9 dicembre 1928 nasce la Stabile Orchestrale Fiorentina fondata da Vittorio Gui.
Negli anni a venire, tutti – nessuno escluso – i più importanti direttori d’orchestra sono saliti su quel podio, un vanto di poche orchestre del terzo pianeta del sistema solare. 
Il prossimo 9 dicembre il Teatro si aprirà per visite guidate ai luoghi dove nascono gli spettacoli: dal palcoscenico alla sartoria, dai camerini degli artisti alle sale prove dell’Orchestra e del Coro, la sala grande e la cavea all’aperto. A conclusione della giornata commemorativa in scena una replica de La traviata di Giuseppe Verdi diretta dal maestro Enrico Calesso con la regia di Francesco Micheli e offerta al pubblico a prezzo speciale.

Per celebrare l’Orchestra è stato programmato un nuovo ciclo dedicato, dopo Šostakovič, ad altri due grandi compositori, Gustav Mahler – le nove sinfonie saranno dirette dal maestro Fabio Luisi – e Franz Schubert.

Giovedì scorso è partita la Stagione sinfonica 2018/19 in concomitanza, appunto, con l’inizio delle celebrazioni ufficiali del novantesimo. Un concerto corale, l’esecuzione della Sinfonia n.2 in do minore – Die Auferstehung – di Gustav Mahler. La grandiosa Resurrezione, una scelta di estremo impegno musicale che sembra assumere anche il significato di rinnovata partenza dopo l’emergenza economica, un problema, purtroppo, non solo fiorentino.

La Sinfonia, nella versione definitiva, in do minore per soprano, contralto, coro misto e orchestra è lo straordinario divenire di una gestazione estremamente complessa essendo stata scritta nello stesso periodo della Prima (fra il 1887-88 e il 1894 quando il compositore era direttore del Teatro dell’Opera di Budapest e di Amburgo) creando, fra le due, una ideale continuità. L’eroe, esaltato nel finale della Prima, viene accompagnato alla tomba nella Seconda con la celebrazione della luce sulle tenebre e i timbri spettrali, unici di Mahler, si concludono con campane e ottoni in trionfo.

Lo stesso compositore, nella guida all’ascolto realizzata in occasione dell debutto, poi soppresssa nella pubblicazione dell’opera, scriveva «… Ho chiamato Totenfeier (cerimonia funebre) il primo movimento, e se vuoi saperlo, si tratta dell’eroe della mia Sinfonia in re maggiore che io porto a seppellire; da un osservatorio più alto raccolgo la sua vita in un limpido specchio. E, al tempo stesso, si pone la grande domanda: perché sei vissuto? perché hai sofferto? E tutto questo solo un grande, atroce scherzo?… Chiunque senta riecheggiare nella sua vita questo richiamo, deve rispondergli, e questa risposta la do nell’ultimo movimento».

Sarebbero tante le cose da sottolineare per la complessità concettuale, ma la doverosa sintesi non può tenere conto della primissima esecuzione belinese –  primavera 1895 – con i soli tre movimenti iniziali, a cui seguirà la prima – nella versione definitiva – sempre a Berlino il 13 dicembre 1896. Per innalzare quel passaggio dalle tenebre alla luce, divengono sostanziali i progressivi dei tre movimenti centrali, realizzati come interludi, con immumerevoli pause di riflessione, sogni e ricordi esistenziali felici e tristi. Per il movimento conclusivo per Mahler diviene, invece, indispensabile tornare alla parola redentrice per sublimare l’idea musicale. 

L’ispirazione che ha escluso l’incompiuta (restando tale solo la Decima), nacque dalla partecipazione alla cerimonia commemorativa per il direttore d’ orchestra Hans von Bülow ad Amburgo, il 29 marzo 1894. In base a quanto riferito da J. B. Foerster, un coro di voci bianche cantò – su musica sconosciuta – i versi dell’ode di Klopstock “Aurersteh’n, ja aufersteh’n wirst du, mein Staub, nach kurzer Ruh!” (“Risorgerai, certo, risorgerai, dopo breve riposo, mia polvere!”) e infatti, la Seconda si conclude proprio con il messaggio di rinascita celeste – del testo di Klopstock e rielaborato da Mahler – intonato dal soprano e dal coro, punto di arrivo del lungo viaggio dalla morte al giorno del Giudizio universale.

La Seconda mette alla prova qualsiasi Orchestra anche per il vasto quanto insolito organico. Il corale strumentale, costruito sulle note iniziali del Dies Irae unito al ritmo luttuoso cadenzato al passo di marcia funebre, pervade tutto il primo movimento. Il ländler vagamente schubertiano connota il secondo. Nel quarto i Lieder tratti dalla raccolta Des Knaben Wunderhorn – La predica ai pesci di Sant’Antonio da Padova, tema dello Scherzo, e Urlicht, tenera cantilena affidata al contralto – oltre ai suoni di natura, squilli apocalittici e marce trionfali in un maestoso polittico sinfonico dove la trasfigurazione finale è raggiunta solo attraverso l’esperienza del dolore.

Quella ascoltata a Firenze è stata commovente quanto esaltante, coinvolgente quanto raffinata. Difficilmente si percepisce dalla platea come i singoli elementi fossero convolti alla creazione di qualcosa di sublime.
Brave le voci soliste, il soprano Valentina Farcas e il mezzosoprano Veronica Simeoni. L’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, esattamente come il Coro preparato da Lorenzo Fratini, fra i migliori al mondo per la forza espressiva immutata anche in lingue diverse dall’italiano, hanno regalato al proprio pubblico una prova da ricordare a lungo anche per le scelte stilistiche del Direttore.

Fabio Luisi ci ha presi tutti per mano e condotti alla scoperta di quanto di meglio Mahler abbia scritto nella Seconda. Le innumerevoli finezze che abbiamo avuto il dono di ascoltare si declinano solo in presenza di conoscenza, tecnica e grandissima capacità espressiva.
Concedeteci un inciso: poche ore prima a Milano, alla conferenza stampa di presentazione della mostra “Caravaggio. Oltre la tela” è stato fatto riferimento al direttore generale Musei del Mibac che, parlando del futuro delle professioni culturali, aveva dichiarato “bisogna pensare meno ai ‘cataloghi mattone’ e più alla tecnologia“. Una trascuratezza d’espressione, vogliamo credere, di chi per primo ha il dovere morale di sostenere, valorizzazione, e mai sminuire l’importanza della ricerca scientifica come base dell’attività di ogni museo, attività già tanto spesso schernita e additata come noiosa nel mondo veloce di oggi che valorizza l’effetto wow più dei contenuti. Ben venga ovviamente la tecnologia, ma quella intelligente, che arricchisce di stimoli e non annichilisca il nostro pensiero.
Per l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino non c’è più bisogno di direzioni che spingano l”effetto wow, sono così bravi da potersi concedere il lusso del no, grazie.

Didascalie immagini
alcuni momenti del concerto dello scorso 4 ottobre
foto © TerraProject-Contrasto
courtesy Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino

 

 

Gustav Mahler
Sinfonia n. 2 in do minore per soli, coro e orchestra Resurrezione

Direttore Fabio Luisi

Soprano Valentina Farcas

Mezzosoprano Veronica Simeoni

Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro del Coro Lorenzo Fratini