“Quando sei qui con me, questa stanza non ha più pareti ma alberi, alberi infiniti…”
Gino Paoli, Il Cielo in una stanza, 1960
Quando un giovane Gino Paoli scriveva questi versi, inventando e parlando di alberi, soffitti viola e niente pareti, lo faceva sicuramente prendendo spunto dal mondo utopico che ogni artista nutre dentro (e fuori) di sé.
Così utopia è una canzone, è un sentimento, è una ricerca.
Quando l’utopia è anche radicale ecco che ne viene fuori un qualcosa di ancora più grande come Utopie Radicali Oltre l’architettura: Firenze 1966-1976: una mostra promossa e organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi, Fondazione CR Firenze e Osservatorio per le Arti Contemporanee che si tiene a Firenze, nella sede di Palazzo Strozzi – Strozzina – e che racconta il movimento architettonico radicale a Firenze negli anni Sessanta e Settanta.
Per la prima volta i movimenti e i protagonisti che hanno rivoluzionato l’architettura contemporanea, tra utopia e demolizione della disciplina insieme in una mostra curata da Pino Brugellis, Gianni Pettena e Alberto Salvadori, con la collaborazione di Elisabetta Trincherini.
A Palazzo Strozzi si celebra così la creatività fiorentina del movimento radicale tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento con 320 opere tra cui abiti, gioielli, tessuti, porcellane, lampade, mobili, foto, fotomontaggi, collage, modellini e progetti.
Design, video, installazioni, performance e narrazioni, le opere visionarie di Archizoom, Remo Buti, 9999, Gianni Pettena, Superstudio, UFO, Zziggurat, gruppi e personalità che hanno reso Firenze negli sessanta e settanta il centro di una rivoluzione creativa che ha segnato lo sviluppo delle Arti.
A mezzo secolo di distanza dalla loro nascita e diffusione (tra 1966 e 1976), quando erano solo giovani studenti alla ricerca di un connubio tra l’utopia architettonica e tecnologie, questa generazione di artisti – la prima in Italia a portare avanti una profonda revisione e una nuova visione della disciplina architettonica – viene raccontata in un percorso espositivo che durerà fino al 21 gennaio.
Andare oltre l’architettura. Essere radicali. I ricercatori fiorentini che hanno voluto ribaltare le strategie progettuali e le piattaforme concettuali, anche attraverso performance urbane e cortocircuiti operativi.
Se è vero che tutto nasce e si struttura a Firenze e poi si diffonde a Milano, Torino, Napoli, è vero anche che la maggior parte dei pezzi presenti in mostra vengono da musei come il MoMA di New York, il Centre Pompidou di Parigi, il Canadian Center for Architecture di Montreal, il FRAC Centre di Orleans, il MAXXI di Roma.
Ma chi erano e cosa volevano ottenere questi giovani alla ricerca di una nuova visione?
Negli anni della fondazione e della diffusione della Ricerca Radicale – tra 1966 e 1976 – Firenze stava riemergendo dalle acque del 4 novembre 1966 e quello stesso dicembre a Pistoia, una mostra intitolata Superarchitettura, fece uscire allo scoperto gruppi come Archizoom e Superstudio, mentre altri come Pettena e UFO, erano già operativi fuori e dentro l’università.
I Radicali iniziarono una demolizione della disciplina attraverso azioni di guerriglia, cortocircuiti e trasgressioni che miravano a scardinare quella società borghese indifferente al dibattito culturale contemporaneo. È il momento in cui si vive forte la contrapposizione tra quanto già fermo e costruito e le nuove generazioni che vogliono invece il proprio spazio: il movimento architettonico radicale a Firenze si contraddistingue per l’originale e proficuo scambio tra la ricerca architettonica e le arti visive, andando appunto oltre l’architettura; incontrando le provocazioni e il fermento del Sessantotto ne ha tirato fuori il meglio.
Così se nella terra fertile di idee e cultura si è aperta la strada a una nuova visione, nelle aule universitarie – straordinario laboratorio ideale – si è sviluppata una tendenza basata sulla necessità e sull’importanza di una “revisione” della disciplina architettonica, che venne così rimodellata dando origine a un’architettura “spontanea”.
In mostra le complessità che erano proprie di quegli anni: gli intrecci tra arte, design e architettura, ma anche la musica e il mondo dei grandi concerti, quello delle discoteche e dei club, dallo Space Electronic dei 9999 a Firenze al Bamba Issa degli UFO a Forte dei Marmi.
Progetti d’interni e mobili, ormai iconici, come Superonda e Safari di Archizoom, Bazar di Superstudio e Rumble Sofa di Gianni Pettena, presentati accanto alle interpretazioni utopiche del mondo rese attraverso i disegni, i fotomontaggi e le immagini di opere come Monumento continuo e Architettura interplanetaria di Superstudio, No Stop City di Archizoom, La città n. 551 di Remo Buti, Linear City di Zziggurat e Giro d’Italia di UFO.
Il pensiero critico dell’utopia radicale è sicuramente oggi, più di ieri, necessario.
Guardiamo oltre la struttura e lo schema. Lasciamoci contaminare.
Lasciamoci prendere dai cambi di rotta.
Impariamo ad essere “intelligentemente radicali” e a cercare intorno a noi soffitti viola e niente pareti.