza, quelli che Viani definirà “I Vàgeri”, termine con il quale designava personaggi dalla vita sregolata e miserevole, e che utilizzò spesso riferendosi a sé e ai suoi amici, fino a intitolare il suo libro di racconti brevi I Vàgeri, gente d’onore e di rispetto.
Alla fine del secolo, il giovane Viani conosce il pittore Plinio Nomellini, e questo incontro segna un momento decisivo per la sua carriera d’artista e la nascita di un’amicizia destinata a durare tutta la vita: per interessamento di Nomellini, si iscrive all’Istituto d’Arte Passaglia di Lucca, dove frequenta tre anni di lezioni, spesso interrotte dagli arresti per la sua attività di anarchico, che si susseguono numerosi; Nomellini lo presenta a Giovanni Fattori, che definisce i disegni di Viani “pieni di errori, ma di buoni errori” e lo ammette ai corsi che tiene alla Libera Scuola di Nudo presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze.
Viani si trasferisce poi a Torre del Lago, dove prende in affitto uno stanzone cadente nei pressi della villa di Giacomo Puccini: il maestro si ferma spesso nello studio del pittore e ironizza sui soggetti dei suoi disegni e dipinti; scriverà più tardi Viani descrivendo questo fatiscente studio: “Sulle squallide pareti c’era soltanto una fotografia, quella del Maestro, con la dedica: ‘Al Viani delle bestie. Giacomo Puccini’. Allora non disegnavo altro che bestie. Gli uomini vennero dopo”. Nel 1907 l’artista espone alla Biennale di Venezia alcuni disegni, che iniziano a farlo conoscere come il pittore dei poveri e disadattati: scrisse in questa occasione un critico che le “anime timorate” avrebbero pensato “con un brivido… a quei disegni appesi alle pareti delle loro sale da pranzo… Perché chi avrebbe più potuto digerire?”. Poco dopo Viani si trasferisce a Parigi, dove rimane per quasi un anno – un soggiorno atteso e desiderato, durante il quale è però costretto ad affrontare notevoli difficoltà economiche, finendo col trovare asilo presso il dormitorio pubblico della Ruche.
Folgorante l’incontro con la pittura di Van Gogh, protagonista di una mostra monografica che si tiene agli inizi del 1908, mentre tratteggia con acuta ironia la figura di Pablo Picasso, incrociato nella bottega di un mercante d’arte: “giovane nero, cappello a torero, il quale, vanerello di se stesso, ammirava in una parete dei dipinti che seppi poi esser suoi, ed egli chiamasi Picasso”. L’ambiente artistico parigino appare a Viani pieno di stimoli e di personaggi interessanti, e i soggiorni nella capitale francese si ripeteranno più volte negli anni successivi. L’esperienza della Ruche e il mondo che vi ruotava attorno sono il tema del volume Parigi, testimonianza romanzata del suo soggiorno nella capitale francese che Viani pubblica quasi venti anni più tardi, e forniscono la fonte d’ispirazione per il dipinto Cortile del dormitorio. Gli anni Dieci rappresentano un periodo di intenso lavoro come pittore e illustratore per Viani, che tiene numerose mostre personali e partecipa attivamente alle iniziative degli anarco-socialisti versiliesi contro la conquista della Libia, finendo ancora una volta in carcere. Ma mentre la guerra coloniale gli appariva come un intollerabile sopruso, lo scoppio della prima guerra mondiale trova in lui un convinto interventista; questa sua posizione lo porta ad avvicinarsi all’ambiente futurista e a stabilire rapporti con Giovanni Papini, Giuseppe Ungaretti e Ottone Rosai.
Richiamato, partecipa alla guerra, continuando a lavorare incessantemente appena possibile. Appartiene a questo periodo l’opera che forse rappresenta il suo capolavoro, La benedizione dei morti del mare, dipinta riutilizzando una tela da vela macchiata di catrame. Il soggetto è una cerimonia che si teneva nei luoghi di tradizione marinara il giorno dei morti, e che Viani descriverà più tardi: “Anche il mare, cimitero sterminato, è stato benedetto stamani all’alba. Le famiglie dei dispersi del mare, massimamente le donne, la mattina consacrata alla festa dei morti si raccolgono intorno alla chiesetta … Le vecchie donne dei pescatori aspettano da tante ore sui poggi aspri di pagliole recitando il rosario: nere sul fondo del mare cinereo sembrano vecchie polene spalmate di pece, relitti di un grande naufragio”. Protagonisti della Benedizione sono il dolore e la memoria; i volti dei personaggi appaiono come maschere tragiche, raffigurate con tratti netti e spezzati; la vita e la vicenda umana dei più deboli sono trasferite sulla tela con forti impressioni cromatiche e con una pennellata decisa e veloce, raggiungendo un’intensa espressività, elementi che ritroviamo nella Moglie del marinaio e nei Vecchi pescatori, dove la caratterizzazione individuale dei personaggi avviene attraverso uno stile pittorico nettamente espressionista.
Non mancano in molte opere i toni dissacratori e quasi caricaturali, come nello Sposalizio, rappresentazione grottesca del gruppo familiare in posa per la foto ufficiale: “la sposa tutta candore e capelli biondi, lo sposo tutto sparato e rigidezza, e i parenti ritti impalati di qua e di là, come un’infilzata di tordi su un invisibile spiedo”, secondo la descrizione di un critico dell’epoca. Viani alterna alla pittura l’attività di scrittore: negli anni Venti inizia una collaborazione regolare al Corriere della Sera e pubblica racconti e romanzi.
Il grande dipinto Georgica (o Le opere del mare, del cielo e della terra), esposto alla Biennale di Venezia del 1930, e dedicato alla Versilia che il diffondersi del turismo balneare stava facendo scomparire, appare come un ricordo dei tempi in cui lungo la grande spiaggia di sabbia si muovevano carri tirati da buoi e i pescatori approdavano con le loro barche. La nostalgia per un mondo duro, difficile, ma anche ricco di umanità e partecipazione pervade tutta la scena, dipinta in un momento in cui Viani ha ormai raggiunto il successo e la notorietà e le sue esposizioni attirano un pubblico colto ed internazionale: nello stesso anno pubblica il romanzo autobiografico Ritorno alla patria, con il quale vince il Premio Viareggio. Nel 1933, a causa dell’aggravarsi dell’asma che lo tormenta da qualche anno, Viani si ritira a Nozzano in provincia di Lucca, dove visita frequentemente il vicino manicomio di Maggiano, disegnando e dipingendo i malati di mente, per i quali prova lo stesso interesse che aveva verso i derelitti di Viareggio – personaggi al limite, che la malattia pone al di fuori di ogni contesto sociale e addirittura umano, dimenticati e indifesi, e proprio per questo meritevoli di maggiore attenzione. “Se la pazzia fosse un dolore in ogni casa s’udrebbe un urlo” è la frase posta da Viani sull’invito alla grande mostra personale tenuta a Viareggio nel 1934; in questo anno, lo spirito anarchico che non l’aveva mai abbandonato torna a manifestarsi con scandalo, e suscita l’irritazione delle autorità fasciste che gli rifiutano la nomina ad Accademico d’Italia, sua grande aspirazione.
Agli inizi del 1936 lavora intensamente ai pannelli Lavoratori del marmo in Versilia e Lavoratori del porto e partenza del marinaio, destinati alla nuova stazione ferroviaria di Viareggio, e ora presso la Galleria di Arte Moderna e Contemporanea della stessa città; ne resta testimonianza in una lettera inviata a Plinio Nomellini: “Dopo un anno e più che non toccavo i colori in 19 giorni mi sono intrippato otto metri per due di tela: cave, buoi, cavatori, portatrici di pane, trabaccolari, marinai, donne di Darsena, e ragazzi e la Darsena tutto al vero, a grandezza del vero”. Le tempere murali per il Collegio “IV Novembre” di Ostia, appena costruito per gli orfani dei marinai – Rievocazioni Marinare e Una Poesia – sono l’ultima fatica di Viani, che nell’autunno del ‘36 vi lavora senza sosta per venti giorni, realizzando qui una sintesi conclusiva della sua poetica; non riesce però a partecipare all’inaugurazione del Collegio, colpito da un violento attacco d’asma muore il 2 Novembre.
Quello che fa di Viani un grande maestro troppo spesso dimenticato, è la capacità di far coesistere nelle sue opere intensa drammaticità, lirismo e poesia. La povertà di mezzi artistici è una scelta, la pittura scarna ed essenziale nasce da un’istintiva immediatezza nel cogliere le forme della vita degli umili, della fame, della solitudine, della lotta con la campagna o con il mare e del dolore; è una pittura quasi violenta, che si esprime in un linguaggio figurativo sintetico e del tutto originale, al di fuori di ogni corrente e manifesto ideologico, ma allo stesso tempo consapevole dei grandi movimenti artistici che animarono l’Europa del Novecento. Aveva scritto: “se la fatalità non mi avesse gettato sul marciapiede a contatto con forme di vita per me sconosciute…, io non sarei stato artista, no con certezza”.
Didascalie immagini
- Copertina del libro di Lorenzo Viani I Vàgeri. Gente d’onore e di rispetto (1926), con un’illustrazione dell’autore
- Lorenzo Viani,Vecchi pescatori – Collezione privata
(fonte) - Lorenzo Viani, Il cortile del dormitorio – Pieve di Cento, Collezione Bargellini
(fonte) - Lorenzo Viani, La benedizione dei morti del mare – Viareggio, GAMC
(fonte) - Lorenzo Viani, La tempesta – Faenza, Pinacoteca Comunale
(fonte) - Lorenzo Viani, Georgica (Le opere del mare, del cielo e della terra) – Venezia, Fondazione Musei Civici di Venezia, Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro
(© Fondazione Musei Civici di Venezia, Archivio Fotografico) - Viani davanti alla grande tela (cm 187 x 397) Lavoratori del marmo in Versilia, destinata alla nuova stazione ferroviaria di Viareggio
(fonte) - Lorenzo Viani, Il Volto Santo – Viareggio, GAMC – Ricordo di un bambino annegato in un canale
(fonte)
in pima pagina:
Lorenzo Viani, La benedizione dei morti del mare
(particolare)
Viareggio, GAMC
(fonte)