Alla Reggia di Colorno prosegue, fino al 10 aprile 2023, la monografica di Nino Migliori – nato nel 1926 a Bologna dove tuttora vive e lavora – con ottantasei opere inedite, quasi tutte ritratti di artisti da lui frequentati, realizzate tra gli anni Cinquanta del Secolo scorso e i giorni nostri per ripercorrere, attraverso le diverse tecniche adottate, esplorazioni e ricerche del mezzo fotografico condotte nel corso di oltre settant’anni di attività.
L’esposizione – a cura di Sandro Parmiggiani, con la direzione di Antonella Balestrazzi, è accompagnata da un catalogo bilingue (italiano/inglese) – è divisa in cinque sezioni: i ritratti in bianco e nero, avviati negli anni ‘50, quando Migliori è a Venezia e frequenta la casa di Peggy Guggenheim, e sviluppati fino agli anni recenti; le immagini a colori nelle quali spesso opera una dislocazione dei piani e talvolta ritaglia le immagini e le ricolloca nello spazio; le sequenze di immagini tratte dal mezzo televisivo e concepite come fotogrammi in divenire; le grandi “trasfigurazioni” (100 x 100 cm) a colori in cui Migliori interviene “pittoricamente” sull’immagine; i ritratti recenti in bianco e nero “a lume di fiammifero”, che applicano alcune sue ricognizioni condotte su sculture “a lume di candela”.
Molti sono i protagonisti della scena artistica che i visitatori riconosceranno attraverso i loro ritratti e il Curatore sottolinea: «Davanti alle fotografie di Nino Migliori occorre ricordare che con lui nulla deve essere dato per scontato: la macchina fotografica, la pellicola (e ora il supporto digitale), le carte su cui vengono stampate le immagini non sono asservite a una funzione prestabilita, ma essa può sempre essere ridefinita ed esplorata in nuove direzioni. Migliori è stato, fin dal 1948, uno strenuo indagatore delle possibilità offerte dal mezzo, dai procedimenti tecnici e dai materiali della fotografia; oltre a essere autore di splendide fotografie neorealiste – molti ricordano l’icona de Il Tuffatore, 1951 – lui si è cimentato con le bruciature sulla pellicola e sulla celluloide, con esperienze su carta e su vetro, con le fotografie di muri e di manifesti, con la ricerca della “faccia nascosta” delle polaroid, con le recenti esperienze con caleidoscopi di diverse dimensioni (due dei ritratti in mostra sono realizzati con questa tecnica): inesauste ricerche e verifiche alimentate dalle visioni e dagli esperimenti che questa sorta di artista-fotografo-sciamano ha condotto nel suo viaggio dentro la fotografia».
Sandro Parmiggiani, prosegue: «Sarebbe dunque limitativa la definizione di “fotografo”, non avendo mai Migliori concepito il mezzo fotografico come mero strumento di conformità agli statuti e ai canoni della fotografia – “una immagine che fissa il reale, in un momento del suo divenire” – ma qualcosa che poteva permettergli di avvicinarsi a certe visioni che da sempre lo hanno intrigato. Basta pensare alle esperienze condotte a partire dal 2006, quando decise di fotografare lo Zooforo, l’impressionante bestiario medievale scolpito da Benedetto Antelami sul Battistero del Duomo di Parma, immaginando di restituirne la visione notturna che ne potevano avere gli abitanti della città, e i suoi visitatori, passando accanto alla torre ottagonale e scoprendone, alla luce delle torce, le forme fantastiche che si snodavano lungo il suo perimetro, ricreando nella notte, con opportune coperture, un buio profondo e avvicinando e muovendo lentamente una candela alle formelle, fino a scoprirne il volto segreto».
Da quell’esperienza sono nati cicli in cui Migliori ha fotografato nell’assenza di luce monumenti e sculture, e ha eseguito ritratti di persone nel buio assoluto, con i loro volti illuminati dalla luce di un fiammifero, come documentano alcune fotografie esposte della mostra di Colorno.
Nino Migliori ha iniziato a fotografare nel 1948, alternando la fotografia neorealista e formalista alle sperimentazioni e alle ricerche, sulla base di tecniche inventate e affinate da lui stesso, che lo conducono a espressioni spesso affini alle vicende della pittura (quali l’informale) e alle esperienze concettuali.
Negli anni Cinquanta, amico di Tancredi e di Emilio Vedova, frequenta la casa di Peggy Guggenheim a Venezia, mentre a Bologna si lega ad artisti quali Vasco Bendini, Vittorio Mascalchi, Luciano Leonardi.
Nel 1977 il Centro studi e archivio della comunicazione dell’Università di Parma gli dedica la sua prima grande mostra antologica, curata dal suo fondatore, Arturo Carlo Quintavalle. Dal 1978 Migliori è docente di Storia della Fotografia al Corso di Perfezionamento di Storia dell’Arte dell’Università di Parma. Allo CSAC dona negli anni un corpus consistente di opere.
Nel 1979 tiene un memorabile corso nell’ambito della manifestazione Venezia 79 La fotografia, sotto il patrocinio dell’Unesco e dell’International Center of Photography di New York, avente come programma le sperimentazioni off-camera.
Nel 1982 Migliori dà vita ad Abrecal – Gruppo Ricerca Percezione Globale (1982-1991), che si rivolge soprattutto ai giovani e che si riallaccia alla poetica futurista nel senso di rottura degli schemi precostituiti e della libertà di espressione: il nome è infatti l’inverso di “Lacerba”.
Dagli anni Settanta dirige workshops e si dedica con frequenza alla didattica in scuole di vario ordine e grado (comprese le scuole dell’infanzia) e in istituzioni museali.
Nel 2016 l’artista dà vita alla “Fondazione Nino Migliori”.