Durante il medioevo sulle tavole imbandite, anche nei banchetti più lussuosi, re, imperatori e nobildonne mangiavano con le mani; la forchetta era praticamente assente, e i pochi esemplari dell’epoca esposti nei musei sono quelli per uso esclusivo del cuoco, che le utilizzava per tenere ferma la carne mentre la tagliava. A Firenze le forchette individuali erano in uso all’epoca di Lorenzo il Magnifico e furono introdotte in Francia da Caterina de’ Medici, il loro uso si diffuse tra l’aristocrazia europea sul finire del Cinquecento.

Per molto tempo la forchetta fu considerata addirittura un lusso diabolico: nell’XI secolo San Pier Damiani condannò severamente la moglie del doge di Venezia, Teodora Orseolo, che aveva portato con sé le raffinate usanze della corte di Bisanzio, tra cui quella di usare forchettine d’oro per portare il cibo alla bocca, e solo nel Settecento le autorità ecclesiastiche consentirono la presenza sulle tavole dell’infernale strumento, il cui uso restava comunque proibito sulle mense dei conventi. Nel Seicento nascevano i primi servizi interi di posate, che il padrone di casa forniva agli ospiti, mentre fino ad allora ogni commensale portava con sé le proprie posate.

Nelle cucine, che nei palazzi di città erano generalmente collocate all’ultimo piano per ridurre il rischio di incendi, per la preparazione e la conservazione dei cibi venivano utilizzate pentole e ciotole di diverse dimensioni e materiali, mentre l’acqua era conservata in brocche di terracotta o ricoperte da invetriatura. Se il panorama degli oggetti utilizzati in cucina non varia molto nel corso del Medioevo, per quanto riguarda la tavola si assiste a un notevole cambiamento negli usi intorno al XV secolo, quando inizia ad affermarsi l’utilizzo di stoviglie individuali, facendo comparire sulla mensa una notevole varietà di recipienti, generalmente prodotti a livello locale.

Quale fosse l’aspetto della tavola tra Medioevo e Rinascimento ce lo raccontano le raffigurazioni di scene di banchetto – in particolare il Banchetto di Erode – e le rappresentazioni dell’Ultima Cena affrescate nei refettori di molti conventi: particolarmente ricche di dettagli le scene dipinte da Domenico Ghirlandaio nel Cenacolo di Ognissanti, a Firenze, e nel Refettorio della Badia dei Santi Michele e Biagio a Passignano, dove compaiono piatti, ciotole, taglieri, coltelli, bottiglie e bicchieri di vetro.

Dal XIV secolo, la ceramica smaltata – soprattutto boccali – conobbe una vasta diffusione, mentre sulle tavole più ricche comparivano pregevoli oggetti di artigianato artistico provenienti da lontano, come le ceramiche di produzione spagnola. Presenti sulle mense anche i vetri: bottiglie dalla caratteristica forma panciuta, bicchieri e più raramente coppe. Completavano l’apparecchiatura coltelli e cucchiai: i coltelli, con la lama di ferro, avevano il manico in vari materiali, legno, metallo od osso, mentre i cucchiai erano in genere di legno; meno frequenti, gli esemplari realizzati in bronzo o metalli preziosi. In Toscana, la produzione di stoviglie e utensili per la tavola si concentrò in particolare in tre zone, che su queste attività basarono lo sviluppo della propria economia, esportando in tutta Europa manufatti rinomati per la loro qualità: i boccali di Montelupo, i coltelli di Scarperia e i vetri della val d’Elsa (Gambassi prima e poi Empoli).

La ceramica di Montelupo
A partire dalla seconda metà del XIII secolo a Montelupo si comincia a produrre la maiolica, cioè la terracotta con rivestimento smaltato, ispirandosi per la decorazione ai modelli forniti dai pezzi provenienti dalla Catalogna e dalla Provenza. All’inizio del Quattrocento, la produzione di Montelupo riceve un forte impulso dalla conquista di Pisa (1406), che apre a Firenze la via del mare e l’accesso ai mercati internazionali.

L’elevata qualità della produzione, celebre per la  brillantezza e vivacità dei colori, attira nel corso del XV secolo importanti committenze; molte famiglie dell’aristocrazia fiorentina si rivolgono per le proprie necessità alle fornaci locali e anche di Lorenzo il Magnifico si sa che possedeva “maioliche belle” montelupine. L’epoca d’oro di Montelupo si colloca tra il 1450 ed il 1530 circa, quando l’esportazione dei propri prodotti raggiunge la massima espansione, diffondendosi sia nel bacino del Mediterraneo (Grecia, Egitto, Marocco, Spagna e Francia), sia lungo le rotte mercantili atlantiche (Inghilterra meridionale, Olanda). Verso la metà del Cinquecento la produzione ceramica inizia a decadere, e nel corso del Seicento molte fornaci chiudono. La ripresa si ha verso la fine del XIX secolo, e ancora oggi Montelupo Fiorentino è uno dei maggiori poli ceramici italiani, specializzato nella maiolica artistica per l’esportazione.

Il Museo della Ceramica di Montelupo raccoglie circa trecento pezzi di produzione locale ritrovati nel cosiddetto “pozzo dei lavatoi”, dove fino dal Trecento venivano gettati gli scarti di lavorazione delle fornaci vicine. Si è così potuta documentare l’attività produttiva locale in un arco di tempo che va dal XIV al XIX secolo, con un’ampia sezione dedicata alla maiolica rinascimentale.

I coltelli di Scarperia
Scarperia fu fondata nel XIV secolo come avamposto militare della Repubblica Fiorentina e come posto di controllo dell’attraversamento dell’Appennino su quella che rimase l’unica via di comunicazione fra Firenze e Bologna fino alla metà del Settecento. Già nel corso del XV secolo lungo la via principale del borgo si andò sviluppando una serie di attività artigianali, tra le quali presero particolare impulso laboratori e botteghe in cui si producevano utensili agricoli e coltelli e ben presto questo tipo di artigianato divenne uno degli elementi di notorietà di Sacrperia. Nel Settecento, con l’apertura della nuova strada carrozzabile della Futa, il paese rimase tagliato fuori dal traffico che aveva fatto la sua fortuna; iniziava così un periodo di crisi che toccò il culmine dopo l’emanazione della legge del 1908 che proibiva il commercio e l’uso di coltelli a serramanico con lame di lunghezza superiore a quella del palmo della mano.

Il Museo dei Ferri Taglienti, ospitato nel medievale Palazzo dei Vicari di Scarperia, si articola in due sezioni, il Museo vero e proprio, dedicato alla storia del coltello e alla produzione locale nelle varie epoche, e la Bottega del coltellinaio, dove è possibile seguire in diretta le fasi della lavorazione artigianale di vari tipi di lame.

I vetri della Val d’Elsa
L’industria vetraria ha in Toscana una tradizione plurisecolare e costituisce una delle attività produttive più antiche della Valdelsa, dove trovava un ambiente favorevole grazie alla grande disponibilità di legname che serviva per alimentare le vetrerie. Già nel XIII secolo il mestiere dei bicchierai era molto importante e ricercato: i maestri bicchierai di Gambassi e Montaione erano noti per le loro capacità artistiche e divennero molto richiesti, spingendosi fino nel nord Italia e oltre a insegnare l’arte della lavorazione del vetro. Lo sviluppo di Gambassi fu facilitato anche dalla sua collocazione su due importanti vie di comunicazione, situata com’è all’incrocio tra la Via Francigena e la Via Volterrana. Gli scavi archeologici effettuati nel territorio circostante hanno fornito un quadro dettagliato della produzione vetraria locale nel corso del Medioevo e del Rinascimento. Gli oggetti prodotti erano prevalentemente destinati all’uso quotidiano; inoltre, venivano realizzati anche contenitori in vetro per olio e vino, molto importanti per l’economia agricola della zona.

A Gambassi è stata allestita una Mostra Permanente che illustra l’arte e la produzione vetraria locale nel XIII e XIV secolo. Con lo spostamento della Via Francigena lungo la valle del fiume Elsa, le vetrerie si concentrarono nei pressi dei centri abitati attraversati da questa importante strada: Poggibonsi, Certaldo, Castelfiorentino ed Empoli. La produzione del vetro a Empoli, attiva fino dal XV secolo, si sviluppa soprattutto a partire dalla seconda metà del Settecento, specializzandosi in lastre di vetro per finestre e contenitori per il vino in vetro verde, come fiaschi e damigiane.

L’industria del vetro che ha segnato lo sviluppo urbanistico, sociale ed economico di Empoli viene oggi raccontata nel Museo del Vetro di Empoli, che mostra la storia e la tradizione della lavorazione del vetro in Valdelsa. Occupa un posto di rilievo il vetro verde – il colore deriva dalle sabbie ferrose del bacino dell’Arno – caratteristico della produzione. Il visitatore percorre le fasi della lavorazione di quegli oggetti che hanno popolato case, cucine, tavole e cantine, e hanno caratterizzato per molte generazioni le abitudini della vita quotidiana e semplificato il trasporto e la conservazione del vino e dell’olio.

Didascalie immagini

  1. Scena di banchetto dal Luttrell Salterio, scritto e disegnato intorno al 1325 – 1335 da scribi anonimi e artisti, commissionato da Sir Geoffrey Luttrell (morto nel 1345), ricco proprietario terriero inglese
    (fonte)
  2. La cucina medioevale in un affresco del XIV secolo
    (fonte)
  3. Domenico Ghirlandaio: Ultima Cena – Firenze, Cenacolo di Ognissanti
    (particolare)
    (fonte)
  4. Domenico Ghirlandaio: Ultima Cena – Passignano, Badia dei Santi Michele e Biagio
    (particolari)
  5. Boccale figurato (1440-60) – Montelupo, Museo della Ceramica (fonte) / Boccale con stemma bipartito Medici-Salviati (Montelupo, 1516 circa) – Firenze, Museo Nazionale del Bargello. Realizzato probabilmente in occasione del matrimonio fra il condottiero Giovanni dalle Bande Nere e Maria Salviati (fonte)
  6. Museo della Ceramica di Montelupo: La mensa medioevale in un convento 
    (foto Donata Brugioni)
  7. Museo della Ceramica di Montelupo: La mensa rinascimentale
    (foto Donata Brugioni)
  8. Scarperia, Museo dei Ferri Taglienti: Il banco di lavoro del coltellinaio
    (fonte)
  9. Gambassi, Mostra permanente della produzione vetraria: Una sala di esposizione e dettaglio di alcuni vetri
    (fonte)
  10. Museo del Vetro di Empoli: La lavorazione del vetro in una vetreria del secolo scorso e gli strumenti dei maestri vetrai 
    (foto Donata Brugioni)

in prima pagina:
Museo della Ceramica di Montelupo: La mensa rinascimentale
(foto Donata Brugioni)