O Vivïana May de Penuele,
gelida virgo prerafaelita, o voi che compariste un dì, vestita
di fino argento, a Dante Gabriele,
tenendo un giglio ne le ceree dita.
Gabriele D’Annunzio: Isaotta Guttadàuro, Viviana (1886)
Gabriele D’Annunzio, nell’evocare una figura femminile dal fascino evanescente ed etereo, trovava nella pittura dei Preraffaelliti e in particolare nelle donne dipinte da Dante Gabriel Rossetti, il modello di riferimento, quella “donna angelicata” del Dolce Stil Novo la cui essenza assoluta era incarnata dalla Beatrice dantesca, colei che “par che sia una cosa venuta / da cielo in terra a miracol mostrare” (Dante Alighieri, Vita Nova, XXVI, Tanto gentile e tanto onesta).
Ed era stato proprio Rossetti a immortalarne l’idea stessa nella sua Beata Beatrix, con il volto incorniciato dalla fulva nube delle chiome, e le forme celate dai panneggi dell’ampia veste: un’immagine rivoluzionaria, in un’epoca in cui la silhouette femminile era artificiosamente modellata dai corsetti, stretti fino a togliere il respiro. Di Dante Gabriel Rossetti e di quello che è stato il movimento dei Preraffaelliti, che ha attraversato non solo l’arte ma la società tutta dell’età vittoriana, ci offre una visione completa e ammaliante la grande mostra in corso al Museo San Domenico di Forlì dal 23 febbraio al 30 giugno 2024. Già Il titolo, Preraffaelliti. Rinascimento moderno, suggerisce il filo conduttore seguendo il quale le oltre trecento opere esposte sono state selezionate e poste a confronto.
La nascita della Confraternita dei Preraffaelliti risale al 1848, un anno incendiario per l’Europa continentale, attraversata da moti rivoluzionari che la Gran Bretagna guardava da lontano, “splendidamente isolata” – come l’avrebbe definita un politico a fine secolo – e rivolta più all’ampliamento e consolidamento del proprio impero coloniale che alle vicende europee. Alcuni giovani artisti, tra i quali William Holman Hunt e Dante Gabriel Rossetti – che sarà il vero animatore e fulcro del gruppo – riuniti a casa di John Everett Millais, fondavano la Confraternita con lo scopo di rinnovare la pittura inglese, ingessata dalle severe norme formali imposte dalla Royal Academy: l’arte inglese appariva ormai completamente avulsa dalla realtà di una società in rapida trasformazione, nella quale la rivoluzione industriale stava sconvolgendo tutte le regole e i principi consolidati da una tradizione secolare.
Fino dal nome, i Preraffaelliti affermarono il proprio ideale artistico: la pittura dei Primitivi, che non tradiva il vero a favore del bello legando ideale etico e purezza delle forme, secondo un principio che ritenevano fosse andato smarrito nei secoli successivi, a partire appunto da Raffaello. Questa convinzione, che costituiva l’elemento fondante dell’estetica preraffaellita, è messa in risalto nel percorso espositivo che si apre con i maestri italiani tra XIV e XVI secolo, presentando opere di Beato Angelico, Filippo Lippi, Luca Signorelli, Botticelli. Proprio ai Preraffaelliti si deve la riscoperta di quest’ultimo, che era stato rapidamente dimenticato dopo la sua morte: di Botticelli sono presenti in mostra opere celebri come Pallade e il Centauro e il Ritratto di giovane donna (la bella Simonetta) entrambe provenienti dalla fiorentina Galleria degli Uffizi.
Una serie di disegni di architetture italiane realizzati da John Ruskin, introduce la figura del critico d’arte, poeta e pittore, appassionato di Venezia e dei suoi edifici gotici, che ebbe un ruolo fondamentale per il movimento preraffaellita, divenendone il teorico di riferimento. Scrive Ruskin che i Preraffaelliti “non imitano la pittura, dipingono semplicemente dalla natura […] opponendosi in realtà all’intero sentire delle scuole del Rinascimento“. William Holman Hunt, che della Confraternita fu uno dei fondatori, notava nelle sue memorie come la loro ammirazione fosse rivolta verso “i tratti ingenui schiettamente espressivi e la grazia spontanea” propri dell’arte del Quattrocento, “così vigorosa e innovativa”, fiorita prima che si affermassero le regole della prospettiva.
Il successo dei romanzi storici di Walter Scott, primo fra tutti Ivanhoe, ambientato all’epoca delle Crociate e pubblicato nel 1820, si inseriva nel filone del cosiddetto romanzo “gotico”, nato alla fine del Settecento, che conobbe notevole fortuna nell’età romantica, improntando un gusto che coinvolse architettura e arti figurative. Di questa atmosfera è espressione la serie di Arazzi del Santo Graal su disegno di Edward Burne-Jones, realizzata in collaborazione con William Morris, fondatore del movimento Arts and Crafts, che dei Preraffaelliti condivideva gli ideali. L’intento di Morris era quello di restituire valore estetico al lavoro dequalificato dell’industria, trasformando l’operaio in un artigiano-artista e nobilitando la sua alienante e ripetitiva fatica quotidiana fino a trasformarla in creazione artistica.
Dante Gabriel Rossetti era figlio di un esule politico italiano: studioso di Dante Alighieri, da giovanissimo aveva pubblicato una traduzione in inglese della Vita Nova e di testi dei poeti stilnovisti. Episodi della vita di Dante e temi cavallereschi neomedioevali furono i primi soggetti nei quali si espresse la sua attività di pittore: studente presso la Royal Academy, vi conobbe alcuni dei futuri membri della Confraternita Preraffaellita. Le figure femminili, tema prediletto nella pittura di Rossetti, furono la fonte del suo successo ma anche causa di pesanti attacchi da parte di alcuni critici dell’epoca, che le consideravano espressione di immoralità in una pittura morbosamente estetizzante e decadente. Opere quali La vedova romana o il ritratto di Louisa Ruth Herbert saranno per contro molto apprezzate dai simbolisti e dagli artisti del surrealismo.
Negli anni della maturità Rossetti abbandona il rigore austero dei dipinti ispirati ai Primitivi per volgersi a forme morbide, caratterizzate da un intenso cromatismo che guarda alla pittura veneta del Cinquecento, primi fra tutti Tiziano e Veronese. Alle opere di questi maestri il percorso della mostra accosta anche alcuni dipinti di Frederic Leighton, che si unì ai Preraffaelliti all’inizio degli anni Sessanta ed ebbe un ruolo di notevole importanza per la diffusione della cultura figurativa italiana in Gran Bretagna.
La sezione conclusiva è dedicata agli artisti italiani che a partire dalla seconda metà dell’Ottocento dettero inizio in architettura e nelle arti decorative a uno stile neorinascimentale, espresso in realizzazioni quali la Galleria Vittorio Emanuele II a Milano e Piazza della Repubblica a Firenze. In pittura, il revival delle forme quattrocentesche si accompagnò al tentativo di creare una cultura figurativa nazionale unitaria, guardando in particolare all’esempio di Botticelli, al quale si ispirò soprattutto Giulio Aristide Sartorio, autore del fregio che decora la Camera dei Deputati.
Scrive Elizabeth Prettejohn nel saggio introduttivo al catalogo: “Questa mostra ci racconta come l’amore per il Rinascimento italiano abbia ispirato gli artisti britannici a dare vita a creazioni innovative. In questo processo, gli artisti guardarono all’arte italiana del passato con occhi nuovi e nuove intuizioni. E, come vedremo alla fine del percorso espositivo, questa visione diversa riuscì a sua volta a galvanizzare gli artisti italiani della generazione successiva“.