Al Castello Visconteo Sforzesco di Novara prosegue, fino al 12 marzo 2023, un’affascinante mostra utilissima per ben comprendere quel particolare periodo di fervori ottocenteschi nella Milano della vivace transizione dal Romanticismo alla Scapigliatura – fenomeno culturale negli anni sessanta che coinvolgeva poeti, letterati, musicisti, artisti, uniti da una profonda insofferenza nei confronti delle convenzioni della società e della cultura borghese – segnando, in modo indelebile, la storia dell’arte meneghina e lombarda. Milano, allora, era culturalmente frequentata da viaggiatori stranieri e abitata da un facoltoso ceto borghese, ma anche luogo in cui le differenze sociali cominciavano a farsi sempre più marcate senza dimenticare che, gran parte della popolazione, viveva ovunque in povertà.

Le trasformazioni, che già in epoca teresiana avevano iniziato a modificarne sensibilmente l’aspetto monumentale e urbanistico, erano proseguite durante gli anni della Repubblica Cisalpina, del Regno d’Italia, della Restaurazione e del Risorgimento e avevano fatto di Milano una città moderna, bellissima e crocevia di genti, di culture, di arte. Una città elegante che avrebbe continuato a rinnovarsi anche nei decenni postunitari, basti solo pensare alla costruzione della Stazione Centrale – inaugurata nel 1864 – alla demolizione del Coperto dei Figini in Piazza Duomo (sempre 1864), alla costruzione della Galleria Vittorio Emanuele (1865) e all’ideazione della Piazza del Teatro, nel 1865 battezzata Piazza della Scala, all’abbattimento del Rebecchino (1875).

Una settantina di opere, alcune indimenticabili degli artisti più noti, molte altre di grande qualità di artisti considerati minori, ma da riscoprire, costituiscono la mostra curata da Elisabetta Chiodini coadiuvata da un Comitato scientifico di cui fanno parte Niccolò D’Agati, Fernando Mazzocca e Sergio Rebora, i cui saggi sono fruibili nel catalogo edito per l’occasione da METS Percorsi D’Arte.

Le otto sezioni del percorso espositivo seguono l’andamento delle sale del Castello ripercorrendo, quindi, l’evoluzione della pittura lombarda. Il visitatore è accolto da un prologo ragionato, il capolavoro di Francesco Hayez (1791-1882) realizzato nel 1853 e ispirato a un’opera narrativa di grande successo popolare: I Lambertazzi e i Geremei di Defendente Sacchi (1796-1840). L’Imelda de Lambertazzi, realizzata per il collezionista monzese Giovanni Masciaga, è ispirata a una storia di amore e morte ambientata nella Bologna delle lotte tra Guelfi e Ghibellini, la tragica vicenda di Imelda e del suo Bonifacio.

Tale soggetto era stato protagonista di opere poetiche anche prima della pubblicazione del romanzo di Sacchi. Lo stesso Hayez lo aveva già affrontato negli anni venti, prima per l’editore Gian Marco Artaria di Mannheim (1822) e, successivamente, per Francesco Crivelli (1829).