Fino al prossimo 30 giugno, al MAR Museo d’Arte della città di Ravenna, prosegue “Oliviero Toscani. Più di 50 anni di magnifici fallimenti”. Per la prima volta in un museo italiano, una mostra del fotografo con quasi centocinquanta scatti che focalizzano sulla sua potenza creativa capace di far discutere ovunque. Curata da Nicolas Ballario e con l’organizzazione di Arthemisia, il titolo è facilmente comprensibile per chi conosce la storia di Toscani. Il fallimento rappresenta per l’artista una prospettiva, per non fermarsi mai e sfidare ogni limite. L’esposizione gravita attorno a un corpo centrale di immagini costituito da cento fotografie di piccolo formato per ripercorrere la carriera oltre a due corpi di lavoro che si sviluppano lateralmente: il “Progetto Razza Umana” e il “Focus newyorchese”.
Il corpo centrale è una sintesi ragionata dei tanti ambiti creativi toccati. Toscani nasce a Milano nel 1942 ed è figlio d’arte: suo padre, Fedele, è stato il primo fotoreporter del Corriere della Sera. Sono proprio il padre, la sorella e il cognato Aldo Ballo (il più affermato fotografo del design milanese) a spingerlo a studiare in una grande scuola e la migliore, in quel momento, era a Zurigo, la Kunstgewerbeschule, con Johannes Itten come preside – il maestro del colore del Bauhaus – e con alcuni dei più importanti grafici e fotografi del mondo come insegnanti. Qui imparerà la teoria del colore, la tecnica e la composizione.
Di questo periodo sono gli scatti che un Toscani, appena ventunenne, realizza a Don Lorenzo Milani, nella sua scuola di Barbiana. Si diploma nel maggio del 1965, gli anni della frattura con il vecchio mondo, gli anni dei Beatles e dei Rolling Stones, della minigonna inventata da Mary Quant, sono gli anni delle contestazioni studentesche. Toscani è sempre lì, pronto a immortalare gli eventi salienti che contraddistinguono la sua generazione.
Infatti è in prima linea al concerto del Velodromo Vigorelli di Milano per fotografare i Beatles in occasione della loro unica tournée italiana. Con baffi alla Gengis Khan, stivaletti della beat generation e ovviamente capelli lunghi, Toscani ci mette poco ad affermarsi e a diventare uno dei fotografi più richiesti dalle riviste di tutto il mondo.
Agli inizi degli anni Settanta decide di trasferirsi a New York ed è datato 1973 il suo primo grande “scandalo”: fotografa in primissimo piano il fondoschiena di Donna Jordan con su i jeans e ci piazza sopra lo slogan “Chi mi ama, mi segua”. Il manifesto farà il giro del mondo e le polemiche infuriano come mai era accaduto in ambito pubblicitario. È Pier Paolo Pasolini – sulla prima pagina del Corriere – ad ammonire tutti quei facili moralismi, parlando di come l’immagine ponesse un fatto nuovo, una eccezione nel canone fisso dello slogan, rivelandone l’imprevista possibilità espressiva.
Il nome di Oliviero Toscani, e non solo le fotografie, diviene noto in tutto il mondo e gli anni Settanta sono quelli che lo vedono come forza creativa dietro i più grandi giornali e marchi, il vero innovatore della moda a livello mondiale, soprattutto per Elio Fiorucci, con il quale stringe una forte collaborazione, oltre che un’amicizia indissolubile.
Nel 1982 avviene invece l’incontro che cambierà il mondo della comunicazione: Toscani inizia a realizzare le campagne per Luciano Benetton, dando vita a una serie ormai radicata nell’immaginario di tutti. Viene inventato il marchio “United Colors” il rettangolino posto sulle fotografie che scuoteranno le coscienze planetarie. Ribaltando il senso delle fotografie di moda e con tali campagne, Toscani parla di razzismo, fame nel mondo, Aids, religione, guerra, violenza, sesso, pena di morte. In quegli anni attira su di sé pesantissime accuse, quelle di sfruttare i problemi del mondo per fare pubblicità ai maglioni. È l’esatto contrario: Toscani usa il mezzo pubblicitario per parlare dei problemi del mondo.
Anche dopo il lavoro per il marchio trevigiano i suoi “scandali via advertising” arrivano puntuali: dà uno slancio alla discussione sulla regolamentazione delle unioni gay, creando una grande campagna che mostra una coppia di omossessuali in atteggiamenti affettuosi su un divano o mentre spingono un passeggino. Nel 2007, invece scuote violentemente il fashion system, facendo trovare pronta – proprio per la settimana della moda di Milano – una campagna con la fotografia di una ragazza anoressica completamente nuda, a mostrare i segni distruttivi della malattia che le case di abbigliamento invece sfruttano.
Nel 2018 torna a dirigere il centro di ricerca sulla comunicazione fondato insieme a Luciano Benetton quasi trent’anni prima e, in mostra, è presente anche il primissimo piano di un uomo di etnia africana con due occhi di colore diverso tra loro, fotografia con la quale Toscani lanciò il centro di ricerca (David Bowie fu così colpito da quell’immagine da decidere di scrivere la canzone Black Tie, White Noise).
Come accennato sopra, il percorso espositivo prosegue con due corpi di lavoro distinti. Dal 2007 Toscani dette vita al progetto “Razza Umana”, con il quale ha girato mezzo mondo ritraendo persone nelle piazze e nelle strade, mettendo in piedi uno studio itinerante. Forse è dalle parole di Achille Bonito Oliva che emerge forte il senso di questo progetto: “Nella Razza Umana, una galleria infinita di ritratti di varia e anonima umanità, la fotografia non è casuale e istantanea, non è il risultato di un raddoppiamento elementare, bensì di una messa in posa che complica e rende ambigua la realtà da cui parte. In definitiva la Razza Umana è frutto di un soggetto collettivo, lo studio di Oliviero Toscani inviato speciale nella realtà della omologazione e della globalizzazione. Con la sua ottica frontale ci consegna una infinita galleria di ritratti che confermano il ruolo dell’arte e della fotografia: rappresentare un valore che è quello della coesistenza delle differenze”.
Invece, il “Focus newyorchese” prende le mosse dalla scelta di trasferirsi a New York, non andando a vivere in un posto qualunque, ma di soggiornare per qualche tempo al Chelsea Hotel, intorno alle cui stanze ruotava la cultura underground della grande mela. È lì che abitavano, o avrebbero abitato, Bob Dylan e Leonard Cohen, Iggy Pop e Sam Shepard, Tom Waits e Robert Mapplethorpe. È lì che verrà trovato il corpo senza vita di Nancy Spungen, per il cui omicidio venne arrestato Sid Vicious. Di quegli anni è il fidanzamento con la modella Donna Jordan e la frequentazione della Factory di Andy Warhol, amico e modello per sue le fotografie. Oliviero Toscani passava le serate al Max Kansas City o al Club 57 per fotografare i protagonisti della scena musicale e creativa di allora: Mick Jagger, Joe Cocker, Alice Cooper, Lou Reed. Quest’ultimo sceglie proprio uno scatto di Toscani per la copertina di un suo disco del 1974. Già a quell’epoca Toscani ha una capacità incredibile di cogliere i talenti nascosti ed è lui a proporre alle redazioni le prime fotografie fatte ad una ancora sconosciuta Patti Smith, appena trasferitasi a New York.
Completano il percorso espositivo tre testimonianze video: il documentario “No-Anorexia”, girato in occasione dell’uscita della campagna nel 2008; il video “Wart”, una fortissima sequenza di immagini che racconta il nesso tra guerra e arte, tra bellezza e tragedia; uno speciale della serie “fotografi” di SkyArteHD realizzato interamente sulla sua figura.
Didascalie imamgini
- Oliviero Toscani
United Colors of Benetton, 2018
©olivierotoscani - Oliviero Toscani, Mick Jagger, 1973
©olivierotosca - Oliviero Toscani, Razza Umana
©olivierotoscan - Oliviero Toscani, Angelo e Diavolo
©olivierotoscani - Oliviero Toscani,
United Colors of Benetton, 1996
©olivierotoscani - Oliviero Toscani, No Anorexia, 2007
©olivierotoscani - Oliviero Toscani
United Colors of Benetton, 1996
©olivierotoscani - Oliviero Toscani, Lou Reed, 1974
©olivierotoscan
In copertina
veduta di una sala della mostra
courtesy Arthemisia
Catalogo edito da Electa
Dove e quando
Evento: MAR. Museo d’Arte della città di Ravenna – via Roma, 13 –
- Fino al: – 30 June, 2019