L’architettura è un fatto d’arte, un fenomeno che suscita emozione,
al di fuori dei problemi di costruzione, al di là di essi.
La Costruzione è per tenere su, l’Architettura è per commuovere
(Le Corbusier)

Il Pavillon Le Corbusier, sorto sulla riva orientale del lago di Zurigo in un quartiere residenziale alla periferia della città, esiste grazie a Heidi Weber, architetta d’interni, gallerista e mecenate. Fu lei infatti a convincere Le Corbusier (pseudonimo di Charles-Édouard Jeanneret-Gris) a progettare l’edificio nel 1960, chiedendo al grande architetto di curarne anche la realizzazione.

Heidi Weber aveva iniziato negli anni Cinquanta a esporre la produzione di Le Corbusier nella sua galleria di Zurigo presentando sculture, arazzi e dipinti, e l’idea da cui nacque il progetto del Pavillon era quella di creare un edificio disegnato proprio dall’architetto del quale avrebbe ospitato le opere, riunendo in una sorta di scatola delle meraviglie le funzioni di galleria-museo e abitazione. Il Pavillon è anche l’ultima opera di Le Corbusier, che ne firmò il progetto nel giugno 1965, poco prima di partire per trascorrere l’estate nella villa di Cap Martin, sulla Costa Azzurra, dove morirà alla fine di agosto.

Heidi finanziò la costruzione con i propri mezzi, ne curò la realizzazione tra mille difficoltà, situandola all’interno del proprio parco privato, e organizzò la solenne inaugurazione dell’istituzione che nasceva come Centre Le Corbusier – Heidi Weber Museum, tenutasi il 15 luglio 1967 (a due anni dalla morte dell’architetto). Per circa mezzo secolo ne è stata la direttrice, promuovendo in questa sede numerose esposizioni nell’intento di far conoscere a un vasto pubblico le idee e le opere di Le Corbusier. Nel 2014 la proprietà della struttura è passata alla città di Zurigo, che ne ha curato il lungo e impegnativo restauro fino alla riapertura al pubblico nel 2019, con il nome di Pavillon Le Corbusier.

La Weber affidò la realizzazione del Pavillon, che anche dal punto di vista della tecnica costruttiva presenta soluzioni originali e innovative, a due allievi di Le Corbusier, Alain Tavès e Robert Rebutato. L’elemento chiave nella progettazione del complesso è il Modulor, il sistema di misure al quale Le Corbusier faceva riferimento, e che coniugava la sezione aurea con le proporzioni e i movimenti di un uomo alto m 1,83.

Il Pavillon, al quale il suo creatore attribuì il nome di Maison de l’Homme, è l’unico edificio progettato da Le Corbusier che non utilizzi il cemento armato come materiale principale: la sua struttura è costituita da travi d’acciaio che inquadrano superfici vetrate o pannelli di lamiera smaltata nei colori primari, tutti delle stesse dimensioni (m 2,26 x 2,26).

La copertura dell’edificio, autoportante e indipendente dalla serie di cubi che lo costituiscono, è formata da due grandi elementi quadrati giustapposti – ciascuno dei quali è a sua volta suddiviso in quattro quadrati – definiti parapluie-parasol, di forma piramidale con i vertici rispettivamente rivolti verso l’alto e verso il basso. Ne risulta una complessa figura geometrica che domina e racchiude la Maison de l’Homme e che assume in distanza l’aspetto di una scultura, una sorta di enorme trampoliere posato sul prato in dolce declivio verso la sponda del lago.

Gli spazi interni, dalle grandi superfici vetrate aperte sul verde circostante, si sviluppano su due piani collegati da una scala a vista in cemento armato che sale fino alla terrazza coperta: i piani e la terrazza sono collegati anche da una rampa, che parte dal seminterrato e prosegue all’esterno, realizzata anch’essa in cemento armato, unico elemento di struttura massiccia in un insieme dall’aspetto complessivo di aerea leggerezza. La differenza concettuale fra i due sistemi di passaggio tra i vari piani la precisò lo stesso Le Corbusier: “Le scale separano un piano dall’altro, una rampa li unisce“.

La scala sbocca sulla terrazza attraverso una porta dagli spigoli fortemente arrotondati, aperta a una certa altezza da terra, che ricorda quelle delle paratie stagne nei sommergibili. La stessa forma si ritrova nella porta di un ripostiglio (o armadio a muro) su una parete della cucina: qui, tutti gli elementi necessari alle attività che vi si svolgono sono realizzati con una rigorosa essenzialità di linee, che dopo sessanta anni riesce ancora a stupire per la sua straordinaria modernità.

Nella contigua zona pranzo, attorno al tavolo da lui disegnato, Le Corbusier aveva voluto l’amatissima poltroncina B9 di Thonet, in legno curvato e paglia di Vienna, un elemento d’arredo che utilizzava praticamente ovunque (anche nel proprio studio), e a proposito del quale scriveva nel 1925: “la più banale ed economica tra tutte le sedute, utilizzata in milioni di esemplari dall’Europa alle Americhe, possiede nella sua essenzialità, una sua nobiltà, poiché la sua semplicità è compressione delle forme che si adatta armoniosamente al corpo“.

In occasione del restauro del Pavillon sono stati collocati nei vari ambienti alcuni esemplari di elementi d’arredo disegnati da Le Corbusier, come la celebre chaise-longue. Anche nei dettagli e nell’uso dei materiali si è cercato di rispettare al massimo le indicazioni che l’architetto aveva fornito per la sua Maison de l’Homme, tenendo presente la definizione di architettura che compare nel volume dallo stesso titolo, pubblicato nel 1942: “L’architettura è il gioco sapiente, corretto e magnifico di volumi assemblati sotto la luce“.

Dettagli

Didascalie immagini

  1. Il Pavillon Le Corbusier dal lato dell’ingresso
    (foto © Donata Brugioni)
  2. Il lato verso il lago. Appare evidente la struttura del tetto, completamente indipendente dall’edificio sottostante
    (foto © Donata Brugioni)
  3. Tra le opere appese alle pareti figura una litografia di Le Corbusier che rappresenta il Modulor
    (foto © Donata Brugioni)
  4. La leggerezza delle strutture in acciaio e le grandi superfici vetrate creano un effetto di continuità fra interno ed esterno, donando grande luminosità agli ambienti
    (foto © Donata Brugioni)
  5. Un particolare della struttura del tetto: alla terrazza coperta si accede dalla scala interna
    (foto © Donata Brugioni)
  6. I piani dell’edificio e la terrazza coperta sono collegati da una scala interna e da una rampa esterna, entrambe realizzate in cemento armato
    (foto © Donata Brugioni)
  7. La terrazza coperta offre ampi spazi di seduta e vedute verso il lago
    (foto © Donata Brugioni)
  8. La cucina, modernissima nella sua gelida essenzialità, è aperta verso la zona pranzo, ingentilita dalle linee curve delle poltroncine Thonet
    (foto © Donata Brugioni)
  9. L’opera di restauro del Pavillon Le Corbusier ha compreso anche il ripristino dell’impianto elettrico originario, con le prese di corrente disegnate da Le Corbusier a imitazione dei dadi da gioco
    (foto © Donata Brugioni)

IN COPERTINA

Veduta del Pavillon Le Corbusier dal lato dell’ingresso
(foto © Donata Brugioni)

Dove e quando

Evento:

Indirizzo: Pavillon Le Corbusier - Höschgasse 8 - Zürich
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