“El cariño que te tengo
No te lo puedo negar
Se me sale la babita
Yo no lo puedo evita…”
Chan Chan, 1987, Compay Segundo
Uno sgabello bianco al centro di un palco poco illuminato. Il fumo grigio, di un sigaro acceso già da un po’, arriva lentamente. Delle note in lontananza. Un faro lo illumina e lui inizia a cantare. La pelle d’oca è immediata. La nostalgia apre la strada al resto dei sentimenti che inevitabilmente certa musica fa risorgere.
Juanita era la moglie di Chan Chan ed aveva un “fondillo” (un rotondo fondoschiena come si dice a Cuba) provocante che faceva dondolare davanti agli occhi di un giovane seduto su un scoglio. Tutto sotto gli occhi gelosi del marito. Quella schiena in movimento di lei che setaccia la sabbia colpisce il giovane cosi tanto da scrivere una delle canzoni che hanno girato il mondo facendo storia: il titolo è Chan Chan.
Il giovane è Máximo Francisco Repilado Muñoz, conosciuto come Compay Segundo, voce toccante e calda della storia della musica cubana e non solo.
Da Chan Chan, prima canzone della colonna sonora di Buena Vista Social Club, a tante altre, come Guajira Guantanamera, a El Cuarto de Tula, da Lagrimas Negras a Sabroso, fino ai suoi personalissimi successi. Compay Segundo ha segnato la storia della musica quella vera, quella latina, quella delle corde che vibrano.
Cantava versi che tutti almeno una volta nella vita abbiamo ascoltato e ripetuto senza nemmeno saperne il significato, inventando parole e dondolandoci su quella musica che risuona nella testa.
Donnaiolo impenitente per tutta la vita, compositore, musicista e cantante cubano.
Nato a Siboney il 18 novembre 1907, avrebbe compiuto 110 anni sabato scorso e spento le candeline con il sigaro tra le dita.
Impara a suonare il clarinetto a 13 anni, compone a 15 la sua prima canzone dal titolo Yo vengo aquí. Fuoriclasse in tutto e per tutto (fin da ragazzino) inventa uno strumento musicale chiamato armonico, molto simile alla chitarra, che lo ha aiutato (così mi piace credere) a rendere ancora più magiche le sue note.
Ha fatto musica nel suo paese per circa 80 anni arrivando a raggiungere la fama solo in tarda età, nel 1997, quando Buena Vista Social Club – prima l’album di Ry Cooder, disco cubano più venduto di tutti i tempi con oltre dieci milioni di copie e vincitore di un Grammy Award, poi il film di Wim Wenders – segna profondamente quel periodo dando origine ad un vero e proprio fenomeno sociale.
Compay Segundo quando morì – a quasi cento anni – avrebbe voluto (così dicono) fare il sesto figlio con la nuova moglie di 28. Dicevano di lui che fosse “Un cubano autentico: beve del rum, fuma un Habano e ha l’occhio che si illumina alla vista di una bella donna.“
Cantava di grandi passioni, cantava di strade, scrisse versi che non possono non essere contemporanei oggi più di ieri. Una terra come la sua, quella dell’Havana è stata omaggiata in ogni modo dal suono nostalgico di voci uniche. Lui le ha reso omaggio fino all’ultimo giorno: cantando in sordina, “in seconda” (come aveva scelto di chiamarsi), perché essere primi non conta quando protagonista della musica è la “tierra natal”.
Nei suoi versi scriveva di campane che suonavano a festa e di salti di allegria, di adorazione e gratitudine per la sua città.
Riposa a Santiago de Cuba e sabato, 18 novembre, sappiamo tutti che la musica suonava forte per quelle strade.
Qualcuno dice di aver visto un uomo distinto muoversi a tempo di rumba, canticchiare versi romantici di una Cuba lontana e sempre viva, fumare un vecchio sigaro profumato e lanciare ai piedi di una donna il suo cappello.
Il rosso, il blu e il bianco si muovono in accordo con il tempo e la musica che si sente è quella che canta di un grande amore. Una donna all’improvviso seduta su un’amaca sopra un portile in legno, sente un vento leggerissimo che la dondola e guardando il cielo giallo e azzurro dell’Havana con lei ha un libro, un sigaro che forse non accenderà mai e ha trovato la serenità.
Raccoglie il cappello, lui inizia a cantare Te doy la vida. Le porge la mano, la fa alzare e in un ballo lento e dondolante, lui canta “juntitos viviremos, juntitos moriremos, unidas las dos almas formando un solo ser”.
Butta la testa indietro. Il resto è Leyenda y corazón.