Leggendo il titolo di questo articolo sarete forse indotti a pensare che voglia parlare dell’oscurità del linguaggio giuridico, della prossima legge di bilancio con i suoi due articoli da tremila commi l’uno, insomma dell’esperienza che di solito abbiamo quando incontriamo il linguaggio legislativo o amministrativo, che spesso ci appare mostruoso, con i suoi arcaismi, tecnicismi, sigle non sciolte, forestierismi, costruzioni sintattiche difficili da leggere, periodi con cento termini, quando per un’agevole lettura non si dovrebbero superare le venticinque parole per ciascun periodo… e questo mio primo periodo supera già le centodieci parole, quindi predico bene e come sempre razzolo molto peggio.
In realtà mi riferisco ad una vera e propria mostra, da visitare, seppure virtualmente come ormai siamo abituati a fare in tempo di pandemia, dedicata ad una legge, una Legge con la L maiuscola, mi verrebbe da dire. Mi riferisco alla famosa Legge 1° dicembre 1970, n. 898: Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio, in Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, 3 dicembre 1970, n. 306, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1970, pp. 8046-8048, della quale quest’anno ricorrono i cinquant’anni.
A tale Legge è dedicata appunto una mostra ospitata sul sito del Partito radicale, che in quegli anni fu uno dei soggetti più attivi su quell’argomento.
L’inusuale mostra ripercorre il periodo che portò all’emanazione della legge, con i dibattiti che animarono la vita pubblica italiana, attraverso foto e immagini d’archivio che rendono anche conto delle numerose pubblicazioni (giornali e riviste) che si occuparono del tema. Si tratta di ventisette immagini, liberamente consultabili che si occupano anche di documentare il periodo successivo all’entrata in vigore della Legge e che portò all’indizione di un referendum per l’abolizione della stessa, richiesta che, come noto, fu respinta.
Si tratta di una delle Leggi più importanti della nostra Repubblica che andava ad aprire un periodo di numerose riforme legislative che avrebbero per sempre cambiato la società italiana. Si pensi alla Legge 39 del 1975 “Attribuzione della maggiore età ai cittadini che hanno compiuto il diciottesimo anno e modificazione di altre norme relative alla capacità di agire e al diritto di elettorato”, che comportò il diritto di voto, e molti altri, ai diciottenni, o alla legge 15 dicembre 1972, n. 772 recante Norme per il riconoscimento della obiezione di coscienza, che introdusse la possibilità di non svolgere il servizio militare di leva in Italia per motivi morali, religiosi e filosofici, introducendo la possibilità di effettuare un servizio non armato. Ma si pensi anche alla famosa Legge 13 maggio 1978, n. 180, in tema di “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori” ai più nota come Legge Basaglia o all’introduzione della Legge 20 maggio 1970, n. 300 “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale, nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”, anch’essa nota col nome di Statuto dei lavoratori.
L’elenco potrebbe essere lungo a testimoniare il grande fermento politico che portò un indubbio avanzamento nei diritti civili e sociali del nostro Paese.
Ma la legge di cui vi ho voluto parlare, alla quale è appunto dedicata la mostra di cui vi dicevo e che vi consiglio di “visitare” è anche nota come “Legge sul divorzio”.
Si potrebbe allora pensare che prima del 1970 tale parola fosse sconosciuta al diritto. Si farebbe un errore. Infatti come potrete verificare consultando i documenti legislativi e non, consultabili sulle banche dati LGI (Lessico Giuridico Italiano) e LLI (Lingua Legislativa Italiana) tale parola è attestata nei suddetti archivi digitali già dal 1593. Come sempre però tale istituto era usabile, per lo più dal marito e la moglie poteva fare ricorso ad esso in casi eccezionali (eccessi, sevizie, ingiurie gravi, condanna a pene infamanti).
Riporto qui di seguito due esempi tratti dal Codice di Napoleone il Grande pel Regno d’Italia, (Milano, dalla Reale Stamperia, 1806) nel quale si statuisce che “Potrà il marito domandare il divorzio per causa d’ adulterio della moglie” (articolo 229 comma 1), ma il medesimo diritto era riconosciuto alla moglie solo qualora il marito avesse tenuto “la sua concubina nella casa comune” (art. 230, comma 1). Sarei un ingenuo o uno sciocco se pensassi che la legge 898 del 1970 o la stessa riforma del diritto di famiglia di pochi anni dopo, abbiano sanato e rimediato alle molte disparità che ancora affliggono le nostre compagne di viaggio, ma di certo i protagonisti delle rivendicazioni politiche di quegli anni vanno ricordati e credo …ringraziati.
Didascalie immagini
- 1966: nasce la LID Lega per l’Istituzione del Divorzio
- Marzo 1971: manifestazione in piazza San Pietro contro l’interferenza clericale, si raccolgono nelle chiese le firme per il referendum abrogativo
- 12 maggio 1974: la vittoria del No al referendum mantiene in essere la Legge sul divorzio
- Giambattista De Luca, Il dottor Volgare, Roma, Giuseppe Corvo, 1673
IN COPERTINA
Roma, 14 Luglio 1970: manifestazione in favore dell’introduzione della legge sul divorzio
[particolare]
(fonte)