A Milano c’è una novità vecchia qualche centinaia d’anni, si chiama Pinacoteca di Brera.
Ufficialmente istituita nel 1809, Brera ospita una delle collezioni museali più importanti della nostra Penisola, peccato però che ce ne si dimentichi spesso. Cercare un antidoto per questa dimenticanza, rivedere completamente l’offerta e la mediazione della collezione, esaltare la funzione del museo come luogo per la “prevenzione della cecità”: sono stati questi gli obiettivi principali alla base del riallestimento dei 38 ambienti della Pinacoteca completato lo scorso 1 ottobre con l’apertura delle sale dell’Ottocento e l’inaugurazione del VII e ultimo “dialogo”.
Nel concreto, oltre alla revisione del percorso espositivo il nuovo allestimento ha portato colori nuovi e talvolta non scontati alle pareti, una nuova illuminazione, didascalie riviste e aggiornate, nuovi servizi, una revisione dell’accessibilità del luogo anche in termini di orari e tariffe.
Ora Brera ha finalmente un allestimento all’altezza della propria collezione.
Attorno a Ingres e Hayez. Sguardi diversi sulle donne di metà Ottocento è il VII dialogo in scena a Brera fino al 20 gennaio, con protagonisti come il Ritratto di Teresa Manzoni Stampa Borri di Hayez raffigurante la seconda moglie di Manzoni e conservato proprio in Pinacoteca, oltre a tre importanti opere ospiti che, raramente presentate in mostra, danno nota dei differenti modi d’interpretazione del naturalismo nel campo del ritratto ottocentesco. Per fare nomi e cognomi stiamo parlando della cosiddetta “Gioconda di Montauban” ossia il prezioso Ritratto di Madame Gonse di Ingres proveniente proprio dal Musèe Ingres di Montauban, o il Ritratto di Selene Taccioli Ruga di Hayez, e ancora il busto in gesso di Bartolini raffigurante la moglie Ritratto di Anna Maria Virginia Buoni Bartolini, entrambi provenienti da collezioni private e quindi per loro natura solitamente inaccessibili.
Oltre al riallestimento, tra le novità messe in campo negli ultimi anni dal team della Pinacoteca diretto da James Bradburne, vi è anche l’apertura di uno spazio per il ristoro che va a colmare un’incredibile lacuna per una collezione tanto vasta come quella di Brera. Al termine del percorso, i visitatori hanno ora la possibilità di ristorarsi al Caffè Fernanda prendendosi il proprio tempo per visitare la collezione, e magari appassionandosi alla storia dell’incredibile Fernanda Wittgens, prima donna direttrice di Brera.
Fernanda è inoltre la protagonista di una biografia di cui vi abbiamo già parlato, realizzata in serie assieme a quella del visionario Franco Russoli e quella di Ettore Modigliani prevista per il 2019, volumi importanti perché permettono di approfondire l’evoluzione del messaggio promosso da Brera nel corso degli anni.
Per i bambini invece sono stati pensati libri realizzati ad hoc dal personale del museo per offrire anche al pubblico più giovane delle chiavi di lettura per sentirsi a casa nel proprio museo.
E poi ancora attività per famiglie, progetti e strategie per l’inclusione dei pubblici con bisogni ed esigenze differenti, sino all’espediente tutto natalizio di un calendario dell’avvento online che ogni giorno offre la possibilità di conoscere una delle opere della collezione.
Ne abbiamo parlato con il direttore James Bradburne, al timone di Brera dal giugno del 2015 dopo essere divenuto noto nell’ambito museale italiano soprattutto per i nove anni passati a dirigere Palazzo Strozzi a Firenze:
Direttore, 1° ottobre si è concluso il riallestimento completo della Pinacoteca di Brera: quali novità sono offerte al visitatore in termini di esperienza di fruizione del Museo? Quali sono i primi riscontri del pubblico?
Abbiamo annunciato il riallestimento delle sale nel gennaio 2016, e per non chiudere mai completamente il museo si è deciso di procedere per passi, ognuno legato a un cosiddetto “dialogo” ossia un’occasione per rivedere la collezione alla luce di un ospite illustre proveniente da un’altra collezione. Si è partiti riallestendo le sale marchigiane con Perugino e Raffaello, e il primo di ottobre abbiamo portato a compimento questa lunga strada: 38 sale su 38 sono state riallestite, si tratta del primo riallestimento totale della collezione in 40 anni, l’ultimo era avvenuto nel 1978. Con il completamento delle ultime due sale dedicate all’Ottocento, che sono state realizzate ricavando lo spazio da quello che era il “deposito visibile” spostato nella sala 23, ora il percorso è stato ripristinato totalmente, inizia col Medioevo e termina con l’Ottocento appunto. Per il Novecento, di cui possediamo tre fantastiche collezioni, aspettiamo Palazzo Citterio, che però non è ancora pronto per ospitare opere, quindi per ora abbiamo allestito buona parte della collezione nella sala 23 del “deposito visibile”. L’attenzione per le collezioni contemporanee d’altronde si rifà all’impegno dal direttore Franco Russoli, e serve per fare sì che il museo non smetta mai di fare parte del proprio mondo cercando di essere sempre contemporaneo. Sia che si espongano Mantegna, Caravaggio o Picasso, il museo stesso dovrebbe sempre parlare un linguaggio contemporaneo. È stata sostanzialmente questa l’idea alla base del nuovo riallestimento: non c’era bisogno di toccare la collezione che parla per se stessa, ma di riproporla in maniera contemporanea per un pubblico contemporaneo composto da giovani, famiglie, persone di diversa estrazione e nazionalità.
Un’altra operazione importante è stata l’apertura del Caffè Fernanda, possiamo dire per la seconda volta perché negli anni Ottanta un caffè fu aperto nel loggiato, tutti i milanesi lo ricordano con affetto ma era troppo piccolo e non sostenibile quindi scomparve presto, probabilmente durò poco meno di un anno. Al Caffè abbiamo voluto dare il nome della prima donna direttrice di Brera: Fernanda Wittgens.
Per quanto riguarda il riscontro dei visitatori invece è soltanto positivo, numericamente siamo sempre in crescita anche se non la trovo la cosa più importante, credo infatti che siano più significativi i commenti, le voci che la nostra squadra di accoglienza raccoglie alla fine del percorso. Anche io quando bevo un caffè al Caffè incontro persone che vengono da noi ringraziandoci perché hanno avuto modo di riscoprire Brera.
Tutti i milanesi hanno affetto per Brera perché è uno dei luoghi mitici di Milano, ma per trent’anni era un po’ scomparsa dal radar. Ora i milanesi sono orgogliosi della loro Brera, è il primo passo per sviluppare un percorso sempre più positivo ed era proprio questo il punto che abbiamo messo in cima alla lista subito dopo il mio arrivo qui: rimettere Brera nel cuore della sua città, e rimettere il visitatore nel cuore del museo.
…e quindi ora i visitatori stanno riscoprendo Brera come un luogo di valore?
In Italia spesso si fa confusione tra la qualità della collezione e la qualità del museo. La qualità della collezione non cambia, è invariabile sia che le opere vengano esposte sui mobili Ikea sia che facciano parte di un allestimento ben riuscito, la qualità delle opere è sempre la stessa. Mentre ciò che può variare molto è la qualità del museo, la qualità della mediazione, della valorizzazione, del modo in cui la collezione è proposta ai diversi pubblici in diversa maniera. In Italia i musei non sono fantastici, sono molto vari ma non fantastici, i musei di qualità per la maggior parte non sono italiani, per questo spero che il lavoro che abbiamo fatto a Brera mostri come anche un museo italiano possa essere all’altezza della sua collezione.
Si è parlato della necessità di aumentare la riconoscibilità di Brera a livello nazionale e internazionale, anche in termini di “brand recognition” che tanto funziona per alcuni grandi musei italiani, a che punto siamo?
Brand in questo caso è una metafora troppo limitata e limitante. L’idea è l’identità, chi siamo come cittadinanza, siamo come siamo anche perché condividiamo Caravaggio, fa parte della nostra identità come esseri umani e questo va oltre la nazionalità.
È vero che il nome Brera è sconosciuto fuori dall’Italia, e in alcuni casi fuori da Milano. Alcuni stranieri a volte chiedono “Mantegna è a Milano o a Brera?”, ed è vero che l’identità di Brera era un po’ confusa. Col nuovo allestimento abbiamo voluto ripristinare e rinforzare un’identità che però esisteva già, Brera è sempre stato un luogo molto importante e centrale per la città, già nel Trecento come convento e poi nel Seicento come sede Gesuiti.
I valori espressi a Brera grazie al nuovo allestimento non sono più parziali, e l’offerta è finalmente coerente quindi ci possiamo permette anche di dire agli stranieri “venite a Milano per vedere Brera”. Sa, in ufficio ho un grande manifesto degli anni Cinquanta che dice proprio: “se non hai visto Brera non hai visto Milano”, e questo ci ricorda che l’identità di Brera fa parte dell’identità della città. Del resto dopo Expo la città sta ripresentando in maniera molto positiva la propria identità, che però era già stata sviluppata anche culturalmente in anni post bellici. Negli anni Cinquanta Milano era la città di Montale, Ungaretti, Marino Marini, di artisti e collezionisti, era una città vitale e dinamica che negli anni Settanta e Ottanta si è andata perdendo. La cosa bella è che il lavoro che stiamo facendo ora a Brera è lo stesso che stanno facendo tutte le identità culturali della città: la Triennale, il Piccolo, i musei comunali, il Poldi Pezzoli… Milano è una città in piena crescita, ha una coesione cittadina che è rara in Italia, anzi direi che è unica in questo senso. Si sta costruendo un sistema Milano che porterà la città sempre più avanti, e sono molto contento che un museo statale che per anni era rimasto staccato dalla città per via dell’accentramento del Ministero a Roma, grazie alla riforma Franceschini abbia ora avuto modo di rientrare nel cuore della sua città.
Sono molto contento dei risultati che stiamo vedendo, e credo che siamo solamente all’inizio. Il completamento dei riallestimenti è solo un primo passo verso la valorizzazione della collezione in una maniera diversa, all’interno di una Milano molto dinamica, internazionale e contemporanea.
Sente di condividere la sua interpretazione dell’idea di museo con altre istituzioni italiane? Ci sono esempi ai quali guarda per condividere esperienze e idee?
Io credo che uno dei plus della riforma Franceschini sia stata l’autonomia, che significa che ciascun museo può ora definire e comprendere le proprie sfide specifiche, identificare i propri problemi legati alla realtà locale invece di filtrarli dal punto di vista nazionale. Così non ci sono più i problemi e le necessità dei musei nazionali che non esistono, ma ci sono i problemi di Brera, delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, di Capodimonte.. tutti distinti e diversi tra loro. Per fare un esempio Eike Schmidt agli Uffizi aveva altri problemi rispetto a noi, doveva far fronte alla folla e alla gestione della capienza degli spazi, a Brera invece avevamo un grande problema di dimenticanza. Abbiamo dimenticato il nostro passato, i grandi direttori, la Wittgens, Russoli, Modigliani e abbiamo dovuto rinfrescare queste radici. Appena arrivato ho ritenuto necessario commissionare la prima biografia di una donna veramente grande e rivoluzionaria come Fernanda Wittgens che era stata dimenticata, e il suo mentore Modigliani sarà protagonista della nuova biografia che sarà pronta nel 2019.
Anche per me è stato necessario mettermi in ascolto per capire la storia di Brera, stavo cercando la chiave di lettura per rinnovare il museo quando una curatrice mi ha dato la fotocopia di uno scritto di Russoli dove erano già tracciate le grandi linee di questo rinnovamento, io ho dovuto solo riproporle in maniera contemporanea. Russoli era davvero un grande visionario ma è morto nel ‘77 e il periodo coincideva con la nascita del Ministero dei Beni culturali che ha fatto si che Roma prendesse più potere decisionale, e i soprintendenti che vennero dopo ebbero capacità d’azione più limitate. Dare l’autonomia era la decisione giusta.
Lei viene da Palazzo Strozzi, uno degli spazi espositivi più importanti d’Italia che ha diretto dal 2006 al 2015. Quanto e cosa dell’esperienza di Strozzi è stato portata in un museo statale come Brera?
Accoglienza, mediazione, accessibilità sono temi importantissimi. Sicuramente uno dei punti principali è stato l’aver portato una maggiore attenzione per le famiglie che se vogliamo è anche una strategia mirata ai giovani, perché quando una coppia decide di mettere su famiglia in genere l’età è tra i 25 e i 35 anni, quindi è ancora più importante che le porte della cultura non si chiudano per i giovani che decidono di mettere su famiglia. È vero che Strozzi è stato un grande laboratorio in questo senso, ma alcune cose erano già avviate, ricordo di avere iniziato con queste strategie negli anni Novanta ad Amsterdam, poi a Francoforte dove nel Duemila ho fatto la prima valigia per famiglie, intesa come una serie di attività per risolvere il problema della visita museale che si frammenta per via degli interessi diversi degli utenti, con la conseguenza che la permanenza nel museo diventa più corta. Se noi invece creiamo un’attività per famiglie che va incontro ai diversi interessi di tutti, la famiglia rimane di più ed esplora meglio il museo, e questo crea la possibilità dell’emozione e del ricordo che funziona molto.
Il 1 ottobre abbiamo lanciato a Brera la prima valigia per famiglie, sempre cercando di imparare dal passato. Brera negli anni Settanta era leader nella didattica museale, il primo laboratorio di Bruno Munari fu fatto proprio qui. L’innovazione in assoluto esiste poco, dobbiamo imparare, seguire, raffinare, la vera innovazione è la riproposizione di una giusta idea per la sua contemporaneità, ma l’idea di base è la stessa che si sviluppa per anni.
Altro tema è quello dell’attenzione per l’accessibilità: strategie per ipovedenti, ipoudenti, persone afflitte da Alzheimer e gruppi che hanno diverse necessità. Il grande obiettivo è rendere il museo accessibile, non vogliamo dare per scontato che chiunque debba o voglia venire al museo, ma chiunque decide di farlo ha il diritto di non trovare ostacoli, in generale non ci devono essere ostacoli alla partecipazione del museo.
E poi riguardo ai più piccoli abbiamo pubblicato un libro sul restauro illustrato da una nostra bravissima restauratrice, valorizzazione è anche trovare e valorizzare le persone giuste all’interno della propria squadra. Lei ha illustrato anche la trilogia di libri per bambini che ho scritto per dare alcune chiavi di lettura al museo, l’ultimo verrà pubblicato l’anno prossimo. Il desiderio, come a Strozzi ora a Brera, è sempre quello di dare strumenti per fare sì che il museo sia un luogo in cui tutti si sentano a casa, perché è casa nostra e nessuno si deve sentire fuori posto.
Questa è la sfida: fare sentire tutti proprio agio, fare sentile le persone a casa nel museo. È la nostra identità collettiva.
Cosa ci aspetta per il 2019? Quali sono le sfide future per Brera?
Ora abbiamo portato a termine un grande progetto, nel 2019 dobbiamo consolidarlo e iniziare a utilizzare il nuovo museo. Il grande progetto in sospeso è sempre quello, come abbiamo detto, di portare le collezioni del moderno a Palazzo Citterio. Non credo che ci riusciremo nel 2019 ma intanto dobbiamo metterci sui binari giusti per andare avanti al meglio, e portare finalmente a termine un progetto iniziato nel ‘72 quando Russoli comprò il Palazzo che voleva aprire nel ‘79, ma purtroppo con la sua morte il progetto cadde nell’oblio.
La Pinacoteca di Brera tra le sue notevoli collezioni vanta anche un Gabinetto disegni e stampe di prim’ordine, ma che tuttavia si conosce molto poco, ci sono idee o progetti a riguardo?
Brera ha ancora diversi pezzi che purtroppo restano nell’oblio, come il Gabinetto disegni e stampe o gli archivi che non sono ancora propriamente accessibili. Per esempio quando abbiamo fatto le ricerche su Wittgens e Russoli si è trovato diverso materiale ancora non organizzato, per un bel po’ di tempo parte del patrimonio di Brera non è stato purtroppo curato a dovere. Ora dobbiamo operare e restituire queste parti ancora nascoste, ad esempio il Gabinetto disegni e stampe potrebbe essere collocato a Palazzo Citterio, anche se ancora non è stato deciso nulla. Avrebbe senso perché peraltro i disegni vanno fino al contemporaneo, Russoli aveva proprio seguito un progetto di dodici manifesti ciascuno realizzato da un grande artista contemporaneo come Guttuso, Follon, Moore…
Dobbiamo assolutamente valorizzare questo materiale, e l’idea delle tre biografie dei direttori che si concluderà l’anno prossimo con quella di Modigliani farà da apripista alla rivalorizzazione del nostro patrimonio nascosto.
.. al momento c’è quindi poco spazio per le nuove acquisizioni?
In realtà non abbiamo mai smesso e le nuove acquisizioni continuano, ma una volta che avremo a disposizione Palazzo Citterio si risolveranno i problemi di spazio, e potremo decidere veramente come costruire Brera nel futuro. A quel punto potremo avviare anche una nuova strategia di collezione che forse porterà sul contemporaneo…lo vedremo!
Milano non è mai stata una città di ricordi, e in ogni epoca ha voluto essere in grado di rispondere pienamente alle esigenze e al carattere del tempo,
essere sempre contemporanea di ogni momento storico, con aperto spirito civile e poetico. (F. Russoli, 1956)
Didascalie immagini
- VII dialogo: Attorno a Ingres e Hayez. Sguardi diversi sulle donne di metà Ottocento.
- Pinacoteca di Brera. Settimo riallestimento. Sala 37.
- Jean-Auguste-Dominique Ingres, Ritratto di Caroline Gonse, nata Maille, 1851-1852 In alto a destra: “M.me Car.ne Gonse 1852/ J. Ingres Pinxit”. Olio su tela 73 × 62 cm. Montauban, Musée Ingres.
- Pinacoteca di Brera. Settimo riallestimento.
- Francesco Hayez, Odalisca, 1839 Olio su tela 80 × 64 cm. Deposito Accademia di Belle Arti di Brera 1908 Pinacoteca di Brera.
- Pinacoteca di Brera. Terzo riallestimento. Sala 28.
- Pinacoteca di Brera. Caffè Fernanda
- Il Dr James M. Bradburne, Direttore-Generale-Pinacoteca-di-Brera-e-Biblioteca-Nazionale-Braidense-di James O’Mara
IN COPERTINA
Sala 28 della Pinacoteca di Brera, terzo riallestimento
[particolare]
Dove e quando
Evento: VII dialogo: Attorno a Ingres e Hayez. Sguardi diversi sulle donne di metà Ottocento
- Fino al: – 21 January, 2019
- Sito web