“Anima generosa e forte
Fernanda Wittgens
dopo le distruzioni della guerra
dedicò se stessa al risorgere
della città, della cultura
della Pinacoteca di Brera
attuando nell’antico istituto
il moderno concetto del museo vivente.”

Non dette quasi all’usciere il tempo di annunciarla. E mi vidi
davanti una donna diversa da tutte le altre. Un erudito clas-
sicheggiante avrebbe immaginato in lei “Pallade-Athena”: io
pensai alla Walkiria. Il nome me lo ripeté lei, allungandomi
la mano: “Sono Fernanda Wittgens”
.  

La testimonianza del primo incontro con Fernanda, nella febbrile estate del 1945 è di Antonio Greppi, sindaco di Milano liberata. L’intero Palazzo di Brera è devastato dai bombardamenti, i musei milanesi sono da ricostruire. Fernanda Wittgens è tornata dal carcere, al suo posto, a Brera.

Così si apre il bel volume di Giovanna Ginex, edito da Skira, dedicato a una grande donna della storia culturale e artistica meneghina: Fernanda Wittgens (Milano, 3 aprile 1903 – Milano, 11 luglio 1957), storica dell’arte, direttrice della Pinacoteca di Brera e soprintendente, antifascista che scontò con il carcere la sua opposizione al regime.
Durante la reclusione rilegge anche il saggio su Seneca di Concetto Marchesi senza mai perdere contatto con il suo lavoro. Infatti, nelle cartelle che riesce a far giungere alla famiglia con l’aiuto di alcune suore e di un muratore che lavora nel carcere, accanto alle richieste di piccoli oggetti per le necessità quotidiane, sono ricorrenti quelle per dizionari o altri volumi. La prima stesura della fondamentale monografia su Vincenzo Foppa, pubblicata nel 1950, vede la luce proprio a San Vittore. “Sono Fernanda Wittgens” Una vita per Brera presentato – in occasione del sessantunesimo anniversario della morte – nella Sala della Passione della Pinacoteca, ricostruisce, per la prima volta in modo completo, l’intensa vicenda biografica della prima donna direttrice di Brera e anche la prima donna a ricoprire il ruolo in un importante museo o galleria italiana.
Un attento spoglio dei documenti e delle testimonianze ha consentito di approfondire la sua trentennale attività a Brera iniziata nel 1928 e come, osserva James M. Bradburne in “Maestri e mentori” il  saggio introduttivo al volume «Dirigere un museo è allo stesso tempo un’arte e un mestiere, come dipingere, suonare il piano o fabbricare un violino.

Le forme più profonde di conoscenza di un mestiere sono “situazionali”, ovvero si imparano facendo e non leggendo, e vengono trasmesse dai maestri agli allievi, che poi diventano docenti e mentori a loro volta. La Pinacoteca di Brera che vediamo oggi è in gran parte la conseguenza dell’opera di tre direttori: Ettore Modigliani, Fernanda Wittgens e Franco Russoli. Beninteso, ce ne sono stati altri che hanno lavorato con diligenza e profondo impegno, ma la cornice in cui hanno operato era quella a cui avevano dato forma Modigliani, Wittgens e Russoli
».

Nel 1950, dopo le devastazioni belliche, Wittgens restituì al Paese la pinacoteca, intrecciando stretti rapporti con la società civile e intellettuale e caratterizzando la sua azione con un’apertura internazionale. Con la morte di Ettore Modigliani il 22 giugno 1947, la pinacoteca passò a Fernanda Wittgens. Roma si era “dimenticata” di inserire Brera nella lista ufficiale dei monumenti danneggiati dalla guerra e questa inspiegabile omissione, alla quale Modigliani aveva cercato di porre rimedio, significava che Brera non avrebbe ricevuto fondi dal comitato americano per il restauro dei musei e dei monumenti italiani.

Fernanda tempestò le autorità romane con dettagliati rapporti dei danni subiti dalla pinacoteca e di quanto era ancora necessario fare. L’anno successivo ricordò ai funzionari capitolini come Milano fosse l’unica città italiana ad aver subito bombardamenti a tappeto.
Nel maggio 1950 è nominata soprintendente alle Gallerie della Lombardia. L’impegno più gravoso sul fronte territoriale e anche in ambito ministeriale non le impedisce di lavorare per il miglioramento funzionale della pinacoteca. Dopo anni di durissimo lavoro tecnico, amministrativo, diplomatico e politico, il 9 giugno 1950 Fernanda Wittgens inaugurò la “grande Brera” e la dedicò alla memoria del suo maestro.

Fra le numerose osservazioni, Giovanna Ginex rileva: «Wittgens condivide attivamente i programmi e le iniziative delle associazioni femminili risorte con la Liberazione. Alla sua morte, l’amica Sofia Ravasi Garzanti ricorderà che quello di Fernanda

era fra i pochi e purissimi nomi che nell’autunno del ’45
diedero una “carta d’identità”, fra tanta confusione e capovolgimenti
di posizioni, alla Federazione nostra che sorgeva
a Milano, con la volontà di portare alla donna, da
voci libere e diverse, elementi di giudizio sulla situazione
e sulle esigenze del paese e di avviare la sua partecipazione
alla nuova vita nella società, nel lavoro e nella famiglia.

Nella sua esperienza concreta, tuttavia, come in quella di altre donne della sua generazione, l’emancipazione pagava come prezzo l’inibizione della femminilità. Questo assunto diverrà negli ultimi anni di vita l’unica, definitiva, amara certezza raggiunta nella sua riflessione sul ruolo della donna nella società civile».

Nell’aprile del 1953 Wittgens è designata dal Ministero della Pubblica Istruzione membro con Mario Apollonio del consiglio di amministrazione per la X Triennale delle arti decorative e dell’architettura moderna di Milano, nel quale resterà sino alla morte. Anche grazie al suo impegno, nel 1955 la Triennale si doterà di un efficiente Centro studi e nel 1957, a pochi giorni dalla scomparsa, presenterà una mostra di museologia all’interno della sua XI edizione. Sempre nel 1953, è Fernanda a volere a Milano – nell’anno a seguire – nello spazio della Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale devastata dalle bombe, la grande retrospettiva di Picasso organizzata a Roma da Palma Bucarelli.

Ne affida la curatela del catalogo e l’ordinamento a Franco Russoli, al primo incarico curatoriale dall’arrivo negli uffici di Brera nell’autunno 1950. Russoli fu il suo protetto, a cui trasmise la sua passione per l’educazione e per i valori civili. L’obiettivo di Fernanda Wittgens era fare di Brera un “museo vivente” e lo colmò di vita fin da subito con sfilate di moda, famiglie e fiori (nel 1956 inaugurò “Fiori a Brera” con un immenso successo di pubblico e un numero di visitatori che superò quello della Rinascente, il grande magazzino più importante della città).

Il potere sembra assumere connotazione identitaria in un momento di smarrimento ideologico globalizzato. Ai nostri ragazzi, alla ‘generazione con la testa bassa’ persa nel telefonino spesso convinta di un universo virtuale più stimolante della vita reale, in un Paese alla disperata ricerca di una vera cultura di genere dove piccoli uomini, mai cresciuti, hanno la strada spianata dallo sgomitare femminile colmo di arrivismo e apparenza, l’esortazione alla forza di cercare, e trovare, nutrimento nel passato. Non solo lapidi che dan nome alle strade, ma esempi luminosi di vita quando vivere era oggettivamente difficile. Salvezza delle opere d’arte e salvezza dei perseguitati politici: l’attività di Fernanda Wittgens come chiave di lettura della sua maturazione di persona, di donna, di studiosa, si svolge entro questi due imperativi, come lei stessa sottolinea nelle riflessioni affidate ai suoi scritti.

Didascalie immagini

  1. Emilio Sommariva, Ritratto di Fernanda Wittgens, 1936
    lastra fotografica originale su vetro
    Milano, Biblioteca Nazionale Braidense, Fondo Emilio Sommariva
    (courtesy Skira)
  2. Copertina del libro di Giovanna Ginex
  3. Brera in guerra, il cortile. Le opere imballate prima della partenza verso un ricovero sicuro, 1942-1943
    Roma, Archivio Storico Istituto Luce
    (courtesy Skira)
  4. Brera: la ricostruzione, 1948-1950
    fotografia originale
    Milano, Laboratorio fotoradiografico della Pinacoteca di Brera
    (courtesy Skira)
  5. Publifoto, L’inaugurazione della Pinacoteca di Brera, 9 giugno 1950
    stampa da negativo originale
    Milano, Archivio Publifoto
    Fernanda Wittgens con il ministro Guido Gonella
    (courtesy Skira)
  6. Le nuove sale (la 26) della Pinacoteca di Brera, 1950
    fotografie originali
    Milano, Laboratorio fotoradiografico della Pinacoteca di Brera
    (courtesy Skira)
  7. Fernanda Wittgens nel suo ufficio a Brera, 1955 circa
    fotografia originale
    Milano, Laboratorio fotoradiografico della Pinacoteca di Brera
    (courtesy Skira)
  8. “Fiori a Brera”, sfilate di moda e concerti in Pinacoteca, 1956-1957
    Milano, Laboratorio fotoradiografico della Pinacoteca di Brera
    (courtesy Skira)
  9. Via Fernanda Wittgens a Milano
     

In copertina un particolare di:
Emilio Sommariva, Ritratto di Fernanda Wittgens, 1936
lastra fotografica originale su vetro
Milano, Biblioteca Nazionale Braidense, Fondo Emilio Sommariva
(courtesy Skira)

 

Giovanna Ginex
“Sono Fernanda Wittgens” Una vita per Brera
2018, 15 x 21 cm, 160 pagine
ISBN 978-88-572-3926-2