Al Museo Civico di Palazzo Fogazzaro a Schio, prosegue fino al prossimo 26 marzo, un’esposizione per chi ama davvero la montagna perché ricostruisce e racconta la storia di Porte sul Pasubio, la città della guerra, il rifugio, la nascita dell’alpinismo e del turismo che diventa di massa. Lo fa riunendo insieme più di trecento fotografie, per la quasi totalità inedite e scattate da chi vi viveva, ritrovate in gran parte presso archivi familiari, biblioteche e musei.

Immagini che testimoniano la guerra, ma, ancora di più, il bisogno che ogni soldato aveva di casa, di paese. Esprimono un senso di appartenenza difficilissimo da pensarlo possibile durante un conflitto bellico. Porte del Pasubio è una sella, un passo, l’immediata retrovia del fronte. Era sorta una piccola città e, per i soldati che vi arrivavano per la Strada delle Gallerie, appariva, di colpo dall’alto, una moltitudine di case e baracche aggrappate l’una sull’altra alla roccia.

È questo sentimento che la mostra indaga, la sua energia capace di prendere possesso di quello che era solo il costone aspro, inospitale e disabitato di un monte, e trasformarlo in un “luogo”. A guerra finita sarà proprio in questo piccolo centro che il CAI di Schio costruirà il suo rifugio su una casa dei soldati.

Scelta fortemente simbolica, di adozione del Pasubio da parte di una città e dei paesi delle valli, inaugurato nel 1922, si chiamava Rifugio Pasubio e, ampliato più volte negli anni successivi, è ora il Rifugio Papa e, anche di questa lunga storia, racconta la mostra.

Ulteriore aspetto è la scoperta della montagna perché, prima del conflitto bellico, non vi si andava ed è stata la guerra ad aprirla. Da un lato, per tre anni, era stato tutto un costruirvi strade, mulattiere, sentieri che permettevano di arrivare ovunque, dall’altro era entrata nella vita di milioni di soldati, ma, soprattutto, nell’immaginario di tutti. Luoghi sconosciuti divenuti improvvisamente noti che volevano essere vissuti per rendersi conto e comprendere.

Così, Porte del Pasubio, lo snodo di tutte le strade e i sentieri che portano in Pasubio dal versante vicentino del monte, si è ritrovato a essere, con il rifugio, il punto di riferimento di ogni escursione: allo stesso tempo meta, riparo, luogo di incontro, base per altre ripartenze. Uno snodo di storie.

La mostra, curata da Claudio Rigon, è divisa in quattro sezioni: la prima parte dal terribile inverno del 1916 -1917 e prosegue con il sorgere della piccola città di guerra, il suo consolidarsi nel corso dell’estate, la vita che vi si svolgeva. Si chiude con i primi escursionisti che, finita la guerra e appena sciolta la neve, salgono in Pasubio e trovano la cittadina ancora integra, ma abbandonata e vuota.

La seconda sezione racconta la storia del Rifugio Pasubio, dalla sua inaugurazione il 2 luglio del 1922 con le quasi quattromila persone salite per l’occasione, facendo rivivere il sentimento epico e anche religioso di quella giornata. Un rifugio che deve subito ampliarsi perché troppo piccolo per come sta cambiando il rapporto con la montagna.

La terza sezione è dedicata gli anni dell’Ente Provinciale del Turismo e del forte investimento sul Pasubio per una promozione turistica allargata; della costruzione della Strada degli Eroi; della ristrutturazione di quella degli Scarubbi; delle auto che salgono fino a Porte; dell’istituzione di un servizio di autocorriere domenicale; dell’idea – per fortuna poi abbandonata – di una funivia. Anche il rifugio si amplia nuovamente ed è allora che diviene Rifugio Papa.

L’ultima sezione documenta, dal secondo dopoguerra fino a oggi, il Rifugio Papa come lo abbiamo conosciuto noi, l’escursionismo che diventa di massa, il modo in cui l’andare in montagna si trasforma, i problemi che pone. Il rifugio deve nuovamente allargarsi, il nuovo corpo inaugurato nel 2022 ripropone, con un disegno moderno, semplice e pulito, la forma a capanna alpina del primo Rifugio Pasubio.

Accompagna la mostra un catalogo che ne è la fedele trasposizione in formato grande libro (edito da CAI sezione di Schio).