L’Io non è che una soglia, una porta, un divenire tra due molteplicità.
(Deleuze, Guattari)

C’è ancora tempo fino al 21 luglio per visitare, alle Uccelliere Farnesiane sul Palatino, la mostra “Rara avis. Moda in volo“, un unicum nel suo genere, curata da Sofia Gnoli, organizzata e promossa dal Parco archeologico del Colosseo.

Abiti e accessori provenienti dagli archivi delle più celebri case di moda, sono esposti in un percorso all’interno dei due padiglioni e suddiviso in tre sezioni: Il Mito, Caleidoscopiche Visioni e Le ALI, irreALI, reALI. La alata fantasia della ‘mitica’ Anna Piaggi. Un allestimento immersivo con proiezioni di un paesaggio idilliaco, dei suoni e dei rumori della natura per la voliera che ospita la sezione Caleidoscopiche Visioni e la simulazione di tuoni e lampi nell’altra per la sezione Il Mito.
Sono ammirabili abiti maestosi, look esclusivi e un posto speciale merita l’abito “Vittoria del colibrì”, progettato appositamente per “Rara Avis” da Tiziano Guardini, realizzato in seta non violenta e dedicato al tema della sostenibilità.

Una sezione è poi dedicata agli accessori “aviari” di Anna Piaggi e provenienti dalla sua collezione personale, tra cui una borsa gabbietta con canarini e cappelli di Schiaparelli e Philip Treacy.
La Curatrice sottolinea: “Proprio come due Wunderkammer, le stanze delle meraviglie, che tra il Cinquecento e il Seicento ospitavano rarità naturali e artificiali, le Uccelliere accolgono abiti visionari e accessori nati dalle idee di designer internazionali. Vorremmo far vivere ai visitatori un’esperienza di stupore, come se si immergessero in un piccolo cosmo strabiliante, in cui c’è una corrispondenza tra uomo e animale, per guardare più lontano, al rapporto stesso con la natura”.

Abiti piumati e accessori uccello fanno parte di un lessico allegorico dai molteplici significati, simbolo di contrastanti allusioni – paura, bellezza, prigione e libertà – che ha incantato nei secoli artisti e scrittori, scultori e fashion designer.
Inquietanti o benevoli, comunque metaforici, gli uccelli fanno parte del lessico delle apparenze sin dall’antichità. È il caso di Maat, dea della giustizia dell’Antico Egitto, spesso rappresentata con ali piumate, così come delle Arpie della mitologia greca, mostruose creature con viso da donna e corpo da uccello.

Pappagalli, aquile, struzzi e pavoni hanno periodicamente incantato cavalieri e regine, principesse e muse del gusto. Pensiamo all’ultimo quarto del Settecento quando la regina Maria Antonietta, giocosamente soprannominata da suo fratello Joseph “Testa di piume”, furoreggiava con le sue altissime acconciature pullulanti di uccellini imbalsamati e piccole gabbie, create da Léonard, il suo parrucchiere personale.
Più tardi, come emerge da certe descrizioni di Proust che, in un passo della Recherche, vede trasfigurare la duchessa di Guermantes in uccello del paradiso, le donne iniziarono a subire vere metamorfosi.
Qualcosa di simile sembra accadere con gli abiti e gli accessori in mostra che, attraverso uno stupefacente percorso, fanno dialogare il mondo umano con quello animale.

La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Marsilio Arte dove, accanto al testo della curatrice, si trovano i saggi di Emanuele Coccia, Karen Van Godtsenhoven, Peter McNeil, Natsumi Nonaka e Simona Segre Reinach.

Dettagli

Le tre sezioni espisitive

  • IL MITO
    dedicata al mito e al divino, la prima voliera è ‘popolata’ di abiti-uccello bianchi, neri e oro. Il percorso si apre con l’abito-cigno di Maria Grazia Chiuri per Dior che allude al mito di Leda e il cigno. Si prosegue poi con il cigno nero, che riporta alla memoria la torbida Odile di Il Lago dei Cigni di Tchaikovsky, di Alexander McQueen per Givenchy.
    Di segno diverso il look ‘angelico’, con imponente apertura alare, creato da Donatella Versace per Katy Perry.
    La sezione si conclude con Angel or Devil onirico copricapo di Philip Jones e con un inno alla sostenibilità, La vittoria del colibrì, l’abito realizzato in seta non-violenta di Tiziano Guardini.
  • Le ALI, irreALI, reALI. La alata fantasia della ‘mitica’ Anna Piaggi
    la prima voliera ospita anche la sezione dedicata alla ‘mitica’ Anna Piaggi (1931-2012), pur avendo attraversato la moda con levità, sfiorandola con apparente noncuranza, è stata una delle figure più significative della moda contemporanea.
    Il mondo animale, quello ornitologico incluso, come dimostrano i cappellini e la piccola borsette-gabbia provenienti dal suo guardaroba personale, esposti in questa sezione, sono un omaggio a lei e al suo gusto visionario.
  • CALEIDOSCOPICHE VISIONI
    la seconda voliera è una sorta di giardino dell’Eden, pieno di uccelli fantastici e coloratissimi. In questo viaggio surreale fatto di caleidoscopici abiti si incontrano uccelli esotici, pensiamo a Roberto Capucci o a Jean Paul Gaultier, e bizzarri esemplari ornitologici, è il caso di quell’affascinante mix hollywoodiano tra una farfalla e un uccello del paradiso, che è l’abito creato da Thierry Mugler.
    Si prosegue poi con il vestito piumato di Dolce & Gabbana e con le oniriche creazioni Iris Van Herpen e di Gucci. Alla fine del percorso, ‘uccello della vanità’, ecco l’abito-pavone di Miuccia Prada.

HORTI FARNESIANI

(breve cronologia storica)

1537 Alessandro Farnese
cardinale e nipote di papa Paolo III, avvia un programma di acquisti d’una serie di piccoli appezzamenti, posti fra le falde del Palatino sul Foro e la sommità della collina, fino al versante opposto sul Circo Massimo.

1548 Alessandro Farnese
cede la proprietà al fratello Ottavio, obbligando quest’ultimo a contribuire, con l’enorme cifra di mille e cinquecento scudi d’oro in due anni, all’abbellimento del bene familiare, riservandosene l’usufrutto.

1556-1565 subentra il cardinale Ranuccio.
Intraprende una serie di lavori centrati sull’assetto vegetale del giardino, ancora per buona parte ortivo e a frutteto, con boschetti di olmi e di allori, alberi di magnolia e di agrumi. L’organizzazione spaziale, a riquadri regolari, si arricchisce di treillage a formare pergolati, cupole, tribune e incerchiate, che coprono i viali e le piazzole fra le aiuole, dove sempre più numerose compaiono le fontane.

1565 alla morte di Ranuccio
la proprietà torna al cardinale Alessandro, che acquista altri due terreni limitrofi. Sul fronte nordorientale, affacciato sul Campo Vaccino, realizza: il grande muro con basamento a scarpa che delimita il giardino su questo lato e le torrette angolari alle estremità del muraglione; il portale centrale col teatro d’ingresso retrostante; la rampa di risalita al primo ripiano e il criptoportico incassato nella collina. Risale a questo momento il Ninfeo degli Specchi, erudita esercitazione sul tema della fontana incassata nel terreno a mo’ di grotta, attribuibile forse a Pirro Ligorio.

1591-1626 il giovanissimo Odoardo,
nel 1591 ancora sedicenne, riceve l’eredità politica dello zio Alessandro. Fa realizzare un ambiente a grotta: il triclinio estivo che verrà poi trasformato nel Ninfeo della Pioggia fra il 1612 e il 1626. A questo momento risale anche la terrazza conclusa dal fondale scenografico costituito dal fronte dei ruderi della Domus Tiberiana trasformato in prospetto monumentale in cui si incastona il Teatro del Fontanone. Al di sopra di questo basamento sorgeva ancora una costruzione, residuo delle precedenti vigne, definita nei documenti “uccelliera vecchia”.

1627-1635 Odoardo intraprende le ultime trasformazioni,
in vista del suo matrimonio con Margherita de’ Medici nel 1628. Alla vecchia uccelliera, disassata rispetto al percorso di risalita venutosi a formare nel corso del tempo, ne viene accoppiata un’altra in modo più o meno speculare, rendendo il sistema nuovamente simmetrico rispetto all’asse monumentale. Entrambe le voliere vengono coronate da aeree coperture trasparenti in rete metallica. Ai lati delle uccelliere, per il collegamento con il ripiano superiore del giardino, due scalee spezzate in tre branche intagliano il volume del basamento, formato dalle strutture della Domus Tiberiana, accentuando lo slancio verticale della composizione. Tutto l’insieme così ricongiunto in un organico sistema di architetture sovrapposte e terrazzate, viene ricoperto da una decorazione in parte a graffito in parte a stucchi. Una seconda “catena d’acqua”, o successione di fontane, viene proposta sul versante orientale del giardino, con la nuova Fontana dei Platani, il sottostante e ridecorato Ninfeo degli Specchi e il doppio specchio d’acqua costituito dalle peschiere gemelle. Di quest’ultimo complesso di bacini e fontane resta solo il Ninfeo degli Specchi.

Metà del ‘600 inizia il declino,
quando Ranuccio II trasferisce la corte a Parma, dopo la sconfitta nella guerra di Castro. Da allora nessun membro della famiglia Farnese fissa più la propria residenza nella città dei papi.

14 novembre 1692
lettera che attesta che i giardini, che costituiscono una grossa spesa, vengono dati “a coltivare a giardinieri d’habilità e fede, che abbiano a contentarsi del frutto, che ne caveranno, invece delle provigioni, che si sono pagati per lo passato.”

1718 – 1854
dai documenti si apprende la progressiva trasformazione del giardino in consolidata azienda agricola, la “Reale Azienda Farnesiana”.

1721 – 1727
il duca di Parma Francesco I intraprende lo scavo dell’area. Scoperta di tre grandi ambienti della Domus Flavia: il Lararium, l’Aula Regia e la Basilica. Vengono rinvenute le statue più belle della collezione conservata nel museo della Pilotta a Parma: i due nudi maschili colossali in basalto dell’Ercole e del Dioniso Farnese.

20 gennaio 1731 muore Antonio senza eredi maschi
e l’unica discendente, Elisabetta Farnese, sposa Filippo V di Borbone.

1809 – 1814
amministrazione francese a Roma, il prefetto napoleonico conte di Tournon, fa disegnare un nuovo assetto del giardino simile a un parco pubblico. L’idea non vede la luce, invece viene realizzato il progetto, attribuito al Valadier, per una riedizione in veste neoclassica delle uccelliere, prive delle coperture a pagoda, saldate da un corpo centrale e rese abitabili per il conte.

1861 l’imperatore francese Napoleone III
compra con fondi del proprio patrimonio personale gli Orti Farnesiani da Francesco II di Borbone, con l’esplicito proposito di condurvi scavi. L’impresa viene affidata all’archeologo italiano Pietro Rosa. Avviene la completa distruzione delle coltivazioni, mentre le costruzioni e le fontane vengono conservate o parzialmente riadattate con lievi modifiche, come le uccelliere, che diventano l’abitazione del direttore degli scavi.

1870 gli Orti Farnesiani vengono acquistati dal Governo Italiano.

1876
Rodolfo Lanciani viene nominato direttore degli scavi. La superficie dei giardini viene drasticamente ridotta. La facciata nord, sul Campo Vaccino, e i casini angolari vengono rasi al suolo. Il portale del Vignola viene smontato.

Inizio del ‘900
l’archeologo Giacomo Boni prosegue gli scavi e riprende anche a occuparsi del giardino. Reintroduce essenze esotiche a ricordo del ruolo di Orto Botanico del giardino nel corso del Seicento. Riporta alla luce il Ninfeo degli Specchi, dalla metà del XVIII secolo seppellito da detriti di scavo e vegetazione inselvatichita. Viene sepolto negli Orti Farnesiani.

1957
rimontaggio del portale del Vignola in via di San Gregorio, quale accesso monumentale al parco archeologico del Palatino, ancora attuale ingresso.

Didascalie immagini

1- Uccelliere Farnesiane, Parco archeologico del Colosseo
foto
© Simona Murrone

2-3-4-5 – Rara Avis, alcuni scatti dell’allestimento

 

Dove e quando

Evento:

Indirizzo: Uccelliere Farnesiane - Parco archeologico del Colosseo -
[Guarda su Google Maps]

Fino al: 21 Luglio, 2024