“Per me una vetrata è una parete trasparente posta tra il mio cuore e il cuore del mondo”
Marc Chagall

La chiesa parrocchiale di Santo Stefano sorge in cima a una collinetta che domina il centro storico di Magonza, capoluogo della Renania-Palatinato situato sulle rive del Reno; chiesa di antiche origini, edificata alla fine del X secolo per l’imperatrice Teofano, che regnò per sette anni dopo la morte del consorte, l’imperatore Ottone II. Magonza, città di origine celtica e poi romana dal I secolo a.C., divenne in epoca cristiana il centro dell’evangelizzazione nel nord Europa, acquisendo un’importanza tale che dall’VIII secolo, e fino ad oggi, la sua diocesi è l’unica, oltre a quella di Roma, a detenere il titolo di “Santa Sede”.

L’edificio di culto fu ricostruito a partire dalla metà del Duecento come gotica chiesa a sala – in cui le tre navate hanno tutte la stessa altezza – e arricchito in epoca barocca da un apparato decorativo di stucchi e dorature, che fu spazzato via a metà dell’Ottocento dall’esplosione di una polveriera situata a poca distanza. In seguito ai bombardamenti dell’ultima guerra mondiale che la hanno pesantemente colpita, la chiesa è stata restaurata riportando la parte del Coro orientale alle slanciate forme gotiche originarie, mentre le navate sono state coperte da un semplice soffitto piatto in legno.

Fu nel 1973 che il parroco di Santo Stefano, Karl Mayer, si rivolse a Marc Chagall, maestro “del colore e del messaggio biblico“, chiedendogli di realizzare le vetrate per il Coro. Chagall si era più volte cimentato nell’arte vetraria: al ciclo con Storie dell’Antico e del Nuovo Testamento realizzato alla fine degli anni Cinquanta per la cattedrale di Metz, era seguita poco tempo dopo una grande vetrata per la sede delle Nazioni Unite a New York, mentre in Israele l’artista aveva creato un monumentale ciclo di vetrate per la sinagoga della Clinica Universitaria Hazada a Gerusalemme. Forse la sfida più impegnativa, dato il contesto in cui doveva essere collocata la sua opera, Chagall l’affrontò con le tre vetrate per la gotica cattedrale di Reims, che si inserivano e confrontavano con il vasto ciclo di vetrate risalenti all’epoca medioevale presenti nella chiesa: un progetto di grande respiro, nel quale l’artista metteva in risalto il legame fra Antico e Nuovo Testamento attraverso le figure di Abramo e di Cristo.

Le resistenze alla richiesta di Mayer furono forti e prolungate da parte di Chagall, che si rifiutava di avere qualsiasi contatto con la Germania. Mayer impiegò alcuni anni, tra scambi epistolari e incontri personali, a convincere il maestro; finalmente nel 1978, ormai novantenne, Chagall pose mano a quella che sarebbe stata l’ultima impresa della sua lunga e feconda parabola creativa, avvalendosi della preziosa collaborazione di Charles Marq, maestro vetraio dell’atelier Simon di Reims, che lo affiancava ormai da lungo tempo. La luminosità che caratterizza le opere pittoriche di Chagall veniva esaltata dalla trasparenza del vetro: a Magonza l’artista scelse come dominante l’azzurro, in ben diciotto tonalità, modulate adottando la tecnica del “vetro placcato”, che sovrappone più strati di vetro – trasparente e colorato – in modo da ottenere una vasta gamma di gradazioni di colore e sfumature, così come si può produrla sulla superficie della tela.

Alla vetrata con la Visione del Dio dei Padri, collocata in posizione centrale dietro l’altar maggiore, si affiancarono in breve tempo le due con la Visione della Storia della Salvezza, mentre le finestre laterali, dedicate alle Lodi della Creazione, seguirono nell’arco di due anni. Vi sono raffigurate scene dell’Antico Testamento – da Adamo ed Eva al Sacrificio di Isacco e dal Sogno di Giacobbe a Mosè con le Tavole della Legge – e del Nuovo Testamento – da Maria con il Bambino alla Crocifissione.

Con il completamento del progetto iconografico ideato da Chagall, il Coro orientale assumeva il suo aspetto definitivo: gli effetti di luce creati nel trascorrere delle ore della giornata dal riverbero reciproco delle vetrate che si fronteggiano immergono le figure dei personaggi in un’atmosfera mistica, sospese come sono nell’azzurro di un cielo sconfinato, così che la parete di vetro colorato attraversata dalla luce corrisponde perfettamente a quell’idea di “metafora visiva della trascendenza” che il maestro intendeva ottenere.

Chagall aveva compiuto novantasei anni quando disegnò il progetto per tre grandi finestre del transetto, destinate a fornire ai fedeli una sorta di introduzione propedeutica al messaggio biblico contenuto nelle vetrate del Coro, una visione ecumenica che sancisce i legami fra mondo ebraico e mondo cristiano. Le vetrate per il transetto furono consegnate alla chiesa nel maggio del 1985, poco dopo la morte di Chagall. Il maestro non si recò mai a Magonza, città di cui era stato nominato cittadino onorario e che da oltre cinquecento anni aveva già legato indissolubilmente il proprio nome ai testi biblici: è qui infatti che nel 1453, per opera di Johannes Gutenberg, vide la luce la prima edizione della Bibbia stampata a caratteri mobili.

Le vetrate per le diciannove finestre disposte lungo le navate laterali e nella zona del fonte battesimale sono state realizzate da Charles Marq nell’arco dei successivi undici anni, completando l’intero ciclo nel Duemila. Marq ha disegnato semplici elementi decorativi dalle forme fluide, che evocano un volo di bianche colombe su sfondi azzurri, in tonalità analoghe a quelle scelte da Chagall. Per le finestre che illuminano il fonte battesimale, i temi delle Acque della Salvezza e dei Doni dello Spirito illustrano il mistero del battesimo attraverso rappresentazioni simboliche non figurative.

La complessiva dominante blu del ciclo di vetrate produce un effetto di luce suggestivo e inaspettato in chi entra nella chiesa: si ha l’impressione di immergersi negli abissi marini o nell’immensità del cielo e di flottare in uno spazio incommensurabile, e anche se la slanciata architettura gotica di Santo Stefano costituisce una scatola spaziale dai confini definiti, il senso di una dimensione “altra” permane.

Per Chagall la Bibbia è sempre stata una fonte primaria d’ispirazione, il tema che più di ogni altro è protagonista della sua pur vasta e articolata produzione, e dal quale sono scaturiti alcuni tra i suoi massimi capolavori. Come l’artista stesso ha più volte dichiarato: “Dalla mia più tenera età sono stato rapito dalla Bibbia. Essa mi sembrava e mi sembra tuttora, la fonte poetica più grande di tutti i tempi. Da allora ho cercato il suo riflesso nella vita e nell’arte“.

Dettagli

Didascalie immagini

  1. Esterno della chiesa di Santo Stefano a Magonza
    (fonte)
  2. Interno della chiesa di St. Stefan a Magonza
    (fonte)
  3. Marc Chagall: Vetrate del Coro con storie dell’Antico e del Nuovo Testamento – Magonza, chiesa di Santo Stefano
    (foto © Donata Brugioni)
  4. Marc Chagall: Adamo ed Eva – Magonza, chiesa di Santo Stefano, vetrate centrali del Coro con storie dell’Antico e del Nuovo Testamento (particolare)
    (foto © Donata Brugioni)
  5. Marc Chagall: Crocifissione – Magonza, chiesa di Santo Stefano, vetrate centrali del Coro con storie dell’Antico e del Nuovo Testamento (particolare)
    (foto © Donata Brugioni)
  6. Marc Chagall: Vetrata laterale sinistra del Coro con l’albero di Jesse e un Angelo in volo sopra la Menorah – Magonza, chiesa di Santo Stefano
    (foto © Donata Brugioni)
  7. Una delle vetrate realizzate da Charles Marq per le navate laterali – Magonza, chiesa di Santo Stefano
    (foto © Donata Brugioni)
  8. Le vetrate realizzate da Charles Marq per la zona del Fonte battesimale trattano i temi delle Acque della Salvezza e dei Doni dello Spirito
    (foto © Donata Brugioni)
  9. Marc Chagall: Maria con il Bambino – Magonza, chiesa di Santo Stefano, vetrate centrali del Coro con storie dell’Antico e del Nuovo Testamento (particolare)
    (foto © Donata Brugioni)

in prima pagina:
Marc Chagall: Mosè con le Tavole della Legge e Il sogno di Giacobbe – Magonza, chiesa di Santo Stefano, vetrata centrale del Coro con storie dell’Antico e del Nuovo Testamento
[particolare]
(foto © Donata Brugioni)