«Con molta probabilità, Picasso è misconosciuto come poeta.
I legami che intrattiene con la poesia sono in realtà profondi, diversi e scarsamente indagati.»
(Cécile Debray, Presidente Musée national Picasso, Parigi)
Picasso eccelle in ogni genere, feconda arti “nobili” (pittura e scultura) con tecniche mutuate dalle arti “minori” (artigianato), fa esplodere con gioia gerarchie e tradizioni, sviluppando una carriera di longevità, profusione e virtuosismo sconcertante. Fu anche un poeta appassionato di letteratura greca e latina illustrando, nel 1930, le Metamorfosi di Ovidio, una serie di incisioni da cui nascono le sue invenzioni mitologiche come la caduta di Fetonte (citata da Giulio Romano nella Camera delle Aquile di Palazzo Te); l’amore di Giove e Semele; la tragica vicenda del principe Cefalo con la bella Procri; la fatale vendetta di Ercole contro il centauro Nesso, le cui storie sono presentate sempre da Giulio Romano nella Sala dei Cavalli; la morte di Orfeo, rappresentata negli affreschi nella Loggia delle Muse; il sacrificio di Polissena sulla tomba di Achille; la seduzione della ninfa Pomona per Vertumno; il Minotauro; l’unione di Pasifae con un toro inviato dal dio Poseidone, raffigurata nella Camera di Amore e Psiche sempre di Palazzo Te. Questa simbiosi è al centro della mostra Picasso a Palazzo Te. Poesia e salvezza realizzata in collaborazione col Musée national Picasso-Paris.
E’ altresì noto che divenne l’illustratore di innumerevoli libri di scrittori e poeti come Apollinaire, Jacob, Reverdy e Leiris, oltre che di Luisde Góngora, Honoré de Balzac. Viaggia così nella poesia esplorando, con accenti di ironia e angoscia, il potere trasformativo e la mortalità del desiderio, così come la possibilità di un suo riequilibrio attraverso la magia dell’esperienza lirica. E’ sicuramente meno noto come, per tutta la vita, rimase legato al mondo dei poeti e degli outsider, quelli che lo accolsero a Parigi nel 1900, quando aveva solo diciannove anni. A trenta, divenne scrittore, drammaturgo e poeta, scrivendo in francese nonostante non conoscesse una parola della lingua al suo arrivo. Lungamente respinto dalle istituzioni ufficiali francesi e marchiato come “straniero”, “presunto anarchico” o artista d’avanguardia, forse non è un caso che divenne un artista-Mercurio mascherato e che la sua carriera si svolse negli interstizi della società, ai confini della poesia, della mitologia e della metamorfosi.
È nella commedia dell’arte che scopre la figura di Arlecchino, è nella mitologia antica che riprende quella del Minotauro: i suoi due alter ego e, proprio attraverso l’autoritratto celato, esprimeva dubbi, ansie e vulnerabilità.
Oltre alla leggendaria personalità la mostra rivela oggi un affascinante dietro le quinte, popolato dai suoi amici intimi, i suoi “doppelgänger”, e dalle sue meraviglie.
L’esposizione, visitabile a Mantova fino al 6 gennaio 2025 e curata da Annie Cohen-Solal, storica e saggista, in collaborazione con Johan Popelard, curatore del patrimonio e capo del dipartimento delle collezioni del Musée national Picasso-Paris, è accompagnata da un catalogo illustrato edito da Marsilio Arte.