… E la sventurata rispose .
La frase di manzoniana memoria ha scolpito nella mente di migliaia di studenti e lettori dei Promessi Sposi, l’immagine di uno dei personaggi fra i più vivi e inquietanti di tutto il romanzo. Suor Gertrude la monaca di Monza, come la chiamò il Manzoni, oltre che personaggio letterario è stata anche personaggio storico. Con il nome di Suor Virginia Maria, al secolo Marianna De Leyva y Marino, riempì con la sua sventurata storia le cronache processuali del suo tempo e lasciò una scia di memorie e suggestioni che ha attraversato i secoli.
Per la prima volta, dopo tanto tempo, fra memorie storiche, letteratura, curiosità e qualche pizzico di torbido noir, la città di Monza ha deciso di dedicare una serie di iniziative alla sua illustre Monaca di Monza, ospitando negli spazi del Serrone della Villa Reale della Reggia di Monza, una mostra dedicata sia alla figura storica di Marianna De Leyva, nobildonna spagnola che sulla fine del Cinquecento a soli 13 anni fu costretta dal padre a prendere i voti nel monastero benedettino di clausura di Santa Margherita di Monza, ma anche alla immagine letteraria e al più vasto fenomeno del mondo femminile nei conventi.
La retrospettiva curata da Simona Bartolena e Lorenza Tonani, racconta attraverso una selezione di 33 opere la storia della Monaca tenendola in bilico tra verità storica e trasposizione romanzata. Una storia che ha attraversato nel tempo tutti i generi letterari: dal romanzo al cinema al fumetto, e presenta accanto ai dipinti, molti dei quali provenienti da prestigiose collezioni come la Gam di Milano e la Pinacoteca di Brera, incisioni, documenti, video e illustrazioni creati per l’occasione.
La mostra è parte del programma delle celebrazioni “Sulle Tracce della monaca di Monza” che coinvolge tutta la città con esposizioni, spettacoli teatrali, incontri e itinerari per celebrare questo straordinario personaggio. Ma la storia della sventurata monaca è anche l’occasione per allargare lo sguardo sul quel fenomeno, molto diffuso fra le famiglie più o meno nobili, di indirizzare alla vita monastica uno o più dei figli cadetti per mantenere indiviso il patrimonio e allargare il proprio potere all’interno di importanti monasteri e ordini religiosi, aprendo il più vasto tema della condizione femminile .
Come tante figlie di famiglie importanti, la monaca di Monza a soli vent’anni già godeva dell’appellativo di “Signora” amministrando potere e beni di famiglia dall’interno del monastero di clausura di Santa Margherita, fino al 1597, anno dell’incontro con Giovanni Paolo Osio, giovane di agiata ma non nobile famiglia monzese, che vantava rapporti di amicizia con importanti famiglie lombarde oltre ad essere in ottimi rapporti con il monastero di Santa Margherita, dove viveva la “Signora”. Le finestre della casa della sua famiglia di Osio si affacciavano proprio sul giardino del monastero e il giovane libertino fra complicità e inganni divenne l’amante della monaca, e dal 1598 al 1608 visse con lei una storia scandalosa, generò due figli, vari omicidi e scandali che portarono al processo ecclesiastico e alla pena su cui si è molto scritto e fantasticato.
Nel percorso espositivo molti dipinti rivelano accanto alla storia della “Signora” anche la realtà del mondo conventuale, alcuni indulgendo nell’atmosfere di irrequietezza e disperazione delle monache e il conforto cercato e sublimato nel rapporto con la natura come Il mese di Maria di Virgilio Ripari.
Suggestive immagini di pittori come Mosè Bianchi, o Giuseppe Molteni propongono un volto per una donna di cui non esisteva un ritratto, ma che viene rappresentato di grande fremente bellezza. Un compendio grafico approfondisce i momenti meno noti della storia di Gertrude e il tema delle malmonacate in letteratura. I romanzi I promessi sposi e La monaca di Monza hanno avuto particolare successo e divulgazione nelle versioni illustrate, in mostra non potevano mancare le edizioni più significative come, per ricordare uno tra le più belle e famose, quella del 1840 de I promessi sposi con i disegni di Francesco Gonin, e l’edizione di Perino de La monaca di Monza uscita intorno al 1880. Ma anche il cinema, la televisione e il teatro fanno la loro parte, con riduzioni da I promessi sposi e dalle storie sulla Monaca di Monza, puntando sia sul realismo che sulla parodia. Presenti anche i nuovi mezzi narrativi, come il fotoromanzo molto in voga negli anni Cinquanta, le nuove forme espressive e i percorsi di rivisitazione del tema con una forte attenzione alla rappresentazione del personaggio attraverso forme comunicative più di massa, che maggiormente ne hanno determinato l’ingresso nel patrimonio dell’immaginario collettivo.
Così fra quadri, immagini di libri, manifesti, fotoromanzi e fumetti ecco l’edizione illustrata ottocentesca de La monaca di Monza di Giovanni Rosini, diffusa a dispense settimanali da 5 centesimi; cartoline, manifesti e fotobuste di film, dai primi anni del XX secolo agli anni Cinquanta e Sessanta; sequenze a fumetti, come un piccolo album nel 1953 dalla Magnesia San Pellegrino e diffuso gratuitamente nelle farmacie, o immagini di storie a fumetti tratte dal Corriere dei Piccoli e altri ancora.
Per ritornare alla realtà storica, nella sala della rotonda dell’Appiani, attraverso dei contributi video, viene ricostruito il processo che condannò la Monaca a essere “murata viva”, con le testimonianze più significative estratte dagli atti originali delle fasi processuali esposti lungo il percorso. Da non dimenticare i percorsi cittadini sulle tracce dei luoghi della vicenda storica.