“Chi sa se il vivere non sia morire e se il morire non sia vivere?“
Il Gorgia (Γοργίας), Platone
Come ricorda Domenico Piraina nella prefazione del catalogo che accompagna la mostra aperta al pubblico lo scorso 14 settembre, «All’inizio del 1986 si tenne a Palazzo Reale, proprio in queste stesse sale, una vasta mostra antologica su Edvard Munch, con il sostegno dell’Agip, allora una importante azienda dello Stato italiano, che si era molto prodigata per promuovere la conoscenza dell’artista norvegese in Italia perché, secondo quello che è riportato nel catalogo che documentava quella esposizione, “Munch non è molto conosciuto in Italia, tranne che da una ristretta cerchia di appassionati e di critici specialisti”. Vista la notorietà mondiale di cui oggi gode l’opera di Munch grazie soprattutto alla costante opera di studio, ricerca, tutela e valorizzazione promossa dal Munchmuseet di Oslo e dalle Istituzioni norvegesi, si può ben dire che, da allora, molta acqua è passata sotto i ponti».
Il Direttore Cultura del Comune di Milano e di Palazzo Reale, prosegue: «In quella mostra, che dopo il Palazzo Reale, venne esposta anche a Palazzo Braschi di Roma, era straordinariamente presente anche il famoso L’Urlo, ma come immagine guida della mostra fu scelta Le ragazze sul ponte e questo è un fatto che fa pensare a come sia cambiata nel tempo la sensibilità nei confronti di Munch considerando che, oggi, L’Urlo ha acquisito quell’incredibile iconicità che, a tutta evidenza, quarant’anni fa non aveva ancora raggiunto».
Una riflessione importante e, aggiungiamo noi, su come mode e globalizzazione abbiano creato l’immortalità di certi pittori non per l’effettivo e inestimabile valore artistico, ma per la popolare iconicità raggiunta e, in molta parte, dovuta a infelicissime vicende biografiche: prima Caravaggio, poi Van Gogh, adesso Munch. Il “torbido” che affascina e cattura le masse, argomento da trattare diffusamente in un’altra occasione. Adesso riferiamo dell’imperdibile monografica realizzata da Palazzo Reale e Arthemisia in occasione dell’ottantesimo anniversario della morte del Maestro.
Un percorso che si presta a tanti livelli di lettura, o meglio, di sensibilità, un centinaio di opere tra dipinti, disegni e stampe tutti in prestito dal Museo Munch e la curatela di Patricia G. Berman; il percorso dell’artista norvegese viene esplorato dal 1880 fino alla morte, avvenuta il 23 gennaio 1944, evidenziando questioni di perenne significato esistenziale e sfidando le espressioni dell’arte.
Tra i fondatori dell’arte moderna, non limitandosi all’Espressionismo (di cui è padre spirituale insieme a Van Gogh), il suo influsso si estende «al colorismo percettivo di Umberto Boccioni, alle stilizzazioni di Alberto Giacometti, all’Art Brut di Jean Dubuffet, a Francis Bacon, alle costellazioni dell’Informale e dell’espressionismo astratto americano che costituisce ancora il lievito di tante espressioni artistiche contemporanee». Una grandezza derivante dagli innumerevoli stimoli provocati dalla sua arte e per quel linguaggio universale, con cui riesce a raggiungere gli individui di ogni tempo e di ogni latitudine (e non da grandi e precoci dolori).
La poetica, poi combinata in maniera originalissima per il suo straordinario talento e la passione per le energie sprigionate dalla natura, creano volti senza sguardo, paesaggi stralunati con l’uso potente del colore, la necessità di comunicare quei dolori indicibili e umanissime angosce.
Realizzò migliaia di stampe e dipinti riempiendo fogli su fogli di annotazioni, aneddoti, lettere e anche una sceneggiatura teatrale. Il proprio ‘grido interiore’ lo accompagnò per tutta la vita toccando temi universali (la nascita, la morte, l’amore e il mistero della vita) quanto i disagi psichici connessi all’esistenza umana (le instabilità dell’amore erotico, il disagio prodotto dalle malattie fisiche e mentali o il vuoto lasciato dalla morte).
L’evento espositivo (visitabile fino a domenica 26 gennaio 2025) ruota quindi attorno a tale ‘grido interiore’ e sarà arricchito da un palinsesto di eventi, che coinvolgerà diverse realtà culturali e andrà ad approfondirne la figura.
“Con la mia arte ho cercato di spiegare a me stesso la vita e il suo significato,
ma anche di aiutare gli altri a comprendere la propria vita”
(Edvard Munch)