Il mondo del tatuaggio, dalle sue origini ad oggi, è in mostra al Mudec fino al 28 luglio con “Tatuaggio. Storie dal Mediterraneo”. Cinquemila anni di una storia tra corpo e disegno, tra uomo e simbolo, di appartenenza o di distinzione.

Pratiche, ritualità, forme ed espressioni che si ritrovano in qualsiasi epoca e in ogni angolo della terra raccolte in un progetto espositivo che racconta il tatuaggio dal punto di vista storico, antropologico e culturale, partendo dai luoghi in cui sono state rinvenute le sue prime inconfutabili testimonianze, ovvero, il bacino del Mediterraneo.
Nella mostra curata da Luisa Gnecchi Ruscone e Guido Guerzoni troviamo strumenti, reperti storici, videoinstallazioni, infografiche, stampe, incisioni, testi e riproduzioni provenienti da diverse istituzioni e raccolte museali.
Oltre all’attenzione per l’area mediterranea si trovano poi materiali extra-europei che facilitano la comparazione di un fenomeno globale. Il viaggio parte però dal contemporaneo.

Immagini, colori ed esperienze raccontate da tatuatrici e tatuatori di oggi presenta al pubblico la realtà del tatuaggio contemporaneo in una continua reinterpretazione di significati e messaggi culturali.
In realtà, il tatuaggio – nell’accezione di modifica corporea permanente – ha una storia antica quasi quanto l’uomo e le prime testimonianze risalgono all’epoca preistorica.
Da qui la mostra segue con criterio cronologico.
Nel corso dei millenni ha cambiato forme, significati e funzioni: utilizzato per dichiarare il proprio rango o per esprimere la propria fede, per celebrare riti di passaggio ma anche, senza libera scelta, essere tatuati in quanto schiavi, disertori o condannati come marchi d’infamia.

A partire da Ötzi – il più antico uomo tatuato il cui corpo sia stato finora rinvenuto in stato di mummificazione naturale – fino agli antichi egizi, con la testimonianza fondamentale della mummia della donna tatuata di Deir El Medina.
A dispetto delle proibizioni ecclesiastiche il tatuaggio, quale gesto devozionale, è stato sempre praticato dai primi cristiani e dai più devoti pellegrini cattolici in Terra Santa, in Italia e nell’intera Europa.
È con Cesare Lombroso, Alexandre Lacassagne e altri cosiddetti “antropologi criminali” che tra la metà del XIX e gli inizi del XX secolo il tatuaggio viene associato ai marginali, ai carcerati, ai ‘devianti’, facendo maturare il pregiudizio nei confronti di una pratica considerata “primitiva e atavica”, indegna dell’uomo “civilizzato”, con la conseguente affermazione all’interno di specifiche subculture che l’hanno orgogliosamente presidiato fino al recente successo di massa planetario.
Diventato estremamente popolare, negli ultimi decenni il tatuaggio ha subito un’evoluzione che lo ha reso però – e finalmente – una modifica del corpo socialmente accettata.

Nel mondo occidentale, come lo vediamo oggi, il “tatuaggio moderno” nacque quando il capitano James Cook (1728-1779), esploratore, navigatore e cartografo britannico, portò con sé dalla Polinesia il primo uomo dal corpo tatuato, il “principe Omai”, e lo presentò alla corte d’Inghilterra, impressionando gli spettatori ma anche affascinandoli, al punto da meritarsi il ritratto del celebre artista Joshua Reynolds. Ebbe così inizio quella frenesia per il tatuaggio che contagiò non solo i sovrani ma anche buona parte dell’alta società europea e americana.
Al tempo stesso, i marinai che si erano tatuati e avevano imparato a tatuare nelle isole del Pacifico, tornati in patria, aprivano i primi tattoo shop nei porti d’Europa e sull’altra sponda dell’Atlantico. Attraverso antichi documenti e immagini la mostra racconta la storia avventurosa di questi tre secoli di vita del tatuaggio moderno.
Dalle corporazioni di mestiere, diffusi tra gli artigiani medievali o gli straordinari reperti ai “marchi” ambiti dai Crociati e dai viaggiatori in Terra Santa, esposte centinaia di matrici lignee utilizzate per tatuare i pellegrini (anche donne e bambini) che giungevano al Santuario di Loreto.

Il tatuaggio è stato poi considerato un talismano contro gli spiriti malvagi rivestendo anche importanti funzioni apotropaiche, terapeutiche e sociali (con particolare attenzione alle popolazioni nord-africane).
Presente anche uno studio old-style per tattoo con ristampe di manifesti e réclame dell’universo ‘circense’ che sino alla fine della prima guerra mondale richiamavano le folle ad ammirare da vicino i “corpi tatuati”, considerati tanto misteriosi quanto scandalosi: i tattoo studio, luoghi fascinosi, intimi ed esclusivi, in cui era però possibile accedere a dispetto della diversità delle estrazioni sociali, del genere e delle età.
Insomma, non chiamatelo solo inchiostro.

Nella pelle e col sangue le storie diventano indelebili e tutta l’umanità sembra somigliarsi sotto il nero dell’ago pronto a metterci alla prova con un fatidico “per sempre”.

Dettagli

Didascalie immagini

  1. Mudec, Tatuaggi
    foto © Carlotta Coppo
  2. Ritratto di Venitucci Giovanni, stampa al carbone, post 1914
  3. Danzatrice della tribù Ouled Nail – foto di Lehnert & Landrock (Rudolf Franz Lehnert (1878-1948), Ernst Heinrich Landrock (1878-1966)
  4. Mudec, Tatuaggi
    foto © Carlotta Coppo
  5. Disertore francese, gelatina ai sali d’argento, fine XIX inizio XX secolo
  6. Robley Horatio Gordon, Te Kuha intagliatore e guerriero, acquarello, cm 29,3 x 22,8
    © Wellcome Collection

In prima pagina:
Mudec, Tatuaggi – foto © Carlotta Coppo

Sito web: https://www.mudec.it/tatuaggio/

Dove e quando

Evento: Tatuaggio. Storie dal Mediterraneo

Indirizzo: Mudec – Museo delle Culture, via Tortona, 56 - Milano
[Guarda su Google Maps]

Fino al: 28 Luglio, 2024