…poiché, insomma, che cos’è l’uomo nella natura?
Un nulla in confronto all’infinito, un tutto in confronto al nulla,
un qualcosa di mezzo tra nulla e tutto.
Infinitamente lontano dal poter comprendere gli estremi,
la fine delle cose e il loro principio sono invincibilmente
legati in un segreto impenetrabile per lui,
che è ugualmente incapace di scorgere il nulla
da cui egli è tratto e l’infinito da cui è inghiottito…
(Blaise Pascal)
All’Istituto Italiano di Cultura di Oslo sarà inaugurata giovedì 26 settembre una mostra di arte contemporanea dedicata alla ricerca estetica di Roberto Ghezzi e frutto di studi e ricerche sull’Artico, che l’artista porta avanti da diversi anni in collaborazione con scienziati del Consiglio Nazionale delle Ricerche e con il patrocinio di Centro per l’Arte Contemporanea Palazzo Lucarini Contemporary. L’obiettivo è stato quello di indagare, in chiave artistica, natura e fenomeni connessi al cambiamento climatico. Questa personale si avvale della collaborazione di Italia e Norvegia nella restituzione artistico-scientifica di un ampio progetto che intende ‘far parlare il ghiaccio’ nella condivisa volontà di diffondere, e affrontare, temi ambientali ed ecologici attraverso filtri poetici e critici.
La mostra “White Fades. Art, Science and Change in Polar Lands“, curata da Mara Predicatori, presenterà opere realizzate da Ghezzi in due residenze artistiche, rispettivamente a Tassilaq (Groenlandia, 2022) presso The Red House di Robert Pieroni e alle Isole Svalbard (Norvegia, 2023), presso lo Spitsbergen Artists Center; entrambe realizzate in collaborazione con il CNR ISP (Istituto di Scienze Polari). Un’occasione, non solo di immergersi nella contemplazione di opere d’indubbia fascinazione estetica, ma, soprattutto, riflettere sul cambiamento climatico in atto magari interrogandosi sull’agire umano rispetto a quanto sta avvenendo.
Ghezzi è da sempre concentrato sulla rappresentazione del paesaggio e il rapporto uomo-natura. Con le “Naturografie” (opere prodotte in modo che sia la natura stessa a lasciare proprie tracce – grafia – sulla tela), orienta concettalmente l’indagine in un singolare rapporto tra arte e scienza. Infatti, abdicando parzialmente alla pratica pittorica e lasciando sia la natura a sedimentare sulle tele, le opere diventano oggettificazioni capaci di restituire una dimensione estetico-romantica del paesaggio, ma anche supporto per indagini di matrice scientifica sullo stato degli ambienti e sui fenomeni ecologici.
La particolarità, quindi, è produrre lavori limitando il proprio intervento diretto con un’attenta prassi preparatoria affinché i fenomeni naturali – e gli elementi del paesaggio quali acqua, aria e ghiaccio – lascino le loro impronte per sperimentazioni sempre più ardite e rispettose della natura. Solo così, la traccia non manipolata, si trasforma in una sorta di campione o referto analizzabile scientificamente per la sua neutralità.
Il contributo dei ricercatori Biagio Di Mauro e Fabiana Corami ha portato a interessanti scoperte sullo scioglimento dei ghiacciai. In entrambe le esperienze l’artista ha lasciato che fosse la fusione del ghiaccio a lasciare tracce e, quindi, produrre le sue opere. Nel primo caso delle cianotipie da dilavamento; nel secondo un video prodotto dal rimontaggio di girati prodotti da telecamere trasportate dai rivoli di ghiaccio in rapido scioglimento.
A corredo della mostra vi sono inoltre delle cianotipie di paesaggi che documentano i luoghi attraversati e taccuini con gli appunti visivi e diaristici dell’artista.