A discapito del nome, Le Fantasie di Mario Mafai raccontano di massacri e orrori, di denunce a squarciagola contro le barbarie del regime nazifascista. Piccole tavolette, realizzate tra il 1939 e il 1944 con colori stridenti e allucinati e uno stile di matrice espressionista, che danno voce alla priorità dell’artista di descrivere le tristezze e le infamie delle leggi razziali e della guerra.
In attesa di trovare la loro sede permanente a Palazzo Citterio, futura Brera Moderna, il ciclo Le Fantasie composto da ventidue piccoli quadri è oggi esposto nella sala 18 della Pinacoteca milanese, secondo un progetto curato da Alessandra Quarto e Marco Carminati che dal 29 marzo sarà accompagnato anche da un documentario su Brera Plus+.

Giunte solo recentemente a Brera, le tavolette sono state donate nel 2018 dall’ingegnere Aldo Bassetti presidente degli Amici di Brera dal 2007 al 2020. In queste opere egli ha ritrovato l’espressione di un momento doloroso che lo colpì quando, appena quattordicenne, fu chiamato a riconoscere il cadavere dello zio vittima della strage dell’Hotel Meina sul Lago Maggiore. Fu qui che tra il 22 e il 23 settembre 1943 sedici ebrei persero la vita in seguito ad una retata delle SS che, dopo averli rinchiusi nell’Hotel, li uccisero barbaramente per poi gettarne i corpi bruciati con il lanciafiamme nel lago.

Un intento, quello della denuncia e del ricordo raccontato da Bassetti: “Il mio acquisto e il mio regalo a Brera non ha un significato artistico, bensì politico… qui c’è il mio pensiero… un pensiero antifascista. Io desidero che si conosca quanto è accaduto nella storia, affinché sia ricordato per sempre”, che lo accomuna con Mafai. L’artista era infatti toccato da vicino dal tema della discriminazione antisemita in quanto la moglie Antonietta Raphaël era figlia di un rabbino. Artista anch’essa, assieme al marito e all’artista Scipione, Antonietta costituì il promettente gruppo chiamato da Longhi “Scuola Romana”.

All’indomani dell’emanazione delle leggi razziali le discriminazioni per la famiglia Mafai iniziarono a farsi sentire: alle tre figlie venne intimato di lasciare la scuola in quanto non battezzate, mentre ad Antonietta veniva proibito di esporre le sue opere. Grazie all’aiuto di alcuni fidati collezionisti, la famiglia si trasferì da Roma a Genova e fu qui, nello studio di via San Lorenzo, che l’artista iniziò a lavorare a Le Fantasie. Ventidue piccole istantanee, pitture veloci che tuttavia dimostrano quanto fosse urgente e tormentoso per l’artista il pensiero delle atrocità della guerra e della persecuzione, pensiero espresso in raffigurazioni in cui prevale la fisicità carnale dei corpi nudi violentemente tormentati.

Giulia Mafai, una delle figlie della coppia racconta: “La prima “Fantasia” che dipinse mio padre nel 1939 aveva come titolo “Corteo”, raffigurava proprio un corteo con le candele, uomini con le tube in testa, un po’ una presa in giro del gioco diplomatico dell’Inghilterra e degli altri che cercavano di fermare Hitler e i nazisti con la diplomazia”. Continua poi: “scoppia la guerra e le “Fantasie” non erano più, diciamo, su un piano ironico, satirico, grottesco, ma erano diventate lacrime e sangue; una serie di 20-25 quadri che, oltretutto, mio padre non ha mai voluto condividere e che a quell’epoca era anche molto pericoloso tenere (erano contro la guerra in un momento in cui c’era il suo misticismo)… Per questo motivo le abbiamo sempre tenute nascoste e quando siamo stati obbligati a cambiare casa da clandestini, queste “Fantasie”, come poi sono state chiamate, ci hanno sempre seguito. Il compito di noi tre sorelle, io avevo dieci anni e le mie sorelle dodici e quattordici era di legare queste tavolette di legno e portarle da una casa all’altra.

Nel 1944 Mafai, tornato a Roma da un anno per partecipare attivamente alla Resistenza, presenta le sue Fantasie alla mostra Arte contro la barbarie. Artisti romani contro l’oppressione nazifascista promossa da “L’Unità”, quotidiano da poco uscito dalle tipografie clandestine.
Nel 1957 l’artista si convinse poi a vendere le preziose tavolette a Giovanni Pirelli rampollo della celebre famiglia di industriali che, sfidando la stessa famiglia di orientamento fascista, era diventato un comandante partigiano. Una clausola prevedeva che alla morte di Pirelli le opere fossero andate alla Galleria d’Arte Moderna di Roma, la città di Mafai, cosa che effettivamente avvenne. Ma passati dieci anni i dipinti non erano mai stati esposti e, decaduta la donazione, la famiglia Pirelli li ha riportati a Varese dove sono stati acquistati da Aldo Bassetti per donarli a Brera.
Nel 2021 la Pinacoteca di Brera, tramite una serie di appuntamenti come questo, renderà omaggio ai suoi donatori per ricordare come un grande museo non è importante solo per la collezione, ma anche per la sua capacità di agire nel proprio tempo, riflettendo sul passato e provando a costruire il futuro.

Dettagli

Didascalie immagini

  1. Le Fantasie di Mario Mafai, Pinacoteca di Brera, Sala 18
  2. Mario Mafai, Fucilazione (Fantasia n. 1) ,olio su tavola cm 38,5 × 52,5, Pinacoteca di Brera
  3. Mario Mafai, Interrogatorio, olio su tavola cm 36,5 × 47, Pinacoteca di Brera
  4. Mario Mafai, Corteo (la guerra è finita) (Fantasia n. 22), olio su tavola cm 34,5 × 54,7, Pinacoteca di Brera
  5. Le Fantasie di Mario Mafai, dettaglio della parete, Pinacoteca di Brera, Sala 18

IN COPERTINA
Mario Mafai, Fucilazione (Fantasia n. 1) ,olio su tavola cm 38,5 × 52,5, Pinacoteca di Brera
[particolare]

Sito web: https://pinacotecabrera.org/

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